Detroit: Become Human, l’eterno dualismo tra uomo e macchina

Detroit: Become Human, l’attesissimo progetto di Quantic Dream, sta continuando a far parlare di sé su tutte le piattaforme social. La ragione di questo impatto mediatico è la profondità che caratterizza le introduzioni ai personaggi. Da molti anni, sul grande schermo, si è spesso notato l’eterno dualismo uomo-macchina e tutte le discussioni legate ad esso. L’obbiettivo del titolo sembra chiaro: rendere sempre più sensibile la nostra moralità su questo argomento, facendo leva sulle nostre emozioni. Come ci insegna la storia, Quantic Dream è sempre stata all’altezza del suo compito e ha sfornato negli anni prodotti dall’eccellente qualità emotiva, oltre che grafica. Il suo cavallo di battaglia trae vigore dall’eccelso uso di profondità narrativa, che fruisce nei protagonisti e nell’ambiente che li circonda. Pur essendo una delle software house più importanti nel genere delle avventure grafiche, riuscirà anche questa volta la casa di sviluppo ad adempiere ai suoi doveri?

Ambientata nella Detroit del futuro, l’opera ci proietta in una realtà dove la convivenza tra macchina e uomo è al limite. Come affermato dallo stesso David Cage nella sua intervista, la scelta di questa città non è assolutamente casuale: la metropoli, infatti, simboleggia la culla del cambiamento stesso, mettendo in risalto le ferite aperte del dramma della società moderna. I protagonisti sono solo lo strumento ultimo attraverso il quale si snoda la storia, che ci augureremmo di vedere solamente in un film. Detroit: Become Human ha proprio questo che lo rende un prodotto apparentemente unico: la capacità di rompere la quarta parete e mettere in discussione alcuni dei dogmi dell’essere umano. La città è dunque lo scenario perfetto dove prendono vita questi racconti, il collegamento giusto tra un ambiente familiare e un futuro ai limiti della morale. 

La trama di base, che si può estrapolare dalle varie dinamiche presentate, è un groviglio di emozioni e pregiudizi, che metteranno a dura prova il rapporto uomo-macchina. Si presuppone infatti che le micro storie dei protagonisti di Detroit: Become Human si uniscano in un macro intreccio narrativo ricca di sorprese. Sebbene gli avvenimenti siano comunque di grande discussione per la cruda realtà rappresentata, sembra essere tutto parte di un progetto più grande: la frammentarietà degli accadimenti, intravisti nei trailer, ha tutta l’aria di essere la scintilla narrativa capace di bruciare il fuoco della ribellione degli androidi. Le nostre scelte durante la trama saranno difatti interrogativi che ci poniamo a noi stessi: “voglio essere un uomo o una macchina?”. Proprio perché il titolo va oltre la chiara distinzione tra queste due forme, ci troveremo spesso a lottare per far emergere la parte morale che è in noi. 

Ma quali sono gli ingranaggi di una storia così complessa? Per poter vedere il quadro completo del mondo, non basterà osservare le cose da una sola prospettiva. Proprio per questo Quantic Dream ha ben scelto di sviluppare la narrazione tra personaggi molto diversi tra loro, sia per carattere che per funzione. Il primo che ci viene presentato è Connor, un agente della polizia e minuzioso investigatore; la sua particolarità è vedere ciò che lo circonda in modo analitico. Egli avrà difatti il compito di salvare una bambina dalle grinfie di un androide che si è ribellato ai propri padroni. La sua arma per riuscire nell’impresa sarà il suo intelletto e la capacità di ricostruire le scene del crimine, calcolando l’azione esatta degli eventi accaduti. Nella triade di androidi che avremo l’opportunità di impersonare, lui è (apparentemente) il più freddo e calcolatore, mettendo al primo posto il dovere.

Spostandoci più nella periferia, faremo la conoscenza di Kara, un’androide domestica che ha il compito di aiutare nelle faccende quotidiane e di accudire i bambini. Ella si troverà immischiata in un’orribile tragedia domestica, che la piccola Alice è costretta a vivere ogni giorno con suo padre Todd, un ex tassista violento. La situazione rispetto a Connor in questo caso è agli antipodi: qui l’androide dovrà ribellarsi completamente al proprio padrone ed agire di sua volontà. Tuttavia al team di David Cage non è bastato creare un personaggio dall’umanità innata: infatti, questo sentimento contrastante verrà esteso a macchia d’olio alla città intera. Lo strumento necessario per alimentare il fuoco della ribellione delle macchine è Markus, un automa da prima assistente di un celebre pittore, poi divenuto il cuore della rivolta.

 

Detroit: Become Human a livello compositivo ribalta completamente i ruoli proprio con l’entrata in scena di Markus. Egli potrà difatti scegliere se intraprendere un movimento pacifico o violento contro l’umanità che lo vuole precluso. Proprio perché i protagonisti sono androidi, lo sforzo dei creatori è quello di farceli amare, confondendo tuttavia la nostra moralità. Questo cambio prospettico drastico, getta ombra sulle azioni umane, che vengono spesso rappresentate al limite della giustizia. Nei vari trailer analizzati fino adesso, ognuno dei protagonisti ha rapporti con persone dall’atteggiamento discutibile, quasi spingendoci ad apprezzare di più la controparte robotica. In un mondo che si sta sempre più affacciando alla figura del post-umano, dove la macchina sta prendendo in molti campi il posto dell’uomo, l’opera potrebbe acquisire quel fascino malinconico necessario per sfondare. Non ci resta comunque che aspettare e vedere cosa ne sarà della città di Detroit, profondamente divisa da una sorta di razzismo tutto nuovo, non basato sul colore della pelle.