Recensione Desert Child

In un futuro dove la Terra ha le ore contate, l’attenzione dell’umanità si concentra sul Pianeta Rosso. Tuttavia la strada per arrivarci si percorre in hoverbike. Desert Child, sviluppato dall’australiano Oscar Brittain e pubblicato da Akupara Games, ha alle spalle una campagna Kickstarter di successo, che ha dato la possibilità all’autore di dare forma alle sue passioni e creare questo piccolo ma ben curato titolo. Lo scopo di Brittain è catturare e fondere in un’unica opera le caratteristiche che hanno reso unici anime come Cowboy Bebop (di cui è presente un omaggio nel trailer di lancio del gioco), Akira e Redline, dai quali è stato fortemente ispirato. Il risultato è un gioco di ruolo 2D basato su tre capacità: saper gareggiare, essere un abile tiratore e gestire i propri soldi. Disponibile su PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC a €11.99, Desert Child è un’avventura che vale la pena vivere, anche solo una volta.

La trama del gioco è tra le più viste e riviste: non sei nessuno, e devi diventare qualcuno. Ciò deve sbocciare nel protagonista, un personaggio senza nome, di cui è conosciuto solo il talento nella guida dell’hoverbike. Dopo la scelta dell’arma e una breve sequenza di tutorial, si viene trasportati sulla superficie di una Terra desolata e sabbiosa, con solamente il proprio fidato mezzo e una ciotola di ramen. Gli occhi di tutti sono puntati su un altro pianeta però: Marte, sede del Grand Prix, la più grande gara dell’universo. È quello il tuo obiettivo, la tua chance di farti un nome, ma per arrivarci hai bisogno di un biglietto. Il primo capitolo di gioco ti richiede dunque di racimolare la cifra di $600, così da potertene andare prima che il mondo esploda (metaforicamente). Oltre a essere messi da parte, però, il gruzzolo deve essere impiegato per abbassare il proprio livello di fame ed effettuare riparazioni. Come guadagnare l’indispensabile valuta? Principalmente gareggiando.

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La casualità delle gare richiede capacità di adattamento, gestione delle risorse e giusto un pizzico di fortuna

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Le corse si svolgono ad alta velocità, sfrecciando tra gli ostacoli, mentre si cerca di essere i primi a tagliare il traguardo. In groppa all’hoverbike, si può sfruttare il boost per accelerare, schivare in verticale e sparare con la propria arma. Le risorse per compiere queste azioni sono limitate e vanno utilizzate al momento giusto. Lungo il tragitto si incontrano elementi di ambientazione e robot nemici, che possono rallentare e distruggere il nostro mezzo, e televisori, che forniscono bonus vari. Sparare ai nemici robotici li distrugge, mentre colpire i televisori fornisce soldi o accelerazione, in base al tipo. Padroneggiare queste meccaniche è la chiave che determina vittoria o sconfitta. Al termine, si riceve una somma di denaro in base alle proprie prestazioni. Le gare sono molto varie: le diverse ambientazioni offrono differenti ostacoli e quantità di risorse, cambiando anche lo stile del tuo avversario: da quello che sfrutta il boost per tenersi in testa, all’altro che cerca di sparare al tuo mezzo per rallentarti. La casualità delle gare richiede capacità di adattamento, gestione delle risorse e giusto un pizzico di fortuna.

Il processo di alternare corse e spese si ripete fino a raggiungere la quota necessaria per comprare un biglietto. Il nostro rider riesce finalmente a volare su Marte, ed è qui che inizia la vera profondità di Desert Child. La vita sul Pianeta Rosso è diversa da cosa siamo stati abituati a vedere: le città sono decisamente più grandi, ed è facile perdersi in questo ammontare di vie e negozi. L’atmosfera che ti circonda trasmette in maniera marcata la sensazione di vita urbana. Le strade coperte di graffiti, il canale d’acqua attraversato dai pescatori, il mercato affollato e il linguaggio rozzo dei personaggi, contribuiscono a rendere il luogo ancora più reale e vivo. Ad accompagnare il tutto, un’azzeccata colonna sonora, che può essere personalizzata al negozio Ding Ding’s. Ci sono pezzi che accontentano ogni sorta di gusti: dalle melodie classiche ai beat veloci. Il loro scopo non è puramente secondario, infatti, durante le gare, la musica è prettamente legata alla lunghezza del tragitto e raggiunge il suo apice quando si sta per raggiungere il traguardo.

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Gestire fame, riparazioni e modifiche diventa un’operazione molto costosa, e a volte non basta gareggiare per potersi permettere tutto quanto

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All’inizio la confusione è tanta: ci sono molte cose da fare, ma altrettanta assenza di tutorial introduttivo. In questo mondo pionieristico, dove contano solo le proprie capacità, bisogna imparare da soli a muoversi, sperimentando e osservando. Ogni tanto, il gioco fornisce degli indizi per comprendere più a fondo certi tipi di meccaniche a chi ha l’occhio vigile ed è disposto a spendere qualche dollaro. Avrai bisogno di tutto il possibile per completare la nuova sfida: raggiungere la straordinaria quota di $10.000 per poter partecipare al Grand Prix. Inoltre, è arrivato il momento di mettere mano al proprio mezzo. Da adesso, è infatti possibile applicare modifiche all’hoverbike, aggiungendo componenti e collegandole al generatore elettrico per garantirsi dei buff durante le corse. Gestire fame, riparazioni e modifiche diventa un’operazione molto costosa, e a volte non basta gareggiare per potersi permettere tutto quanto. La nuova città mette a disposizione dei lavoretti, come inseguire criminali in fuga, rincorrere animali e consegnare la pizza. A volte, potrebbe essere necessario sporcarsi le mani per raggiungere il proprio scopo, rubando dai mezzi parcheggiati, truccando le gare o hackerando la banca. Se non si sta attenti alla propria notorietà, però, ci si potrebbe trovare la polizia alle calcagna e perdere tutti i propri risparmi. Alla fine, sta al giocatore decidere che tipo di uomo vuole essere.

Le peculiari caratteristiche di questo titolo sono sia il suo punto forte che una possibile debolezza. Destreggiarsi tra le meccaniche, comprendere il loro funzionamento, ottimizzare la propria strategia e diventare un rider imbattibile sono elementi che danno una grande soddisfazione, e trasmettono un forte senso di crescita. Tuttavia, l’inizio molto confuso rischia di allontanare gli utenti meno ostinati, che potrebbero non riuscire ad afferrare l’intricato sistema di gioco e viverlo come una semplice ripetizione di gara dopo gara, mentre lentamente si cerca di raggiungere le quote per avanzare. Il sistema dei lavori secondari consente di avere una discreta differenziazione nel gameplay, evitando che diventi monotono, ma anche qui l’assenza di guide porta spesso a chiedersi: “Ma cos’è che dovrei fare?”. Questo rende molto meno accattivante la vita da delinquente, dove fallire comporta l’aumento della notorietà e di conseguenza penalizza il giocatore. Inoltre, la trama banale e i personaggi secondari anonimi non contribuiscono di certo a stuzzicare la curiosità di sperimentare percorsi differenti. Per godersi appieno ciò che Desert Child ha da offrire, è necessario un certo livello di interesse nell’esplorazione delle meccaniche. Con una certa abilità, è possibile concludere il titolo in qualche ora, ma vi sono dei tratti da studiare con attenzione: provare armi diverse, cercare tutti i segreti del gioco e gareggiare con degli amici in multiplayer, incrementa sostanzialmente la semplicità della trama e degli obiettivi, ma non porta a volerlo ricominciare più volte. La prima partita, tuttavia, è un’esperienza che stupisce, soprattutto per la cura nei dettagli, i riferimenti a grandi opere e la colonna sonora si sposano graziosamente con l’ambientazione. Desert Child raccoglie tutta la passione di Brittain nel genere e cerca di trasmetterla all’utente con una semplice e breve avventura che, seppur con difficoltà, è capace di far provare la soddisfazione di avanzare verso un grande obiettivo.