Donkey Kong Bananza Recensione: DK elevato all’ipercubo

Donkey Kong Bananza

Prima di parlare di Donkey Kong Bananza, permettetemi un’introduzione piuttosto Se dovessimo pensare ad una lista dei “10 titoli più rumoreggiati per Nintendo Switch 2” all’interno di un contesto precedente al Nintendo Direct del 2 aprile 2025, almeno una delle nostre entry sarebbe stata dedicata ad un sequel di Super Mario Odyssey. Voglio dire, potete biasimarci? All’epoca della sua uscita l’Odissea di Mario verso l’altare nuziale abusivo di Bowser introdusse un nuovo modo di intendere il game design dei platform tridimensionali, salendo in tempo zero nell’olimpo dei videogiochi e guadagnandosi varie nomine come Game of the Year di quel folle 2017. Ma come sappiamo, con Nintendo il termine “mai dire mai” fa ormai parte (nel bene e nel male) della loro identità e ci ritroviamo con un Donkey Kong Bananza che cerca di ringiovanire in design e formula le avventure del mangia potassio più famoso del medium, mantenendo comunque la stessa anima – e sviluppatori – di Odyssey. E dopo ben 30 ore di gioco e grasse risate, eccovi il nostro responso. Come sarà andata? Scopriamolo adesso, con un bel tuffo nel sottosuolo!

Donkey Kong Bananza
Immagine promozionale del gioco

Donkey Kong Bananza: giù per il Sottosuolo

Donkey Kong è tornato e in questa nuova avventura lo vediamo dedito alla ricerca e raccolta di Banandium, un misterioso minerale a forma di banana comparso al largo delle Isole DK, generando una mobilitazione di gran parte della popolazione scimmiesca verso le miniere della Lingottisola. Il bottino sembra ricco, goloso e soprattutto al sicuro, fino al momento in cui un enorme asteroide appartenente alla Void Company risucchia tutte le banane in circolazione e con esse gli abitanti dell’isola e Donkey Kong stesso, portandolo ad incrociare il proprio cammino con quello di una piccola roccia parlante dentro la quale una giovane Pauline è rimasta misteriosamente sigillata. I presupposti ideali per un’avventura fatta di peripezie, scazzottate e soprattutto assoli musicali di tutto rispetto! Il sottotitolo di questa sezione riassume un po’ “la vena comica” e da film d’animazione che l’intera trama di Donkey Kong Bananza emana fin dai suoi primi minuti introduttivi. Si è parlato fino allo sfinimento delle somiglianze e comparazioni dell’accoppiata DK/Pauline con Ralph Spaccatutto/Vanellope, anche a causa della stazza e delle abilità dei due pesi massimi.

Tuttavia, presumo che il mood generale del tutto possa essere più paragonabile ad un’avventura targata Dreamworks in salsa Nintendo, con dialoghi ipercaricaturali, personaggi folli e tanti (a volte forse troppi) giochi di parole. Per quanto la narrativa non sia una prerogativa importante per un titolo di questo genere, le piccole interazioni tra i due protagonisti, i codec presenti per approfondire le origini di questo mondo e il canovaccio generale della trama hanno efficacemente compiuto il loro compito: coinvolgermi all’interno di un viaggio che in una trentina di ore ti porta in giro per il sottosuolo. Un approccio che – per quanto semplice e lineare nell’esecuzione – non annoia mai e anzi regalerà grosse sorprese a chi si lascerà “dolcemente” travolgere dal potere della Bananza!

“Nintendo, dammi un plush dei Frattali e la mia vita è tua!”

Un mondo di golosità “bananose”

Una volta fatto il “salto della fede” ed essersi immersi nell’immenso sottosuolo, Donkey Kong Bananza ci trasporta in un mondo fuori da ogni schema e logica, fatto di figure strane, divinità immortali ma cosa più importante un’immensa quantità di Banane da conquistare. Dal punto di vista del level design e della filosofia attorno ad essa, Donkey Kong Bananza prende tutto ciò che c’era di buono del “platforming aperto e libero” di Super Mario Odyssey e lo rielabora in salsa “Collect-a-thon”, proponendo un mondo sì stratificato in mappe – o veri e propri “livelli” – a loro modo lineari ma al tempo stesso denso di contenuti. Ogni azione, che sia un pugno rivolto verso i muri, lo sbattere le mani per individuare tesori nascosti o anche solo interagire con gli innumerevoli elementi presenti nello scenario ci porterà sempre a qualche scoperta, sia essa in pepite di banandium, gettoni, fossili o scrigni del tesoro. Questi ultimi hanno la tendenza a spawnare in modo piuttosto casuale e rappresentano un metodo alternativo per la ricerca di indizi sulla locazione delle tanto agognate Gemme di Banandium, il collezionabile principale di questo titolo e che come le Lune di Odyssey, è nascosto in quantità abnormi.

In ben 30 ore di gioco credo di aver collezionato più di 600 Gemme di Banandium, cercandole a tempo perso per i vari strati di terreno, rocce, cemento armato e tanto altro all’interno di un level design che non punta tanto alla promozione della distruzione scriteriata e caotica, ma piuttosto a rendere il giocatore più conscio di ciò che si muove attorno a lui e invitandolo ad esplorare ogni possibile percorso o addirittura a crearne di nuovi scavando e distruggendo in modo intelligente. Ma il terreno non è l’unico modo in cui si possono guadagnare oggetti: oltre alle sfide secondarie in stile platform e beat ‘em up, gli NPC di Donkey Kong Bananza presentano simpatiche side-quest e interazioni che – in un modo o nell’altro – porteranno all’ottenimento di altre Gemme di Banandium. Un piacevole e ossessivo loop al sapore di potassio quasi infinito e che ci porterà sempre più vicini all’ottenimento di nuove abilità, espandendo il moveset di DK e delle sue Forme Bananza.

La mappa di gioco visualizzabile in 3D in tutti i suoi strati ci permetterà di accumulare segnalini dedicate a mappe del tesoro e punti d’interesse da scoprire

Smells like Bananza

Esplorando il sottosuolo arriveremo a fare la conoscenza dei “Venerabili”, creature che governano e vengono per l’appunto venerate come divinità dalle civiltà di questo mondo sotterraneo e che tramanderanno a suon di musica un potere travolgente: la Bananza. E no, non stiamo parlando di un lontano cugino della “Paranza” di Daniele Silvestri, ma di un potere primordiale in grado di trasformare Donkey Kong e fargli assumere le forme più strane e imprevedibili, ottenendo le abilità di una delle varie tribù visitate. Per esempio, la forma Bananza Kong incrementerà la sua stazza trasformandolo in un super gorilla in grado di sferrare pugni caricati ancora più letali e di penetrare le superfici più dure e insidiose; la Bananza Zebra al contrario si basa sulla velocità e permette di camminare su terreni più fragili e scivolosi; infine la Bananza Struzzo aggiunge un ulteriore elevazione e verticalità, necessarie per raggiungere le gemme di banandium nascoste tra le piattaforme sopraelevate.

A differenza di Cappy, le Forme Bananza sono state sviluppate come abilità innate di Donkey Kong e come tali non sono solo facilmente intercambiabili, ma danno il loro meglio soprattutto quando sono concatenate tra di loro a servizio del level design platform costruito attorno ad esse. Che si tratti delle sezioni presenti nella normale prosecuzione dell’avventura o all’interno delle sfide extra, utilizzare i poteri di queste incarnazioni primordiali è divertentissimo, la prima volta come la ventiquattresima dopo aver imparato nuove tecniche e scoperto le tech segrete delle loro meccaniche, attraverso una curva d’apprendimento che parte con dai classici “vai dal Punto A al Punto B” o “Elimina questo Nemico”, per poi spostarsi – senza troppe fanfare – in veri e propri indovinelli e prove d’abilità. Unica pecca di tutto questo sistema è il suo utilizzo durante i combattimenti. La curva di difficoltà è evidente e non mancano i momenti in cui il Game Over può essere dietro l’angolo, ma questi sono più dettati dalla tendenza di Donkey Kong Bananza di soffocarti con intere armate di nemici, per poi arrancare nella maggior parte degli scontri 1v1 contro i boss che purtroppo risultano dei sacchi da box glorificati e non impensieriscono (quasi) mai il giocatore. Poi ovviamente, trattandosi di un titolo che punta ad un target ampio e vario la mia esperienza può variare rispetto ad altri, ma è un dato di fatto che nel momento in cui Bananza Kong o qualsiasi altra forma possono trivializzare qualsiasi tipo di sfida proposta dalla gran parte delle boss fight in pochi istanti, diventa lampante come questi momenti sono senza dubbio la parte più debole del gioco. Avvincenti nella forma, ma un po’ stantii nell’esecuzione.

Piuttosto che godersi la pensione, i Venerabili si sono “reinventati” in incredibili e talentuosi DJ

Ammaccata, ma pur sempre buona e succosa!

Da un punto di vista tecnico, Donkey Kong Bananza vive sotto due prospettive diverse: la prima è quella di un titolo la cui presentazione eccelle, mostrando i muscoli dell’hardware di Nintendo Switch 2. Eccetto particolari situazioni in cui la draw-distance delle mappe riduce al minimo la qualità delle texture, l’avventura di DK e Pauline gode di una realizzazione artistica incredibile, con ogni scenario e personaggio – anche quelli più cupi – che emanano ilarità e carisma da ogni poligono, texture e animazione. Il tutto accompagnato da una colonna sonora che oscilla tra diversi generi musicali e porta con sé un nuovo funk assieme a qualche bombetta dal passato che farà scendere una lacrimuccia ai fan della “DK Gang”.

Purtroppo dall’altra parte dello spettro, in quello che potremmo definire “Il lato oscuro della Bananza”, il gioco dà il fianco ad un’unica sola pecca che spero vivamente rappresenti un caso isolato e non un sintomo condiviso tra tutte le release first party e non: picchi non indifferenti di lag durante le situazioni più concitate. E non stiamo parlando di situazioni in cui il giocatore potrebbe essersi messo d’ingegno a smanettare con le varie forme di materiale e meccaniche di gioco, quanto più di momenti ciclici come la raccolta di pepite d’oro e frammenti di Banandium per poi piano piano peggiorare all’interno di scenari più ricchi di risorse e nemici. Niente in grado di renderlo ingiocabile, anzi sia in modalità portatile che all’interno del dock Nintendo Switch 2 riesce a far girare Donkey Kong Bananza a 60 frame al secondo il più delle volte, ma rimangono comunque dei nei che dopo poco più di un mese dall’uscita del nuovo hardware fanno un po’ storcere il naso seppur all’interno di un’ottica verso i prossimi anni di Switch 2.


Se dopo le varie sessioni di prova non era già chiaro, dopo aver visto quanto Donkey Kong Bananza ha da offrire nella sua totalità possiamo finalmente confermarlo: la nuova avventura di Donkey Kong è una vera e proprio bomba! Come le migliori banane Cavendish, il nuovo titolo Nintendo mette in mostra la maturazione del team di sviluppo e della formula “libera” già vissuta con Super Mario Odyssey, coinvolgendo il giocatore in un tour sotterraneo dove la follia la fa la padrone, assieme ad un game design che prende il meglio del meglio della formula di DK64 e lo eleva all’ennesima potenza. Un peccato per gli inciampi tecnici, che però nonostante tutto non ci impediscono di trattare questo titolo per ciò che è, ovvero la prima vera grande killer application che tutti i possessori di Nintendo Switch 2 dovrebbero aggiungere alla loro libreria.


Game Designer e scrittore, alla fine si è deciso ad aggiornare la propria bio dopo 50 anni di muffa. Perché va bene l'essere "cresciuti a pane e Tekken 2", ma a una certa arriva il momento di "voltare pagina". Non chiedetegli quale sia il suo Final Fantasy o gioco Mega Ten preferito: non ne uscireste vivi!