Irem Collection Volume 3

Irem Collection Volume 3 Recensione: la chiamavano Trinità

Scrivere di Irem non è mai banale; significa confrontarsi con un’eredità fatta di sparatutto visionari, di sfide al limite dell’umano e di una creatività che, talvolta, superava i confini dell’assurdo. È un nome che evoca la magia delle sale giochi, il profumo dei cabinati e il suono assordante delle monete che cadono in un’arena di luci e pixel. La compagnia fondata nel 1969 da Kenzo Tsujimoto non è stata solo artefice di giochi, ma un vero e proprio pioniere, un artigiano che ha scolpito il genere degli shoot ‘em up con titoli che sono diventati delle pietre miliari. L’indimenticabile R-Type, dalle dinamiche rivoluzionarie incastonate in un universo biomeccanico, ha ridefinito il concetto di sparatutto a scorrimento orizzontale, elevandolo quasi a una forma d’arte. E poi c’era Kung-Fu Master, un’icona dei picchiaduro a scorrimento che ha gettato le basi per un’infinità di imitazioni. Parliamo di un’epoca in cui le idee scorrevano veloci, dove ogni nuovo gettone offriva una possibilità di esplorare un mondo in miniatura, un’esperienza intensa e fugace che restava impressa nella memoria. Negli anni Ottanta e Novanta, l’approccio di Irem era unico: osare, sperimentare, mescolare generi e atmosfere. Sebbene l’azienda sia spesso associata a tematiche militari o fantascientifiche, il suo catalogo è molto più vasto e il qui presente terzo volume della Irem Collection ne è una prova tangibile, una raccolta che ci invita a esplorare gli angoli più remoti e bizzarri della sua produzione riproponendo tre titoli che, pur nella loro diversità, condividono un filo conduttore: la pura, genuina, incontestabile fantasia. È un biglietto per un viaggio orientato a riscoprire, o a conoscere per la prima volta, un periodo in cui la pixel art era il linguaggio universale dell’immaginazione.

Gli sprite di Dragon Breed sono mastodontici ed estremamente rifiniti

Irem Collection Volume 3: meccaniche stravaganti e mondi surreali

Ci sono titoli che, pur non essendo annoverabili fra i più celebri, raccontano splendide storie dell’evoluzione del game design e, se c’è un singolo complimento che possiamo muovere alla Irem Collection Volume 3, è proprio quello di essere un prezioso contenitori di tre racconti del genere. Prendiamo Dragon Breed, uno sparatutto che, a prima vista, potrebbe sembrare un semplice clone di R-Type in chiave fantastica, ma che in realtà possiede una sua marcata identità: non ci troviamo ai comandi una navicella, ma interpretiamo un cavaliere a cavallo di un drago immenso il quale, a sua volta, non è solo un mezzo di trasporto o un’arma, ma una sorta di scudo vivente, con un corpo serpentesco che possiamo manovrare per assorbire i colpi nemici. È una meccanica che aggiunge uno strato metodico inaspettato al genere: non si tratta più solo di schivare, ma di posizionare il corpo del drago per proteggere il nostro cavaliere. È un’intuizione geniale, estremamente rara per l’epoca, tangibile dimostrazione del coraggio di sperimentare che Irem era capace di infondere nei suoi progetti. La sensazione di cavalcare una creatura invulnerabile, usandone il corpo come una barriera, è un’esperienza tattica che rende il gioco impegnativo e gratificante. Ogni livello è un rompicapo visivo, dove l’ambiente è ostile e i nemici si muovono con pattern imprevedibili. Il gioco è un piccolo capolavoro di design meritevole di essere studiato, che mescola la precisione degli sparatutto con la gestione strategica di una risorsa insolita. Provandolo, scoprirete quanto si difenda egregiamente ancora oggi e rimanga un credibile esempio di quanto un’idea audace possa definire un’intera esperienza.

Un discorso simile si può fare per Mr. Heli, conosciuto anche come Battle Chopper. Qui l’approccio di Irem si fa ancora più eccentrico: il protagonista è un elicottero tascabile con delle zampe, inserito all’interno di un cosiddetto “cute ‘em up” (sparatutto carino, per così dire) che si allontana dal tono più serio di altri titoli. Tuttavia, sotto la superficie giocosa, si nasconde un’esperienza di gioco sorprendentemente profonda. Il movimento è libero in tutte le direzioni e il gioco è gremito di percorsi nascosti e segreti da esplorare. L’obiettivo non è solo sparare, ma anche usare l’ambiente per superare ostacoli. Ad esempio, è possibile scavare nel terreno per trovare potenziamenti o passaggi alternativi. La versione PC Engine, inclusa nella raccolta, arricchisce ulteriormente l’esperienza con miglioramenti che rendono il gioco più accessibile e gratificante. È un gioco che premia la curiosità e la sperimentazione, invitando il giocatore a esplorare ogni angolo dello schermo. Sebbene possa sembrare meno “epico” di Dragon Breed, il design intelligente e le atmosfere simpatiche lo rendono un’aggiunta preziosa alla collezione, un esempio di come Irem sapesse confezionare esperienze indimenticabili anche in contesti meno formali.

Irem Collection Volume 3
Il gameplay e l’estetica di Mystic Riders richiamano Cotton di Success e Three Wonders (Chariot) di Capcom

Creatività sinfonica a 8 e 16 bit

L’aspetto che più di tutti definisce in modo indelebile gli anni d’oro delle sale giochi è la direzione artistica e sonora, e la Irem Collection Volume 3 è un vero e proprio museo a cielo aperto in tal senso. La grafica dei titoli che propone, sebbene composta da un numero limitato di pixel, è ricca di dettagli e personalità. Dragon Breed, ad esempio, immerge il giocatore in un mondo medievaleggiante dai colori scuri e desolati, con un design biomeccanico che fa pensare a un incrocio tra un’ambientazione fantasy e un’estetica alla H. R. Giger. I nemici sono creature mostruose, le ambientazioni fatiscenti ma piene di carattere, e il drago stesso, con il suo lungo corpo, è una meraviglia da vedere in movimento. Gli artisti al servizio di Irem erano maestri nel creare atmosfere uniche, e Dragon Breed ne è una dimostrazione perfetta. La palette cromatica viene impiegata per evidenziare l’oscurità e la disperazione del mondo di gioco, entrando in fortissimo contrasto con la brillantezza degli effetti speciali. È un’estetica che si allontana dal tipico stile colorato e vivace dell’epoca, e propone un’esperienza visiva più matura e suggestiva.

D’altra parte, Mystic Riders e Mr. Heli mostrano un lato artistico completamente diverso. Il primo, in particolare, dipinge un mondo fantastico dalle connotazioni fiabesche, con tonalità accese e personaggi che sembrano usciti da un cartone animato. Le streghette protagoniste, i mostri bizzarri e le ambientazioni ricche di gemme e tesori plasmano un’ambientazione allegra e divertente, accentuata dalla possibilità di giocare in co-op. La grafica di Mystic Riders è più vivace e luminosa, una festa per gli occhi che si contrappone di netto alla serietà di Dragon Breed al pari del sonoro, che gioca un ruolo altrettanto cruciale: le melodie sono briose e orecchiabili, adatte a un’avventura spensierata. Allo stesso modo, Mr. Heli ha uno stile intriso di carineria che si riflette in ogni pixel, con il buffo elicottero che interagisce all’interno di un mondo popolato da nemici altrettanto buffi. La colonna sonora di Mr. Heli è altrettanto iconica, con musiche che rimangono impresse nella mente. È la prova che Irem poteva padroneggiare una vasta gamma di stili e atmosfere, dal post-apocalittico al fantasy, dal serio al faceto. I tre titoli della raccolta sono, a modo loro, delle piccole meraviglie di design visivo e sonoro, istantanee di un’epoca in cui la creatività non conosceva limiti.

I fondali abbastanza cupi di Mr. Heli si contrappongono agli sprite simpatici e paffuti

La filosofia dietro la Irem Collection Volume 3

Al di là dei giochi in sé, è importante considerare i criteri che soggiacciono dietro simili operazioni di recupero: ININ Games, in collaborazione con Tozai Games, non si è limitata a emulare i giochi inclusi ma, come per i capitoli precedenti, ha creato un’esperienza attuale che rende merito agli originali, impreziosendoli con una gamma nutrita di ritocchi e aggiustamenti. La possibilità di attivare salvataggi rapidi, di riavvolgere il tempo o di applicare filtri video per ricreare l’aspetto di un vecchio schermo a tubo catodico sono tutte scelte che dimostrano un profondo rispetto per il giocatore. Queste funzionalità non alterano l’esperienza originale, ma la rendono più accessibile a un pubblico moderno, che potrebbe non essere abituato alla difficoltà inflessibile dei giochi arcade di un tempo. È una scelta intelligente, che permette sia ai veterani di rivivere la nostalgia con un tocco di comodità, sia ai nuovi giocatori di avvicinarsi a questi titoli senza frustrazioni eccessive. Le classifiche online, inoltre, aggiungono un tocco di sana competizione e invitano i giocatori a sfidarsi per il punteggio più alto, proprio come si faceva nelle sale.

Altra opzione notevole è la scelta di accludere di più versioni dei medesimi giochi. L’esempio più lampante è Mr. Heli, presente sia nella sua versione arcade originale che nel porting per PC Engine: tale manovra consente agli appassionati di storia del videogioco di confrontare direttamente le differenze tra le versioni, studiando come le limitazioni hardware delle console dell’epoca abbiano influenzato il game design e la natura delle conversioni. È un dettaglio che rende la raccolta non solo un modo per divertirsi, ma anche una lezione di storia interattiva. L’attenzione ai dettagli, la cura per le opzioni di accessibilità e la valorizzazione del contesto storico rendono questa raccolta un prodotto di alto livello. Non è solo una riedizione, ma un’operazione di preservazione, un modo per assicurarsi che il patrimonio di Irem non venga dimenticato. È un acquisto quasi obbligato per chiunque sia interessato all’evoluzione degli sparatutto attraverso tre declinazioni inconsuete, un’occasione per rivivere la magia di un’epoca passata. Peccato soltanto, ma questa è una critica che ho purtroppo dovuto muovere anche agli altri volumi, per l’assenza di contenuti extra degni di nota come quelli di solito presenti nelle antologie firmate Digital Eclipse, che avrebbero potuto conferire maggior lustro all’operazione senza confinarla ai soli estimatori della software house o del genere.


La Irem Collection Volume 3 brilla per la sua dedizione nel preservare una parte meno conosciuta ma ugualmente affascinante della storia degli sparatutto. Sebbene i giochi non siano tutti capolavori assoluti, la loro unicità e il valore storico che rappresentano sono innegabili. La raccolta è un’ode all’originalità di Irem, un tuffo in un’epoca di pura creatività e innovazione che, al giorno d’oggi, salvo sporadici casi sono colpevolmente lontani.


 

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.