Little Big Adventure Twinsens Quest

Little Big Adventure Twinsen’s Quest Recensione: il remake perfetto per i nostalgici

Nel 2014 viene pubblicato un articolo sul The Guardian dedicato ai trenta migliori videogiochi dimenticati a causa del passare del tempo: tra questi ultimi l’autore, Keith Stuart, inserisce anche Little Big Adventure. È quindi del tutto possibile che apparteniate a una fascia del pubblico relativamente giovane, e che di questa piccola perla della prima metà degli anni Novanta del secolo scorso non abbiate mai sentito parlare; né c’è qualcosa di male, in questo. Difatti, stando all’articolo del The Guardian, anche chi all’epoca c’era ha finito col dimenticare Twinsen e la sua “piccola grande avventura”. Se è vero che il tempo è galantuomo, però, ci voleva solo un po’ prima che il videogioco in questione tornasse alla ribalta. Ci torna in questi giorni, dato che nel momento in cui scriviamo Little Big Adventure Twinsen’s Quest è disponibile su PC e console di attuale generazione; lo abbiamo recensito per voi su PlayStation 5 e siamo pronti a raccontarlo sia ai vecchi fan che ai nuovi arrivati che non ne sanno assolutamente nulla (e che potrebbero dunque legittimamente innamorarsene).

Little Big Adventure Twinsen’s Quest
Il comparto grafico del gioco

Un remake “necessario”

Quante volte viene utilizzato al giorno l’aggettivo “necessario”, quasi sempre a sproposito? Un libro necessario, un film necessario, un videogioco necessario: sappiamo invece benissimo che al mondo di necessario vi è davvero pochissimo, e che tutto il resto è accessorio. Va detto però che, se proprio dobbiamo accettarne l’utilizzo, allora sì: in un mercato videoludico oberato e invaso da remake su remake e remastered di remastered (qualcuno ha detto Until Dawn su PlayStation 5?) effettivamente Little Big Adventure Twinsen’s Quest può apparire come un prodotto necessario. Si tratta fondamentalmente della primissima avventura risalente al 1994, quando venne pubblicato su PC, prima in versione CD-ROM e poi in versione floppy disk (su floppy! Praticamente come confrontare l’età moderna col Giurassico). I collezionisti però avranno forse messo le mani sulla versione del 1997, pubblicata anche in Europa sulla primissima PlayStation.

Little Big Adventure – Twinsen’s Quest è il remake uno a uno di quell’ormai lontanissimo Little Big Adventure. È esattamente lo stesso gioco, con gli stessi personaggi, con (quasi) le stesse meccaniche, le stesse possibilità e gli stessi esiti. Tanto che, in alcuni frangenti, abbiamo provato a seguire una guida basata sulla versione 1994 e funziona ancora benissimo, nel senso che siamo poi riusciti a risolvere il punto in cui ci eravamo bloccati senza alcun problema, perché l’operazione mostra una fedeltà assoluta all’esperimento originale. È stato cambiato, ovviamente, tutto il resto, vale a dire: il comparto grafico tecnico; il sonoro; determinati aspetti del gameplay, in modo da risultare più fluidi e facilmente fruibili, adatti insomma ai tempi moderni; minimi aspetti che potenziassero la coerenza complessiva del prodotto, tra i quali la sezione iniziale e i filmati. Li approfondiremo volta per volta, dopo aver ricordato che su qualsiavoglia piattaforma intendiate provarlo, Little Big Adventure – Twinsen’s Quest si comporta perfettamente e senza rallentamenti di sorta, ed è inoltre proposto a un prezzo “giusto” per questo tipo di operazione (il remake totale di un titolo dalle dimensioni complessivamente contenute, e che può essere portato a termine in circa quattro o cinque ore).

Little Big Adventure Twinsen’s Quest
Vi piace il nuovo stile?

Little Big Adventure Twinsen’s Quest: complotto o palle magiche

I più anziani ricorderanno con nostalgia le avventure di Twinsen nel mondo incantato di Twinsum – sembra uno scioglilingua, e in effetti per certi aspetti lo è. Il mondo in cui è ambientata la “piccola grande avventura” non è il nostro, ma un pianeta illuminato da due soli, uno per ogni emisfero; al suo interno convivono cinque diverse razze, incluse delle specie di alieni antropomorfi dalle sembianze di conigli ed elefanti. Un giorno, però, un diabolico scienziato (guarda caso umano) inventa la clonazione e il teletrasporto. Con questi due strumenti potentissimi riesce praticamente a imporre il suo regime sul resto del mondo, imprigionando tutti i dissidenti e gli oppositori (tra i quali, naturalmente, Twinsen). Non tutto però è perduto: così come la tecnologia, anche la magia costituisce un elemento essenziale, benché dimenticato, del mondo di Twinsum.

A partire dall’evasione dalla prigione di massima sicurezza (in verità abbastanza scadente) il protagonista inizierà un viaggio per ritrovare sua sorella e la sua fidanzata, per poi salvare il mondo dal giogo dello scienziato. Lungo la strada si rivelerà fondamentale la “riscoperta” del proprio passato, giacché suo padre era un mago e gli ha lasciato in eredità una palla magica davvero molto utile per eliminare i nemici senza rischiare eccessivamente la pelle (anche se morire, in Little Big Adventure Twinsen’s Quest, è cosa più frequente di quanto non si creda). Riscoprendo i miti del pianeta natale e il ruolo della magia, Twinsen riuscirà così nella sua impresa; in sua compagnia, il giocatore affronterà intanto un’avventura non lineare dalle molteplici possibilità e basata sulla risoluzione di alcuni enigmi che richiamano da vicino le esperienze delle vecchie avventure grafiche, anche se il titolo in questione toccava e tocca solo marginalmente questo genere.

Si va in barca!

Una piccola grande avventura

Little Big Adventure Twinsen’s Quest “tocca” tutta una serie di generi con i quali oggi si vorrebbe spiegare l’efficacia di un’avventura vecchio stampo, in cui ci si faceva in realtà poche domande e si preferiva, invece, giocare. Per onestà delle etichette impiegate, è principalmente un’avventura, ma anche un mondo aperto dalle dimensioni ridotte, un gioco di ruolo, un puzzle game, e tante altre cose ancora. Non solo classificarlo non è semplice, ma non è neppure fondamentale: è più utile immaginare invece una progressione che procede per macroaree, tutte connesse e rivisitabili, in cui si riesce a procedere nella trama scoprendo (e risolvendo) i diversi enigmi delle varie zone. E farlo non è semplice, perché bisogna ingegnarsi, esplorare, tentare di combinare o utilizzare oggetti; si procede, insomma, come si faceva tanto tempo fa, negli anni Novanta, per tentativi, per prove ed errori.

Le modifiche apportate alla produzione non rendono quest’ultima più semplice o comprensibile, ma semplicemente hanno aggiornato i menù e la fruibilità per il pubblico contemporaneo, com’era giusto che fosse. Una sequenza iniziale inedita, dunque, illustra già le basi per l’utilizzo della palla magica, proponendoci la sessione in salsa “sportiva”. I movimenti di Twinsen sono poi stati gestiti in modo eccellente, perché risultano ancora goffi e “strani” nella resa com’erano nel 1994, ma basta utilizzare comandi diversi per eseguirli in qualsiasi momento, mentre in passato bisognava addirittura muoversi tra due diverse impostazioni di movimento in base alle esigenze del livello. La cura con cui è stato realizzato garantisce poi il respiro epico all’intera avventura, e al di là dei colori si intuisce la profondità di una storia che tocca tematiche particolarmente significative e che si mostra, nella gestione e negli esiti, tutt’altro che leggera.

Dal punto di vista grafico-tecnico ovviamente è possibile notare l’operazione più riuscita del remake. Tutto è stato rifatto da zero, in alta definizione, con una scelta di colori e di palette cromatiche sicuramente innovative, ma in grado di tradurre sugli schermi di oggi quanto si vedeva, in piccolo, tanti anni fa su PC. Anche sulle prestazioni non abbiamo nulla di particolare da obiettare, così come a proposito dei caricamenti; è anzi singolare quanto il tutto appaia fluido e funzionale, se messo in confronto con la “goffaggine” che contraddistingueva i movimenti del personaggio nella prima iterazione degli anni Novanta.


Little Big Adventure Twinsen’s Quest è un tuffo in un passato, un passato del quale ci eravamo tutti completamente dimenticati. Si tratta di un remake onesto, nelle intenzioni, nelle soluzioni e anche nel prezzo proposto, in grado di tradurre nel linguaggio visivo e sonoro contemporanei l’essenza di un’avventura nata e pensata per il pubblico degli anni Novanta del secolo scorso. Chiariamo: si tratta di un videogioco che parla a tutti, che non ha età, e che diverte oggi come allora. Ma dal momento che i gusti, com’è ovvio, sono nel tempo cambiati, magari una larga fetta di giocatori odierna potrebbe non apprezzarlo pienamente, perché la struttura si identifica, appunto, con quella delle “vecchie” avventure del passato. Vi consigliamo assolutamente di provarlo, non fosse altro per il tributo a un preciso momento della storia videoludica.


 

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