Secondo quanto svelato recentemente, le insidie dell’affidarsi alle vecchie apparecchiature DUV per aziende come Huawei sono rappresentate dal fatto che è eccezionalmente difficile avviare la produzione di massa di chipset con litografia a 5 nm e inferiore senza incorrere in una serie di problemi. Con SMIC e l’ex colosso cinese inseriti nell’elenco di controllo delle esportazioni di Taiwan, importare apparecchiature più recenti senza una licenza valida è diventato molto difficile. Huawei è riuscita finora a fare affidamento sulla sua catena di fornitura locale, con il suo Kirin X90, il più recente SoC dell’azienda, presente nel MateBook Fold, ma si è scoperto che il chipset continua a fare affidamento sul vecchio nodo a 7 nm di SMIC invece che su quello più recente a 5 nm.
L’unico passo avanti compiuto da Huawei è la transizione dalla vecchia architettura “N + 1”, che apporta alcuni vantaggi in termini di prestazioni ed efficienza, ma non così drastici come se l’azienda introducesse il suo primo SoC a 5 nm. Con i chipset a 2 nm che arriveranno nei prossimi 1-2 anni, TechInsights riporta che la Cina inizierà ad avere un ritardo di almeno tre generazioni rispetto al resto del mondo:
Se Huawei è ferma a un SoC equivalente a 7 nm, si trova più generazioni indietro rispetto ad Apple (serie M3 e M4), AMD (serie Ryzen 8040) e Qualcomm (serie Snapdragon X Elite). TSMC, Samsung, Intel e Rapidus metteranno a disposizione dei clienti i processi a 2 nm nei prossimi 12-24 mesi, aumentando il divario tra la tecnologia di processo cinese e il resto del mondo di almeno tre generazioni tecnologiche.
Oltre a non poter acquistare apparecchiature EUV di nuova generazione, Huawei e altre aziende cinesi non possono acquistare strumenti EDA necessari per lo sviluppo di chipset. Fortunatamente, l’azienda aveva previsto questa complicazione, ed è per questo che Huawei avrebbe sviluppato strumenti EDA a 14 nm per produrre in massa silicio a 7 nm.
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