Chi l’ha detto che ormai ogni prodotto deve necessariamente inserirsi in un filone ampiamente consolidato, pur di vendere sul mercato? Chi dice che non ci sia ancora spazio per la sperimentazione, per saggiare vie più variegate in grado di offrire qualcosa di decisamente “più fresco” rispetto a “quanto si vede di solito”? Capcom, con la sua nuovissima IP Kunitsu-Gami Path of the Goddess, ha deciso di osare, proponendo – al prezzo di un qualsiasi tripla A – un’avventura decisamente più atipica, che vanta sì alcuni precedenti, ma che è facilmente intuibile come non corrisponda a ciò che il pubblico generalista si aspetta. Fin dalla filosofia di gioco, orientata a un equilibrio apparentemente precarissimo tra azione e strategia; affascinante anche dalla prospettiva orientaleggiante, ma non perfettamente inquadrata – c’è il Giappone, c’è un samurai, ci sono maschere Kagura, ma il tutto non è pacifico, non è banale e “già visto tante altre volte”. Se non sapete di che cosa stiamo parlando, e se abbiamo destato almeno un minimo la vostra curiosità, dovreste senza dubbio leggere la nostra recensione di Kunitsu-Gami Path of the Goddess, e scoprire, così, forse il vostro titolo dell’estate.

Salviamo il monte Kafuku: la trama di Kunitsu-Gami Path of the Goddess
Kunitsu-Gami Path of the Goddess è interamente ambientato sul monte Kafuku. L’invasione del luogo da parte dei demoni, noti come Furie, ha messo in ginocchio la popolazione locale: l’oscurità rischia in ogni momento di prendere il sopravvento sulla vita, spegnendola per sempre. Ma ecco che la sacerdotessa Yoshiro evoca Soh, un guerriero mistico che combatte, a passo di danza, con una letale katana, ed è in grado di tenere testa alle bestie immonde. Il compito dei comprimari nel titolo Capcom è quello di recupere le maschere dei vari villaggi, al momento corrotte dagli invasori dell’altro mondo; rimettendole insieme, sarà possibile purificare una volta per tutte Kafuku, ripristinando così l’equilibrio del mondo e ricacciando indietro le Furie. Più facile a dirsi che a farsi, dato l’elevatissimo numero degli invasori e la presenza di giganteschi leader tra questi ultimi – un po’ come le orde infernali vere e proprie.
Il folklore giapponese di Kunitsu-Gami Path of the Goddess è saggiamente mescolato alla maschere e alla cultura Kagura; l’ambientazione, composta di villaggi rurali che richiamano molto da vicino l’orientalismo medievale, ricorre ad elementi magici e sovrannaturali “giustificati” dalla cultura di provenienza. Anche qui si nota un equilibrio notevole tra “il già noto” e “la volontà di osare”, perché di videogiochi che abbiano attinto a piene mani alla mitologia e alla cultura nipponiche, in passato, ne abbiamo visti in abbondanza. Kunitsu-Gami Path of the Goddess cerca di farlo con discrezione, aggiungendovi la sua “particolarità”, che è data da una gestione “estetica” delle dinamiche di battaglia: l’arte e la danza, con la loro delicatezza, aggiungono un tocco sublime all’intera produzione, cozzando nettamente (in una scoperta antitesi) con la violenza delle bestie, e con l’oscurità del mondo infero. Ne derivano una trama (a tratti criptica) e una narrazione (più silenziosa che esplicita) pienamente soddisfacenti, anche se naturalmente devono corrispondere al gusto personale del giocatore (come nel nostro caso).

FFF: Far Fuori le Furie
L’equilibrio dell’anima di Kunitsu-Gami Path of the Goddess è evidente anche lato gameplay. Il gioco è armonicamente impostato in una progressione scandita su due fasi differenti, che corrispondono al ciclo del giorno e della notte. Di giorno i villaggi sono in attività – a patto di averli liberati; si può potenziare il proprio protagonista, mandare a lavoro gli NPC, curiosare in giro e accumulare i collezionabili. Di notte arrivano le Furie, e si combatte a base di magia e katana. A conti fatti, proprio durante le ore buie prosegue la narrazione principale: ogni livello richiede di spostare la sacerdotessa su un percorso lineare, da A a B, fino al portale Tori da purificare per completare lo specifico livello. Ma, sopraggiunta la notte, il cammino di Yoshiro si arresta e tutti gli altri presenti devono proteggerla dai mostri. Inizia qui la meccanica che abbiamo definito FFF: Far Fuori le Furie. Il tutto richiede azione (nei panni del protagonista principale, che è controllato direttamente dal giocatore) e anche per mano degli NPC, improvvisati guerrieri di supporto.
Questo perché, durante il giorno, Soh trova dei baccelli “corrotti” contenenti altri esseri umani: purificandoli, ottiene un piccolo esercito personale, a ognuno dei presenti del quale può assegnare un ruolo specifico (si inizia col taglialegna, che è il guerriero base, per passare all’arciere, al mago e a tanti altri ruoli). Questi NPC vengono assegnati alle proprie mansioni un po’ come i Pikmin dell’omonimo titolo: è possibile dire loro dove collocarsi e cosa fare, se optare per l’offensiva aggressiva o a una più cauta difesa. Ogni livello è studiato per favorire una specifica classe, e ogni classe può essere potenziata presso la tenda di Yoshiro, che però non è disponibile nei livelli standard ma soltanto nei villaggi, i quali rimpiazzano i livelli “dove inizialmente si combatte”, di completamento in completamento. Una volta ripulita ogni area dalle Furie, insomma, quella zona diventa un campo base pacifico, dove riposare e potenziarsi; si sblocca quindi il combattimento contro il boss finale dell’area, presente in un’area apposita; e poi si ricomincia con un altro livello. Al termine del gioco l’intera montagna sarà stata salvata… a patto che ovviamente non periate durante l’ardua impresa.

Arte giapponese
L’intero Kunitsu-Gami Path of the Goddess si basa sul fascino dell’arte orientale, specificamente sul combattimento tramite katana e la danza rituale: ciò è evidente anche negli attacchi base, caricati e speciali di Soh. Il fascino giapponese, comunque, è anche alla base della più generale direzione artistica del titolo Capcom, che trasuda cura, attenzione al dettaglio e amore da ogni poro. I livelli, è vero, non sono particolarmente vasti, ma quel poco che c’è è minuziosamente dettagliato, ed è inoltre possibile osservarlo con molta attenzione; l’inquadratura può essere ruotata a 360 gradi, e il sistema di zoom avvicina e allontana la prospettiva senza sgranature di sorta.
Anche dal punto di vista tecnico Kunitsu-Gami Path of the Goddess non ha davvero nulla da invidiare ai titoli più blasonati dell’attuale generazione, essendo davvero solito e ben curato da questo punto di vista. Il frame rate è praticamente stabile e ancorato sui massimali impostati dagli sviluppatori, e i cali sono ridotte davvero al minimo. Inoltre, il distacco tra cinematiche e gameplay vero e proprio non si nota per nulla, favorendo una transizione pacifica tra giocato e non, ben adatta al clima armonico generale dell’intera produzione. L’intero titolo è fruibile in lingua giapponese o inglese (vi consigliamo per ovvi motivi di impostare il giapponese come lingua predefinita), con ovviamente sottotitoli in italiano e lingua italiana anche in tutti i menù a schermo. Così facendo, potrete immergervi in quella che a nostro avviso è una delle più ispirate trasposizioni del folklore giapponese mai giocate!
Kunitsu-Gami Path of the Goddess è, come avrete intuito, un ibrido molto originale: Capcom ha voluto sperimentare una via inedita sospesa tra azione e riflessione, tra action e strategico, il tutto condito con quella salsa giapponese che, pur nei suoi elementi di graziosa originalità, permetteva di proporre un titolo aristicamente “accogliente” per i più curiosi (è nota la “fame di Oriente” del pubblico occidentale). Non è perfetto, ma solidissimo, bilanciato anche dal punto di vista della longevità e della rigiocabilità; ed è, soprattutto – pad alla mano – molto divertente, onesto nella curva di apprendimento, immediatamente accessibile, ma in grado di offrire sfide per i più esperti (e per coloro che diventeranno tali strada facendo). Che sia consigliato, dovrebbe essere ormai scontato semplicemente dalla lettura di questo pezzo; ma dato il potenziale, in realtà, noi ci aspettiamo ancora di più, o tramite espansione o direttamente con un probabile sequel. La risposta del pubblico determinerà la possibilità di vedere entrambi.
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