Kingdom Come Deliverance

Kingdom Come: Deliverance 2 – V mensile Cover Story

Articolo a cura di Federica Farace ed Emiliano Caruso


A quasi sette anni dalla sua uscita, Kingdom Come: Deliverance rimane ancora un’esperienza videoludica unica e affascinante. Quel titolo ha rappresentato un riuscito tentativo, da parte di Warhorse Studios, di offrire ai giocatori un’avventura ambientata in un medioevo ben ricostruito e realistico, lontano dai classici canoni fantasy di uno dei tanti videogiochi di stampo ruolistico. Un progetto ambizioso che, al netto di alcuni lievi difetti, ha costituito le basi di un’epopea che si già si immaginava destinata a raggiungere ben altre vette. In verità, il primo episodio, nelle intenzioni degli sviluppatori, doveva essere un’opera molto più vasta, profonda e realistica, ma è stata limitata dalla relativa scarsità di risorse ed esperienza, pur rivelandosi comunque un successo. Già nell’estate del 2019, l’azienda si è messa infatti al lavoro su un sequel, partendo proprio dai consigli della comunità dei giocatori e accumulando, nel mentre, le risorse che erano mancate al primo giro, arrivando perfino a raddoppiare il personale. Questo Kingdom Come: Deliverance 2, quindi, vuole essere un punto di arrivo, le avventure di Henry così come Warhorse le aveva pensate fin dal principio. La volontà di raggiungere un ulteriore livello di realismo e cura nei dettagli ha portato, in questa nuova avventura, al coinvolgimento di stunt rider, storici e attori professionisti, tra cui il ritorno di Tom McKay nel ruolo del protagonista Henry. Prevista fin dal principio per le piattaforme di attuale generazione, fatta eccezione per Nintendo Switch, l’uscita di Kingdom Come: Deliverance 2 è ormai alle porte.

Il gioco si basa su fatti realmente accaduti

Il destino di un cavaliere

Ma torniamo alla storia del giovane Henry da Skalitz. Il titolo di Warhorse Studios è ambientato ancora nella Boemia del XV secolo e inizia dal finale aperto del primo episodio, dove il protagonista Henry si allontanava a cavallo insieme ad Hans Capon dopo il sanguinoso assedio di Talmberg. Fabbro di umili origini, poi salito al rango di cavaliere nella precedente avventura, Henry di Skalitz è ormai consapevole della propria nobile discendenza, ma è ancora preda dei sentimenti di vendetta, iniziati nel corso dell’incendio del villaggio di Skalitz e aumentati dalla fedeltà alla causa di re Venceslao, legittimo erede di un trono reclamato con la forza dal fratello Sigismondo. Inizieremo il nostro viaggio nelle campagne attorno a Trosky dove, in veste di guardia del corpo e fidato consigliere, dovremo accompagnare Hans in missione diplomatica. Lo scopo è quello di stringere un accordo con Otto von Bergow, il signore della cittadina schierato tra i sostenitori di Sigismondo. Ben presto verremo erroneamente scambiati per banditi, e qui, ancora prima di combattere, ritroveremo una delle caratteristiche più importanti della precedente avventura: la necessità di cavarsela in occasioni difficili scegliendo con attenzione le risposte nei dialoghi. Nonostante la crescita avvenuta nel precedente episodio, sia come uomo che come cavaliere, Henry sembra ancora alle prese con intrecci  molto più grandi di lui. Ma ben presto dovrà intrecciare i suoi propositi di vendetta agli eventi che lo circondano. Anche in questa avventura, quindi, gli sviluppatori sembrano aver creato un interessante insieme narrativo, approfondito dalla presenza di oltre cinque ore di filmati, tra le vicende personali del protagonista e una realtà storica documentata fin nei dettagli. In particolare viene dato più spazio al rapporto tra Henry e il suo mentore Hans. Con il primo che, cresciuto in un ambiente popolano, tende talvolta a considerare il suo compagno un donnaiolo presuntuoso e viziato. Mentre lo stesso Hans è convinto che nessuno, Henry per primo, lo tratti con il rispetto che crede di meritare.

I combattimenti sono meno frustranti rispetto al primo capitolo

Un realistico viaggio tra spade, combattimenti e intrighi 

Come il precedente, anche questo nuovo titolo si poggia su una mappa open world, ma due volte più estesa. Saranno infatti necessarie dalle 80 alle 100 ore per finire l’avventura, DLC esclusi, secondo quanto confermato dagli sviluppatori. Non si tratta di un’unica regione, ma di due macro aree liberamente esplorabili: il Paradiso Boemo, una zona densa di paesaggi naturali, e la città di Kutná Hora (qui conosciuta con il nome tedesco Kuttenberg) e i suoi dintorni, ricchi di miniere d’argento che attirano banditi e commercianti. Anche in questo secondo capitolo le missioni possono essere gestite in vari modi, con i personaggi che reagiranno in base alle nostre azioni e alle nostre risposte nei dialoghi, influenzando anche parte della trama e portando a finali multipli. Proprio a proposito delle nostre competenze dialettiche, potremo trovare aiuto, ancora una volta, anche nei numerosi libri sparsi in giro, che ci permettono di aumentare il livello di erudizione e di padronanza della lingua. Il modo con cui affronteremo i vari compiti avrà un impatto anche sulla difficoltà. Per fare un esempio, se verremo sorpresi a rubare una spada a una gilda di guerrieri, questi saranno poi dotati di armature più efficaci e di statistiche più alte in caso di futuri scontri con il protagonista. Senza contare le conseguenze nel caso in cui uccideremo degli innocenti. Non sarà possibile importare i salvataggi dal precedente Kingdom Come, ma la possibilità di rievocare alcuni eventi del passato rende questa nuova avventura narrativamente comprensibile anche per i neofiti. 

Anche le azioni più semplici sono ricche di dettagli

Vivere il Medioevo

Il realismo estremo voluto dagli sviluppatori si spinge fino a coinvolgere le meccaniche di gioco, la progressione del personaggio e la sua cura. Kingdom Come: Deliverance 2 è ancora più marcatamente il “simulatore di vita medievale” definitivo. Per evitare una prematura dipartita avremo regolarmente bisogno di bere, mangiare, dormire e vestirci in modo adatto alle condizioni climatiche. Lo stesso cibo nell’inventario, con il passar del tempo, si deperisce. Sarà quindi preferibile scegliere cibi a lunga conservazione, o quantomeno,  essiccare o affumicare quelli freschi sfruttando le strutture presenti in alcuni insediamenti. La progressione delle abilità è sempre legata all’utilizzo delle skill nel corso dell’avventura. Per diventare abili parlatori dovremo semplicemente affrontare più dialoghi possibile e scegliere le giuste risposte, mentre per trasformarci in temibili guerrieri basterà fare molto affidamento a balestre, spade e le prime, grezze armi da fuoco. In generale, non sarà facile trovare armi di qualità e dovremo faticare molto per entrarne in possesso, e questo discorso vale soprattutto per le sopracitate, rarissime, armi da fuoco. Anche il denaro, a differenza di un qualsiasi GdR, non si trova in giro, ma dovremo guadagnarcelo svolgendo lavori o, in alternativa, rubando, con tutte le possibili conseguenze. C’è tutta una serie di precise scelte degli sviluppatori, quindi, che rendono molto gratificante la progressione del personaggio. Molto utile sarà anche l’associarsi a gilde di cavalieri o banditi, alcune delle quali decisamente originali. C’è anche la possibilità di migliorare le nostre abilità facendo pratica presso esperti maestri, ma gran parte della progressione rimane legata al suo utilizzo costante. 

Il modo in cui si gestiscono i rapporti avrà ripercussioni sulla trama futura

Cappa e… spada!

Passando a uno degli elementi più controversi del precedente episodio, ovvero il sistema di combattimento, anche qui le meccaniche sono impostate sulle regole della scherma medievale. Pur rimanendo sempre disponibile il funzionalissimo approccio stealth nella maggior parte delle situazioni, ricorrere alle armi non dovrebbe essere difficoltoso come in passato, almeno secondo quanto affermano gli sviluppatori, che hanno più volte confermato di aver lavorato moltissimo sul combattimento corpo a corpo. Un discorso a parte va fatto per le armature: dal momento che alcuni danni sono permanenti, e possono anche causare emorragie, è importante tenere d’occhio l’equilibrio della resistenza e proteggersi in modo adeguato, tenendo presenti il peso, il materiale e la qualità delle armature. Henry non è più l’impacciato ragazzo del primo episodio, ma rimane comunque un essere umano. Persino la presenza della visuale in prima persona influisce su questo fattore, dal momento che, negli elmi più pesanti e resistenti, viene limitata dalla piccola fessura all’altezza degli occhi, esattamente come accadeva nel precedente episodio. Un sistema ancora molto tecnico quello del combattimento, i cui elementi principali sono costituiti da comandi basati su input direzionali collegati a parate, contromosse e combinazioni di colpi. Detto così, potrebbe sembrare troppo complesso e frustrante per i giocatori abituati a titoli di altro genere, ma gli sviluppatori promettono di snellire le meccaniche, con vari tutorial e una curva di apprendimento meno ripida, per permettere anche ai neofiti di prendere confidenza con il gameplay. Viste le premesse, non c’è nulla di veramente nuovo rispetto al primo Kingdom Come, ma Warhorse Studios ha ulteriormente approfondito le meccaniche di sviluppo del personaggio e migliorato vari aspetti del gameplay, dal combattimento fino alla gestione dell’inventario e l’uso delle torce.

Le cavalcature andranno curate e nutrite

Un medioevo affascinante da vedere ed esplorare

Visti gli anni passati dal primo Kingdom Come, e la potenza delle attuali piattaforme, era inevitabile che il miglioramento più evidente in questa nuova avventura fosse nel comparto tecnico. La visuale è ancora in prima persona, il che permette di immergersi nelle ambientazioni in modo totalizzante, evidenziando la cura maniacale con cui Warhorse Studios ha cercare di riproporre vitalità e colori di questo medioevo, ben lontano dall’ennesima versione oscura e deprimente dei cosiddetti secoli bui vista in altri titoli di questo genere. L’esperienza accumulata in questi sette anni ha permesso agli sviluppatori di inserire molti più dettagli, rispetto al precedente episodio. Dal terreno che rimane infangato dopo una pioggia, passando per gli ottimi riflessi di luce (soprattutto all’interno degli edifici) e l’estrema cura riposta nell’abbigliamento dei personaggi, arrivando agli effetti ambientali ben replicati. Oltre all’impatto visivo in generale, a colpire è, ancora una volta, il realismo delle ambientazioni, arredamenti, costumi, oggetti e persino delle situazioni: anche una semplice azione, come raccogliere erbe, preparare un pasto o addirittura seppellire gli avversari uccisi, è riportato con dovizia di dettagli, oggetti e animazioni. Nulla di rivoluzionario, in termini tecnici ma, in questo caso, un elemento indispensabile alla costruzione del realismo quasi documentaristico a cui punta lo studio cecoslovatto. C’è la generale sensazione che gli sviluppatori abbiano creato ogni dettaglio tenendo in mano un manuale, e sin da subito si capisce come, dietro al progetto, ci siano anche esperti di storia medievale. Tale ricerca del realismo, come facilmente immaginabile, si riflette anche sul lato sonoro, con musiche realizzate con strumenti d’epoca ricostruiti ad hoc.

Volti realizzati tramite il motion-capture

Il peso di una grande eredità

Con questo Kingdom Come: Deliverance 2 Warhorse Studios raccoglie la sua stessa eredità, facendo tesoro del feedback di questi ultimi anni della comunità di giocatori, e sviluppa un’avventura che promette di essere molto più estesa, profonda e curata. Pur rimanendo un titolo non adatto a tutti, a causa della sua stessa natura improntata al realismo e al rigore storico, questo nuovo capitolo mira ad arricchire la già profonda esperienza del primo. Oltre a migliorare alcuni aspetti delle meccaniche e trovare una degna conclusione alla sua controparte narrativa, al di là dei prevedibili progressi grafici gli sviluppatori hanno deciso di realizzare il loro sogno e portare a compimento l’epopea del giovane Henry di Skalitz così come l’avevano sempre immaginata. Ma non dimentichiamo che le grandi ambizioni richiedono sempre eccellenti risultati per essere soddisfatte. L’unica cosa su cui possiamo scommettere, fin da quel primo lunghissimo docu-reveal di oltre 13 minuti, è l’ambizione sconfinata. Per tutto il resto, ci tocca aspettare il 4 febbraio. 

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