Atlas Fallen Recensione: dalle stelle alle stalle

Atlas Fallen Recensione | Per quasi un decennio, il team di sviluppo Deck13 è stato in prima linea nel genere Soulslike, iniziando come studio di supporto per Lords of the Fallen nel 2014 prima di sviluppare The Surge 1 e 2, con un’accoglienza per lo più positiva. Sebbene questi giochi non fossero necessariamente dello stesso calibro delle loro ispirazioni di casa FromSoftware, erano comunque competenti e interessanti, arrivando persino a sviluppare un seguito tutto proprio negli ultimi tempi.

Tuttavia, con Atlas Fallen, Deck13 ha deciso di cambiare ritmo e di provare qualcosa di totalmente diverso, cimentandosi in un gioco d’azione più tradizionale con elementi Metroidvania. Sfortunatamente, Atlas Fallen non si mantiene all’altezza delle aspettative, cadendo più volte su problemi dall’aspetto banale.

Atlas Fallen

Il Guanto del potere

Una delle cose più interessanti di Atlas Fallen è la storia del mondo: tutto ruota attorno a un malvagio dio del Sole di nome Thelos che ha schiavizzato una parte dell’umanità, gli “Innominati“, costringendoli ad estrarre l’Essenza per lui, lasciando il pianeta arido e devastato dai pesanti lavori.

Per assicurarsi che gli Innominati rimangano in riga, Thelos fa pattugliare le terre desolate da bande di Wraith che terrorizzano e fanno frequenti spuntini con la maggior parte dei cittadini di Atlas. Tutta questa ambientazione viene resa sempre più viva con interessanti informazioni sparse nei vari oggetti collezionabili e nei vari anfratti del mondo di Atlas Fallen.

Atlas Fallen

Nonostante la stupenda premessa, tutto questo viene limitato dalla scrittura della storia principale e dalla sua presentazione al giocatore: i giocatori prendono il ruolo del protagonista senza nome, spesso chiamato dai vari NPC come “Portatore del Guanto“, e non ci vorrà molto prima che i limiti della scrittura delle varie missioni del gioco facciano sentire il loro peso.

A livello di scrittura, infatti, il tutto sembra estremamente affrettato: Atlas Fallen sembra portare il protagonista da schiavo che trova un guanto magico, ospitante un dio di nome Nyaal, a una delle persone più venerate sull’intero Atlas, e il tutto nel giro di poche ore. Il gioco si muove a un ritmo estremamente serrato, mostrando un colpo di scena dopo l’altro, al punto che qualsiasi elemento di trama arrivi a sembrare insignificante o raffazzonato, come se la storia fosse un Art Attack di una storia vastamente più grande e interessante.

Atlas Fallen

Come accennato prima, Atlas Fallen è molto deludente anche dal punto di vista delle missioni e di come esse sono integrate con il worldbuilding e la storia dei personaggi. La storia principale consiste nel trovare i pezzi mancanti del guanto prima di correre verso il gran finale. Quasi due terzi delle missioni della storia principale sono composte da due fasi: completamento di un enigma molto semplice e combattimento contro un grande Wraith, il tutto per raccogliere un pezzo del guanto e sbloccare una nuova abilità.

Queste abilità mettono molto in risalto l’inspirazione metroidvania di Atlas Fallen, tra cui un aumento degli scatti a mezz’aria e la capacità di sollevare pesanti oggetti seppelliti sotto la sabbia che servono a sbloccare aree precedentemente bloccate. Questo loop di gioco avviene tre volte per ogni guanto, per quattro volte, e si ha l’impressione che ci siano intere parti della storia mancanti o che siano state tagliate per qualche motivo. In totale, Atlas Fallen dà ai giocatori l’impressione di voler arrivare in fretta al finale, dicendogli di accontentarsi della blanda storia che propone.

Atlas Fallen

La banalità che si riscontra nella storia principale è visibile anche nelle missioni secondarie, le quali consistono principalmente in recupero di oggetti o nella caccia ai Wraith, come se il mondo di Atlas avesse bisogno di un fattorino e solo il Portatore del Guanto potesse farlo.

Nelle quattro zone del gioco sono presenti anche alcuni enigmi, che però risultano monotoni già dalle prime ore di gioco in quanto si riducono al sollevamento di piattaforme con la pressione di un singolo tasto, accensione di fari entro un tempo limite o l’accedere a buchi nelle pareti parzialmente nascosti da una posizione più elevata. Già dopo i primi incontri, questi rompicapi perdono importanza e interesse per il giocatore, fornendo spesso ricompense deludenti e che non giustificano il loro svolgimento.

Atlas Fallen

Un mondo monotòno

Focus Entertainment e Deck13 si sono spesso dimostrati ben al di sopra delle aspettative degli utenti, soprattutto considerando il budget e le risorse di cui dispongono. Questa volta, però, il doppiaggio e la presentazione di Atlas Fallen sono risultate tra i peggiori mai visti tra i giochi premium di quest’anno: quasi tutti i personaggi e gli NPC che è possibile incontrare sembrano piatti e privi di emozioni, oltre che sembrare spesso scollegati dalla conversazione in corso.

È come se chi ha ricevuto queste linee vocali non fosse stato messo a conoscenza del contesto in cui stanno venendo dette e si sia dovuto arrangiare. Quasi tutti i personaggi sono estremamente monocorde ed è difficile trovare un accenno di vita e di anima in tutto il gioco, a meno che non si parli di Nyaal, il dio che risiede nel Guanto magico e attraverso il quale parla al giocatore.

Atlas Fallen

Mentre la maggior parte degli altri personaggi di Atlas Fallen sono privi di vita e di legno, Nyaal si unisce alla lista crescente di gioielli parlanti nei videogiochi, capace di fornire sollievo comico e dispensare troppe spiegazioni. Le battute di Nyaal sono uguali a quelle di tutti gli altri individui presenti in Atlas Fallen, totalmente disarticolate e prive di un contesto tonale, oltre ad una vivacità che risulta forzata e falsa.

Nyaal sembra essere nato come personaggio comico, nonostante dovrebbe essere il più triste tra tutti, essendo costretto a risiedere all’interno di un guanto per tutta l’eternità.

Atlas Fallen

Frusta, Mannaia e Pugni

Tra i vari difetti già elencati di Atlas Fallen, la delusione più grande è rappresentata dal gameplay e, nel dettaglio, dai combattimenti, i quali hanno mostrato di avere potenziale ma si sono poi scoperti come noiosi sin dalle prime battute del gioco.

All’inizio dell’avventura ci viene presentato un interessante approccio al combattimento attraverso la meccanica del “Momentum“, il quale funziona come un contatore che aumenta gradualmente più si colpiscono i nemici. Più questo contatore viene riempito, più può infliggere danni, più sono i danni inflitti dai nemici. Inoltre, il contatore è suddiviso in tre livelli, ognuno dei quali sblocca nuovi bonus e vantaggi che i giocatori possono utilizzare per combattere i Wraith, con la possibilità di investire tutto il Momentum in un unico attacco finale.

Atlas Fallen

Per quanto questa meccanica sembri interessante, seguendo il concetto di “high risk – high reward“, tutto quello che realmente fa è rendere le battute iniziali dei combattimenti estremamente noiose, in quanto i giocatori dovranno lentamente accumulare Momentum per poter finalmente infliggere una decente quantità di danni una volta giunti al terzo livello. E una volta raggiunto il livello tre non c’è nemmeno bisogno di temere gli attacchi nemici, in quanto la maggior parte dei vantaggi attenua estremamente i danni in arrivo.

Nel complesso, la meccanica unica disponibile nel combattimento di Atlas Fallen finisce per risultare in un’esperienza non coerente, priva di sostanza e, in determinate occasioni, perfino noiosa. Su quest’ultima frase è necessario aggiungere un commento riguardo l’intelligenza artificiale dei Wraith, i quali molto spesso si trovano rinchiusi in un pattern costante di attacchi, sempre nello stesso ordine e con lo stesso tempismo, il quale rischia di far diventare il combattimento un rhythm game di parate piuttosto che un action in cui ci sia la necessità di schivare e prestare attenzione a ciò che circonda il protagonista.

Alla fine dei conti, Atlas Fallen risulta un’enorme delusione: quello che sarebbe potuto essere un interessante action pieno di combattimenti, missioni e nemici si è dimostrato essere tutt’altro, venendo leggermente salvato dalla costruzione del mondo e della sua storia. Atlas Fallen poteva essere un gioco formidabile, una ventata d’aria fresca al genere grazie alle sue meccaniche e alla sua ambientazione, ma sfortunatamente così non è stato e noi di VMAG non possiamo che esserne rammaricati.