Resident Evil Requiem Provato gamescom 2025: un terrore da vivere in prima (e in terza) persona

Resident Evil Requiem è stato ufficialmente annunciato solo lo scorso giugno, in occasione del Summer Game Fest, tuttavia si vociferava già da tempo che Capcom fosse al lavoro su un nuovo capitolo della celebre saga survival horror. Non sorprende, dunque, che il lancio del gioco sia così ravvicinato – il 27 febbraio 2026 – né tantomeno che l’azienda nipponica sia già abbastanza avanti nello sviluppo da potersi permettere di mostrare ciò che ha in mano, consentendo ai tecnici del settore di provare una demo dell’esperienza. In tal senso, Capcom ci ha messo a disposizione un breve assaggio di Resident Evil Requiem, una ventina di minuti di pura adrenalina che ci hanno permesso di saggiare il clima a cui stanno puntando gli sviluppatori.

resident evil requiem
Grace Ashcroft è un personaggio collegato alla lore di Resident Evil, ma in maniera parecchio remota.

In prima persona su Resident Evil Requiem

Nei panni di Grace Ashcroft, nuova protagonista della serie, ci svegliamo legati mani e piedi a un lettino posizionato aggressivamente a testa in giù. A fondo nel braccio, un ago è collegato a un tubo di gomma che, a sua volta, confluisce in una bottiglia: stiamo ricevendo una trasfusione. Il perché non è dato saperlo; tutto è pregno di confusione e panico. Infrangendo la boccetta, Grace riesce a tagliare i legacci e a liberarsi, tuttavia la giovane rimane comprensibilmente sconvolta. Abbandonata in una stanza dal look retrò, in un luogo sconosciuto, sottoposta a interventi medici di cui non ha memoria o consapevolezza, la protagonista inizia a vagare per i corridoi dell’edificio, alla disperata ricerca di un’uscita.

Come incipit e come ambientazione, vien fin troppo facile ricollegare il tutto a Bloodborne, che di trasfusioni di sangue e look retrò è il campione, tuttavia questo genere di similitudini sono perlopiù superficiali. La vera essenza, invece, si colloca con decisione in uno spazio a cavallo tra gli ultimi due capitoli principali della serie. Da Resident Evil 7: Biohazard, questo nuovo capitolo sembrerebbe ereditare il senso di lenta pressione, di inesorabile orrore e di profonda vulnerabilità; da Resident Evil Village, porta invece avanti l’impostazione estetica delle ambientazioni e il tessuto dei temi narrativi, i quali sembrano essere estrapolati dal folklore popolare o da un romanzo gotico.

Una parte consistente di questa alchimia ibrida deriva dal fatto che Resident Evil Requiem, in ogni caso, segue la strada battuta dai suoi immediati predecessori, orientandosi su di una visuale in prima persona altamente immersiva e inquietante. Una prospettiva che, vale la pena rimarcarlo, può però essere modificata in qualsiasi momento dal menù di pausa, così da passare a una meno claustrofobica terza persona. Detto questo, nell’attuale build del gioco, animazioni e level design lasciano intendere che il prodotto sia ottimizzato per mantenere una dimensione intimista, penalizzando le capacità di navigazione di coloro che non gradiscono l’idea di vedersi l’orrore direttamente a un palmo dal naso. Per la cronaca, abbiamo provato a chiedere agli addetti Capcom se sia prevista o meno l’integrazione futura di un sistema che permetta di modificare le impostazioni della telecamera attraverso la semplice pressione di un pulsante. Non abbiamo ricevuto una risposta definitiva, bensì il grugnito esasperato di un soggetto che, evidentemente, si è sentito porre il quesito fin troppe volte, il quale ci ha poi dato a intendere che, almeno per ora, questa possibilità non sia nelle priorità del team.

Ci sono dei risvegli che.. proprio no.

La nemesi di turno

La nostra avventura con Grace si è perlopiù limitata a esplorare i labirintici corridoi di una vecchia clinica. Un’area estremamente ristretta, ma tanto tortuosa e buia da sembrare molto più vasta di quanto non fosse effettivamente. I molteplici interruttori presenti su lampade e pareti ci hanno permesso di attenuare l’invadente presenza dell’oscurità, eppure le numerose lampadine rotte e i fusibili bruciati hanno non di meno garantito la presenza di numerosi coni d’ombra, i quali potevano essere violati esclusivamente dalla flebile luce emessa dalla fiamma di un accendino a benzina. Un contesto già di per sé grottesco, frastagliato da distruzione e cadaveri infetti, che è peggiorato notevolmente alla comparsa di un’inquietante creatura.

Verso la metà della nostra esperienza di gioco, un torreggiante essere umanoide ha allungato le sue gigantesche grinfie per afferrare un corpo esanime, quindi se lo è portato alla bocca per consumarne la testa. Il sangue grondante dalle fauci, i tratti deformi del volto, la profondità del buio circostante.. tutto ha mimato la composizione pittorica del Saturno che divora i suoi figli dipinto da Francisco Goya, evocando un senso d’angoscia che trascende la logica. Un senso di terrore enfatizzato dal fatto che non stavamo guardando un’immagine su tela, bensì assistevamo a un evento orribile che stava accadendo a pochi passi da Grace. E quindi, per estensione, da noi. Ebbene, questa entità mostruosa rappresenta a suo modo il format già ampiamente esplorato da antagonisti della saga quali Jack Baker, Lady Dimitrescu, Mr. X e Nemesis, adottando una dinamica di stalking che mira a non lasciare respiro al giocatore.

Non ci è dato sapere se questa meccanica di gioco avrà un ruolo continuativo all’interno dell’intero gioco finale, tuttavia ci viene facile credere che la creatura vanterà perlomeno un ruolo di rilievo, se non altro perché è studiata nei minimi dettagli per essere orrida, inquietante e dannatamente memorabile. Tenendo conto che Resident Evil Village aveva tratteggiato i suoi mostri attingendo alle storie di licantropi, vampiri e mostri di Frankenstein, ci vien da credere che questo avversario sia a sua volta ispirato alla strega Baba Yaga, la quale, secondo il folklore slavo, era nota anche per l’abitudine di nutrirsi di carne umana. Per quanto riguarda la sua presenza in gioco, le sue proporzioni massicce le impongono un passo estremamente lento, mentre la sua pallida pelle si dimostra estremamente vulnerabile alla luce diretta, fragilità debilitanti che, tuttavia, vengono compensate dalla sua capacità di intrufolarsi agilmente nelle fratture presenti in molteplici parti del soffitto, un talento che le permette spesso e volentieri di fare agguati al giocatore con raccapricciante efficacia. In altre parole, preparatevi a inseguimenti adrenalinici e a guardare con sospetto ogni scenografica fessura.

L’ambientazione esplorata nella demo è claustrofobica, ma indizi suggeriscono la presenza di setting diversi.

Tensione, tensione, tensione

I seppur pochi minuti dedicati alla demo ci hanno travolti con ondate di tensione. La vulnerabilità della protagonista, il suo incedere incerto, il profondo senso di impotenza ci hanno investiti fino a evocare tutte le sfumature più horror della serie e ci hanno spinto a desistere dall’intraprendere qualsiasi forma di interazione “action” con l’ambiente. Anche perché, gli unici oggetti a disposizione di Grace erano un paio di recipienti di vetro utilizzabili per depistare l’attenzione dell’orrido mostro, i quali hanno dimostrato di essere delle armi da lancio di discutibile effetto. Sul serio, ci abbiamo provato, ma gli effetti sono stati nulli, se non addirittura deleteri.

Nonostante il profondo senso di angoscia, abbiamo apprezzato questo primo assaggio di Resident Evil Requiem. Anzi, è stato proprio quel senso di angoscia ad ammaliarci. Non si tratta di semplici jump scare o di quel terrore elementare che deriva dal dover far fronte a incalzanti ondate di non-morti: l’equilibrio raggiunto dal game director Koshi Nakanishi è ancorato a sentimenti di perturbazione più profondi e psicologici, che toccano corde intime e disturbanti. Allo stesso tempo, la possibilità di fruire l’intero gioco in terza persona fa sì che gli utenti possano sempre e comunque scegliere di “alleggerire” l’intensità dell’esperienza tarandola su dinamiche meno immersive, ma decisamente più digeribili. Non è però detto che la densità emozionale di questa breve demo sia in grado di rappresentare l’intero gioco: nei trailer distribuiti da Capcom si intravedono scene di distruzione tratte da Raccoon City, ambientazione che ha ospitato i primi Resident Evil e che è profondamente diversa dall’opulenta scenografia che abbiamo avuto modo di esplorare personalmente.

Che Resident Evil Requiem abbia intenzione di intraprendere la strada già battuta dal controverso Resident Evil 6 e mescolare diversi protagonisti e diversi stili di gioco? Per quanto si è visto fino a ora, non si direbbe, tuttavia vale la pena ricordare che l’aggiunta di fan-service e di azione hanno lungamente dimostrato di fare bene alle vendite, quindi non esitiamo a credere che Capcom possa aver deciso di inserire nell’opera un “legacy character”, un protagonista ricorrente. Magari, visto il tema, potrebbe essere il turno di Sherry Birkin, agente federale che ha vissuto gli orrori della saga quando era ancora una bambina e che negli anni non ha mai avuto occasione di raggiungere la fama di celebrità quali Leon S. Kennedy o Chris Redfield. Ora come ora è difficile prevedere la direzione che prenderà l’opera, tuttavia non vediamo l’ora di scoprire quali altre “orrende” sorprese ci aspettano da casa Capcom.


Con Resident Evil Requiem, Capcom sembra voler alzare ulteriormente l’asticella della tensione narrativa, mescolando orrore psicologico, suggestioni folkloriche e una regia immersiva che restituisce al giocatore un senso di vulnerabilità raramente così palpabile. Pur trattandosi solo di una demo, l’esperienza da noi collaudata ci ha permesso di intravedere una cura maniacale per l’atmosfera e per la costruzione del terrore, un grado di attenzione che è stato in grado di adottare il linguaggio degli ultimi capitoli della saga, ma senza rinnegare le proprie radici. Se il resto del gioco sarà all’altezza di questo frammento, potremmo trovarci di fronte a uno dei capitoli più intensi e memorabili dell’intero franchise e non vediamo l’ora di rimanerne traumatizzati.