Kill the Brickman Recensione: l’invasione dei mattoni parlanti è appena iniziata

Kill the Brickman - Key Art

Alzi la mano chi non ha mai provato almeno una volta un deckbuilder. In principio c’era Slay the Spire, che nel 2019 unì per primo la costruzione di un mazzo a una struttura roguelike, aprendo la strada a un’infinità di variazioni sul tema: da Monster Train a Inscryption, fino al successo travolgente di Balatro. Titoli capaci di catturare la fantasia di milioni di giocatori grazie a un mix letale di strategia, casualità e costante senso di progressione.

Il panorama indie, però, non si è fermato lì: la flessibilità del genere ha portato a contaminazioni di ogni tipo, alcune riuscite meglio di altre, tra incursioni RPG, puzzle tattici e persino sparatutto in prima persona. Parallelamente, l’onda lunga di Vampire Survivors ha consacrato un altro ingrediente vincente di molti giochi moderni: sessioni lampo che diventano maratone, esplosioni di potenza sempre più folli e quella diabolica vocina che sussurra “ancora una run e poi giuro che spengo“.

Ed è proprio a metà strada tra questi due mondi che si inserisce Kill the Brickman, annunciato e rilasciato a sorpresa durante la gamescom 2025, che tenta di rinnovare la formula mescolando meccaniche da brick-breaker rétro, una spolverata di roguelike e tanto humor nonsense. Scopriamo insieme se, mattone dopo mattone, la casa costruita dal piccolo team americano Doonutsaur poggia davvero su fondamenta solide o finirà in frantumi sotto i colpi del nostro revolver.

Mattone dopo mattone… fino alla crisi di nervi.

Kill the Brickman: quando i mattoni decidono di conquistare la Terra

Alla prima partita è impossibile non lasciarsi strappare un sorriso. L’incipit, che funge da tutorial è tanto spassoso quanto surreale: una legione di mattoni senzienti con facce umane piomba dallo spazio profondo nel nostro caveau per conquistare la Terra. E noi, nei panni di un cowboy spaziale, siamo pronti a fermarli… o meglio, a spaccarli tutti! Serve una buona dose di sospensione dell’incredulità, certo, ma la follia funziona. Il grottesco domina la scena: già dalle prime fasi è chiaro che i Brickman non sono semplici blocchi da abbattere, ma entità assurde che piangono, urlano e reagiscono ai nostri colpi, quasi a suggerire che i veri cattivi, dopotutto, potremmo essere noi. Ne nasce una cornice irresistibile, capace di mescolare ironia, elementi disturbanti e momenti memorabili.

Per farsi un’idea sul gameplay, basta immaginarsi un Arkanoid a turni, dove al posto della pallina troviamo un revolver a tamburo. In ogni round dovremo caricare manualmente le camere con proiettili diversi, ciascuno caratterizzato da effetti unici. Qui entra in gioco la parte da deckbuilder: i proiettili sono le carte del nostro mazzo. Si va dagli esplosivi ad area alle munizioni corrosive che infliggono danni nel tempo, dai colpi duplicanti a quelli che piegano le leggi della fisica.

Anche i tamburi hanno funzioni specifiche che, insieme alle reliquie, donano ai proiettili potenziamenti passivi che cambiano radicalmente l’approccio alle partite. Tra uno stage e l’altro inoltre compaiono missioni extra, nuove munizioni e scelte rischio/ricompensa: oro immediato in cambio di nemici più forti, malus permanenti per ottenere cure e così via. È il classico equilibrio tra strategia e improvvisazione che fa la differenza in questo tipo di giochi.

I Brickman non perdonano. E non stanno zitti.

Kill the Brickman: easy to learn, hard to master

Il tutorial spiega le basi, ma le prime run possono sembrare caotiche e finire prematuramente, lasciandovi spesso con la sensazione di essere stati puniti ingiustamente. Dopotutto, i Brickman non sono bersagli inerti: quando arriva il loro turno, contrattaccano senza pietà. Con un po’ di pratica, però, il gioco mostra tutta la sua profondità. Capire le sinergie tra proiettili, tamburi e reliquie trasforma la frustrazione iniziale in pura soddisfazione. Come nei migliori roguelike, si passa dal “gioco passatempo” a un’esperienza che diventa via via sempre più strategica. E con un minimo di pazienza, le prime soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.

Merita una menzione speciale anche la varietà dei nemici. I Brickman non sono blocchi statici: alcuni avanzano, altri si rigenerano, altri ancora deviano i colpi o erigono barriere. I boss, poi, sono pura follia: da muraglie che si ricompongono a mo’ di Tetris a creature che sfruttano le stesse sinergie che usiamo noi. Ogni scontro diventa un piccolo puzzle che spezza la routine e spinge a riprovare ancora.

Questa creatività nel design dei nemici trova la sua massima espressione nello stile grafico. I Brickman, con i loro volti grotteschi e le animazioni esagerate a metà tra comico e horror, hanno tutte le carte in regola per diventare un fenomeno di culto, capaci di imprimersi nella memoria ben oltre la singola partita.

La pixel art, impreziosita dal filtro CRT, richiama gli arcade anni ’80 e accentua l’anima bizzarra del gioco. Non piacerà a tutti, ma resta un’identità forte e inconfondibile. Anche l’audio segue lo stesso approccio eccentrico: rimbalzi metallici, esplosioni esagerate e urla dei Brickman scandiscono il ritmo delle partite, creando un effetto da sala giochi impazzita che mescola suggestioni rétro e western spaziali. Peccato solo per l’assenza di tracce davvero memorabili da riascoltare fuori dal gioco.

Kill The Brickman
Dietro quegli occhi… solo malta e disperazione.

Una run tira l’altra

La campagna principale non è lunghissima, ma la rigiocabilità compensa. Vero è che il prezzo ridottissimo rende Kill the Brickman un acquisto quasi istintivo: con pochi euro ci si porta a casa un’esperienza fresca e originale capace di regalare ore di divertimento, a patto di non arrendersi alle prime difficoltà, specie per i novizi del genere. Inoltre, la struttura stessa del gioco si presta bene ad aggiornamenti e DLC futuri, con nuove munizioni, tamburi o modalità che potrebbero arricchire ulteriormente l’offerta e mantenerla viva nel tempo.

Per essere apprezzato al meglio, il gioco richiede al momento mouse e tastiera: con il pad i controlli risultano ancora un po’ troppo imprecisi e necessitano di una revisione. Buona invece la traduzione italiana, che riesce ad adattare in modo più che dignitoso i numerosi giochi di parole presenti nella versione originale. Peccato solo che in alcuni passaggi il testo sbordi dai balloon, un problema che con ogni probabilità verrà corretto nei prossimi aggiornamenti.

Infine, due note sul piano tecnico: la pixel art in stile rétro è leggera e gira senza difficoltà anche su configurazioni modeste. L’ottimizzazione è solida, i caricamenti rapidi e il framerate resta stabile persino nelle fasi più caotiche. Un comparto tecnico semplice ma efficace, perfettamente in linea con l’anima indie del progetto e adatto anche a build più datate.


Kill the Brickman è un esperimento fuori di testa che convince. Mischia con naturalezza brick-breaker, deckbuilder e roguelike, e li riveste con un’estetica weird che oscilla tra il grottesco e l’irresistibilmente comico. Il risultato è un loop di gioco unico, capace di trasformare la frustrazione iniziale in soddisfazione pura, mattone dopo mattone. Certo, non mancano i limiti: la curva d’apprendimento può scoraggiare i meno pazienti, i controlli con pad hanno bisogno di una revisione e sul lungo periodo si sente la mancanza di modalità extra. Ma i pregi superano di gran lunga i difetti: il prezzo bassissimo, la creatività del design e la capacità di sorprendere a ogni run lo rendono uno degli indie più atipici e interessanti dell’anno. Se cercate qualcosa di diverso dal solito e non avete paura di sparare a un mattone che piange disperato, allora siete pronti a entrare nel folle universo di Kill the Brickman.