Konami ha deciso di riportare in auge il franchise di Suikoden dopo oltre un decennio di silenzio con la qui presente HD Remaster dei primi due capitoli, un progetto che li ha in realtà impegnati nella riprogrammazione degli stessi in Unity a partire dalla conversione per PSP che in Occidente non abbiamo mai visto, con splendidi fondali tridimensionali ridisegnati da zero e… qualche arcaicità di troppo. L’ennesima operazione nostalgia? Forse, ma anche una rilettura di temi sorprendentemente attuali. Mentre tornavo a immergermi nel mondo di questi due classici del genere, mi sono interrogato a più riprese sulla loro effettiva capacità di avvicinarsi al palato di un pubblico odierno, ma la risposta è emersa poco a poco, più chiara che mai: Suikoden è un’opera che parla al presente, raccontando il modo in cui una comunità apparentemente improvvisata forgia i suoi legami nella lotta contro il dispotismo di spietati autocrati. Veniamo chiamati a costruire alleanze, a tessere una rete di sostegno reciproco, a lottare per la giustizia, a intraprendere un percorso di crescita e di resistenza, dove l’amicizia e la collaborazione sono le armi più potenti. In un’epoca flagellata da disuguaglianze e prevaricazioni, il “socialismo” ante litteram di Suikoden è quasi una rivelazione, un inno alla speranza e alla lotta per un futuro migliore. Una serie che, nel 2025, si conferma più che mai imprescindibile.

Suikoden I&II HD Remaster: Il futuro non è immutabile
Il rifacimento in alta definizione dei primi due capitoli di Suikoden rappresenta un piccolo evento di per sé, un’occasione per riscoprire un franchise che, pur con tutte le imperfezioni dovute agli anni che porta sulla schiena, ha saputo lasciare un’impronta indelebile nel panorama dei JRPG. Il primo Suikoden mostra tutti i solchi inequivocabili di un’opera prima, con una narrazione meno strutturata e alcune ingenuità tecniche. Di contro, è proprio con Suikoden II che la serie per molti raggiunge il suo apice, regalando a chi ne fruisce una novella profonda e coinvolgente. La figura di Luca Blight, principe psicopatico e sanguinario, è un esempio di come il secondo capitolo abbia saputo anticipare temi e personaggi che oggi riverberano con forza, dipingendo un antagonista che, nella sua efferatezza, incarna un male fin troppo reale. Ma Suikoden non è solo oscurità: è anche un inno alla speranza, un racconto di resilienza e di eroi improbabili che lottano per un mondo migliore.

I panorami mozzafiato che fanno da sfondo alle vicende dei protagonisti, dalle buie celle illuminate dalla luna piena ai tramonti che accompagnano le preghiere per la salvezza di un amico, sono momenti di pura emozione, capaci di toccare le corde più profonde dell’animo umano. Il concetto elaborato da Yoshitaka Murayama di radunare 108 compagni, ciascuno con i propri trascorsi e personalità, rimane un’intuizione geniale, capace di creare un senso di relazione e appartenenza raramente eguagliato. Le fortezze che fungono da base operativa si trasformano in veri e propri centri nevralgici, dove i compagni interagiscono, offrono servizi e contribuiscono alla crescita dello sparuto collettivo. Un elemento che, proprio laddove i giochi di ruolo tendono a distaccare il giocatore con fantasie escapiste piuttosto solitarie, si rivela particolarmente apprezzabile.

Morire in battaglia è una cosa, ma questo…
Tuttavia, questa HD Remaster non è certo esente da critiche: la mancanza di una modernizzazione più incisiva lascia un senso di incompiuto, soprattutto nei riguardi del primo capitolo e considerato che il codice è stato riscritto per un nuovo motore grafico (Unity); dunque, la scelta di preservare gran parte delle loro scelte di design ormai superate è colpevolmente intenzionale. La velocizzazione dei combattimenti, che sveltisce in maniera bizzarra anche il sottofondo musicale, e l’assenza di opzioni come la possibilità di saltare o accelerare le scene d’intermezzo sono anomalie che denotano una scarsa attenzione, soprattutto quando oggigiorno i giocatori sono stati abituati a standard più elevati. Confrontato ad altri progetti di recupero dei brand storici di Konami, come il remake di Silent Hill 2 e Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, è chiaro che in questo caso gli sviluppatori si sono accontentati di svolgere un lavoro di restauro più conservativo. Pur con le loro imperfezioni, entrambi i titoli hanno saputo comunque anticipare i tempi sotto alcuni aspetti fondamentali, in particolare nel sistema di combattimento: la possibilità di schierare fino a sei personaggi in battaglia, con una disposizione strategica su due file, offre una profondità tattica che di questi tempi sorprende ancora, mentre l’integrazione di abilità di squadra, che bilanciano potenza e rischio, aggiunge un ulteriore livello di complessità, rendendo importante ogni azione degli scontri più impegnativi, anche grazie alla presenza di diversi livelli di difficoltà.
La vera sorpresa delle due avventure sono le sequenze scriptate, dove le battaglie subiscono una radicale trasformazione: i duelli uno contro uno e gli scontri tra eserciti, basati sul meccanismo della morra cinese, sono adrenalinici e imprevedibili ma, benché i primi riescano a tenerci con il fiato sospeso grazie all’alternanza di decisioni tattiche che spesso ci vede emergere vincitori solo per il rotto della cuffia, i secondi sono abbastanza caotici e poco intuitivi, evidenziando i limiti di un periodo videoludico in cui la sperimentazione era ancora in fase embrionale. Per quanto l’assenza di rifiniture più incisive lasci un po’ l’amaro in bocca, i due titoli presenti nella raccolta rimangono comunque un’esperienza ludica di grandissimo valore e concedono finalmente a chiunque, indipendentemente dalla piattaforma in proprio possesso, di compiere un autentico viaggio nel tempo per ricordare come, anche nei giochi di ruolo, l’innovazione ben congegnata possa lasciare un segno permanente nella storia.
Il trentesimo anniversario di Suikoden avrebbe meritato di meglio: l’occasione mancata è tangibile, soprattutto per quanto riguarda il primo capitolo, che avrebbe beneficiato enormemente di una modernizzazione più incisiva. Ad ogni modo, la magia dell’universo narrativo creato da Yoshitaka Murayama rimane intatta, e sorprendentemente attuale.
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