Chiunque pensi a Bandai Namco, la prima cosa che spontaneamente passa per la mente è la costante dedizione al panorama dei picchiaduro. È innegabile, oramai sono più di vent’anni che la casa giapponese ci offre a periodi piuttosto regolari titoli del calibro di Tekken e SoulCalibur, poi, con l’avvento dell’influenza del Sol Levante e la dilagante passione per anime e manga dei più giovani, sono arrivati i primi giochi di Dragon Ball, One Piece, Naruto per giungere, infine, al travolgente successo di My Hero Academia, di cui potremo vedere presto un gioco dedicato (qui trovate il nostro provato). Dopo il gran ritorno di Tekken, tornato alla luce con il quinto capitolo in seguito a un lungo periodo di pausa, ora la palla passa a una saga che, seppur sempre considerata solo da una nicchia ristretta, ha sempre trovato il posto nel cuore di molti affezionati: SoulCalibur VI, così come abbiamo avuto modo di provarlo al Gamescom 2018, pare aver fatto un apprezzato ritorno alle origini, senza perdere la voglia di rinnovare e inserire elementi in grado di donare alla storia di anime e spade un impianto di gioco sempre nuovo.
Ciò che ha sempre contraddistinto SoulCalibur rispetto ad altre serie è un ampio roster, che vanta personaggi ottimamente caratterizzati, rigorosamente equipaggiati d’armi bianche. Al momento della prova ne avevamo 13 a disposizione, ma saranno 23 una volta che avremo tra le mani la release definitiva. Il character design pare lo stesso di un tempo, e saranno in molti a poter gioire del ritorno di vecchie conoscenze (Taki, Xianghua e Kilik sono solo un esempio) che avevano subito un brusco taglio dallo scorso capitolo, lasciando interdette parecchie persone. L’andamento di uno scontro Versus, l’unica modalità che abbiamo avuto modo di testare, è rimasto inalterato: dopo le sequenze introduttive di rito, in cui i due avversari si provocano e dileggiano, inizia la sfida. Un aspetto che è caduto subito all’occhio è il lavoro dell’Unreal Engine 4 che, per quanto riesca a meravigliare sotto tanti punti di vista, rispetto ai numerosi dettagli che arricchiscono ambienti e personaggi, lascia un po’ a desiderare nella resa grafica finale di quest’ultimi: dopo tanti anni, spiace vedere una realizzazione curata come se non fosse pensata per la generazione attuale.
Un altro aspetto di SoulCalibur VI da tenere da conto è il combat system, rimasto del tutto invariato. I giocatori di vecchia data non si troveranno, così, disorientati, ma anche i neofiti potranno appoggiarsi su dei comandi piuttosto basilari: un tasto per l’attacco verticale, uno per l’orizzontale, e lo stesso per il calcio o la parata. Differentemente da Tekken, va però sottolineata una certa semplificazione a livello di combo, probabilmente atta ad avvicinare i nuovi fan, più inesperti e meno avvezzi a certi tecnicismi. Un po’ alla stregua di Dragon Ball FighterZ, sarà così possibile esibirsi in una serie di attacchi sorprendenti e altamente coreografici, senza aver bisogno di troppe ore di allenamento. La spettacolarità vuole essere quindi un punto forte della produzione, ma badate bene, ciò non significa affatto che il lato più tecnico subirà delle approssimazioni. Coloro in grado di padroneggiare al meglio il parco mosse di SoulCalibur VI, avrà piacere a ritrovare il devastante Critical Edge, o ancora il Guard Impact, dall’enorme rilevanza strategica, dal momento che una parata ben piazzata può garantire una gran perdita dell’energia della Soul Gauge avversaria e, meglio ancora, fornire un lasso di tempo adatto per partire al contrattacco. Altre aggiunte molto interessanti per arricchire il gameplay sono la Reversal Edge e la Soul Charge. La prima, attivabile con un tasto dorsale destro, coinvolge i contendenti in uno scontro a rallentatore, il cui esito viene deciso da una sorta di sistema basato sulla morra cinese: attacco verticale vince su quello orizzontale, che neutralizza il passo laterale. La seconda, invece, garantisce un potenziamento al combattente, permettendo danni maggiorati e la possibilità di dare via a combinazioni peculiari a seconda del personaggio utilizzato.
Passiamo invece a uno dei punti fermi dell’intera saga, la guest star. Come in ogni SoulCalibur che si rispetti, la presenza di guerrieri nuovi di zecca è sempre stata una garanzia, ma ancora più distintiva lo è quella di personaggi “presi in prestito” da altre serie molto affermate. Sfruttando, così, il successo crescente di CD Projekt Red e la grande accoglienza del pubblico nei confronti della serie The Witcher, ecco arrivare lo strigo che tutti già conosciamo: Geralt di Rivia. Inizialmente, può dare l’aria di essere un combattente piuttosto lineare e privo di grosse sorprese, ma il lavoro di Bandai Namco per implementare al meglio la sua tecnica di combattimento con la spada, fatta di colpi veloci e decisi, così come l’utilizzo dei segni magici, è stata a dir poco eccellente.
SoulCalibur VI rappresenta la volontà di Bandai Namco di voler riavvicinarsi ancora una volta al desiderio e all’affetto di un’utenza che, probabilmente, sente ancora molto vicina la serie e la vive con un certa nostalgia. Tralasciando qualche incertezza sul lato tecnico, compensato, però, da un buon livello di ottimizzazione da far invidia persino alla concorrenza, il titolo, per quanto ci è stato permesso di vedere durante la nostra breve prova in fiera, ha tutte le carte in regola per tornare ai fasti di un tempo, facendo rivivere, così, ancora una volta, lo splendore della storia di anime e spade che ha saputo incantare migliaia di fan.