Hell is Us Recensione: questa guerra è una benedizione

Hell is Us

Quando si pensa a Rogue Factor, la mente corre subito a due titoli in particolare: Mordheim City of the Damned e Necromunda Underhive Wars. Entrambi non solo condividono l’ambientazione, incastonata nell’universo di Warhammer, ma sono anche e soprattutto strategici a turni, complessi e impegnativi, per quanto nessuno dei due abbia incontrato troppi favori di critica e pubblico. Non è dunque un caso che l’annuncio di un nuovo progetto, un’avventura d’azione in tempo reale, abbia colto alla sprovvista quanti stavano attendendo notizie sul nuovo progetto dello studio. Hell is Us, infatti, rappresenta una svolta ardita per lo studio, un passo in un territorio per loro ampiamente inesplorato. L’ambizione è palese: trasportare il loro gusto per le ambientazioni cupe e i mondi densi di particolari in un genere completamente diverso. Non si tratta semplicemente di un cambio di rotta, ma di un vero e proprio manifesto di design che mette in discussione le convenzioni degli action RPG, in parte già rielaborate dal filone dei soulslike. Mentre la maggior parte dei titoli mira a guidare il giocatore passo dopo passo, Hell is Us lo invita a perdersi, a ragionare e a guadagnarsi ogni singola scoperta. Un simile approccio, che rischia di alienare una parte del pubblico, è anche la promessa di un viaggio che si fa beffe delle banalità e prova piuttosto a lasciare un segno profondo. La domanda, a questo punto, è inevitabile: un’idea così coraggiosa può tradursi in un’esperienza di gioco convincente, oppure si scontrerà con i limiti di un sogno troppo grande?

Hell is Us
Un paese in ginocchio, straziato dalla guerra e da orrori indicibili

Hell is Us: ti amo, non tornare mai più!

La premessa narrativa di Hell is Us si innesta in un contesto al tempo stesso familiare e inquietante. Ci troviamo nel territorio di Hadea, una nazione dilaniata da una guerra civile, dove l’orrore della violenza umana si mescola alla comparsa di creature aliene e soprannaturali. La storia ruota attorno a Remi, un nativo che è stato portato in salvo da bambino e che ora, adulto, torna in questa terra devastata per ritrovare i suoi genitori e, forse, scoprire la verità dietro queste misteriose chimere. Fin dai primi istanti, il gioco non nasconde le sue sfumature: l’atmosfera è densa, bizzarra e inquietante, con una cupezza che ricorda le ambientazioni post-apocalittiche di opere letterarie come Picnic sul Ciglio della Strada dei fratelli Strugackij, dal quale Andrej Tarkovskij ha tratto ispirazione per il suo Stalker, e GSC Game World si è poi ispirata per l’omonimo videogioco, o la Trilogia dell’Area X firmata da Jeff VanderMeer il cui primo romanzo, Annientamento, è divenuto un lungometraggio diretto da Alex Garland. Se avete un minimo di dimestichezza con le opere citate, capirete subito che non ci troviamo in un contesto sereno e rassicurante, ma veniamo di colpo stretti nella morsa di una minaccia costante e intangibile. Il senso di smarrimento è parte integrante dell’esperienza, e il gioco utilizza ogni strumento a sua disposizione, dalla narrazione ambientale al design dei livelli, per comunicare un’idea di ostilità e disperazione. Le creature nemiche, pallidi umanoidi che si contorcono come marionette e che richiamano non poco una certa “collina silente”, aggiungono un ulteriore risvolto raccapricciante, dimostrando quanto l’estetica del gioco sia strettamente legata alla volontà di trasmettere disagio profondo nel giocatore.

Hadea è stata infatti squassata non solo da un tragico conflitto armato, ma da una piaga ultraterrena conosciuta soltanto con il nome di Calamità. Il ritorno di Remi in patria, malgrado il monito di sua madre gli risuoni ancora cristallino nella testa, è alimentato da una sete inestinguibile di risposte. Il tragitto lo conduce in un paese che non assomiglia a nessun altro luogo sulla Terra: accanto ai cadaveri e alle macerie tipiche di un triste conflitto generato dall’uomo, si aggirano creature orribili e senza volto, esseri misteriosi e crudeli contro cui le armi convenzionali sono inutili. L’avventura di Remi si trasforma rapidamente da una semplice ricerca personale a una crociata per fermare la misteriosa minaccia che incombe sulla sua terra natia, e forse sul mondo intero. Il gioco ci stimola a indagare, a raccogliere indizi e a svelare la verità che si nasconde dietro gli orrori che affliggono Hadea. L’assenza di un racconto diretto e lineare è la prerogativa della narrazione, poiché buona parte della storia viene veicolata attraverso informazioni frammentate, note sparse, iscrizioni sulle rovine e gli stessi scenari in cui ci muoviamo. Tale stile narrativo, quantunque affine a quello tipico dei soulslike, viene gestito in maniera suggestiva, mescolando l’esplorazione e la scoperta con momenti cruciali di dialogo con i PNG, che offrono dettagli vitali per far progredire la trama. È un’indagine profonda in un mondo marchiato da vicissitudini complesse e dolorose, e la soddisfazione di mettere insieme i pezzi del mistero che lo circonda è una delle più appaganti tra quelle regalate dal gioco.

Ogni maceria, ogni nota, ogni silenzio nasconde uno scampolo di verità

Scegli bene la tua prossima mossa

Il vero fulcro dell’esperienza di Hell is Us è l’esplorazione. Abbandonate l’idea di una mappa sullo schermo o di indicatori luminosi che vi guidano verso l’obiettivo: la navigazione si basa interamente sul nostro senso dell’orientamento e sulla capacità di memorizzare i luoghi che visitiamo. Le zone sono di dimensioni moderate, pensate per essere intuitive e facilmente navigabili una volta acquisita l’opportuna familiarità. La sensazione di perdersi, inquadrata in tale contesto, non è frustrante ma rappresenta un invito ad approfondire ciò che man mano portiamo alla luce. Il tablet di Remi, pur fornendo alcune informazioni di contesto, non ci darà mai il quadro completo della situazione, ma solo indizi che dovremo per forza di cose interpretare. È una filosofia che si estende a ogni singolo aspetto del gioco, dalle indagini principali, chiamate Investigazioni, alle missioni secondarie, ribattezzate Buone Azioni. Le prime sono enigmi complessi che spesso richiedono di prendere appunti, un’attività che i giocatori più meticolosi e amanti di un certo tipo di approccio vecchia scuola apprezzeranno. Ad esempio, potremmo trovarci alle prese con un rompicapo basato su una sequenza di piastrelle oppure allineare simboli che narrano la storia di una famiglia, spingendoci a leggere ogni singola iscrizione per ricostruirla nell’ordine giusto. Le Buone Azioni, d’altra parte, sono un vero e proprio trionfo del design. Avete trovato un oggetto e non sapete cosa farne? Un personaggio con cui abbiamo conversato all’inizio del gioco fece menzione di aver perso la speranza di trovare qualcosa di simile. Restituite quanti ritrovato al legittimo proprietario e completate la missione. È un sistema che premia l’ascolto, l’attenzione e la memoria, regalando un senso di genuino appagamento che raramente si trova nei titoli moderni.

A differenza delle speculazioni iniziali, il combattimento di Hell is Us non è totalmente improntato sulla falsariga dei soulslike. L’azione è più simile a un hack and slash che si basa sulla gestione delle risorse e sull’uso strategico di colpi e manovre speciali. Remi è in grado di gestire contemporaneamente fino a otto abilità, quattro Moduli del Drone che ci accompagna e altre quattro come Glifi da incastonare sull’arma, a loro volta legati a uno dei cinque elementi emotivi presenti: Neutrale, Dolore, Estasi, Terrore e Furore, influenzati dalla ruota delle emozioni che lo psicologo americano Robert Plutchik sviluppò negli anni ’80. Ciascuno strumento offensivo corrisponde a un elemento e, di conseguenza, può venire amplificata solo dai Glifi che vi si abbinano. I Moduli sono pensati per consentire a Remi di eseguire attacchi spettacolari, come un affondo in avanti, un attacco ad area o persino un diversivo per attirare l’attenzione dei nemici. I Glifi, invece, offrono attacchi speciali che sfruttano l’elemento specifico, come la possibilità di potenziare i danni, stordire i nemici o persino curarsi. La combinazione di queste abilità, unita a un arsenale modesto ma variegato (spade, lance, asce doppie), offre una cospicua autonomia nella creazione di build. È possibile sperimentare a piacimento, creando combinazioni di Moduli e Glifi che si adattano al proprio stile di gioco. Il tutto è alimentato dall’Energia Limbica, che si ricarica attraverso consumabili e aggiunge un’ulteriore tassello alla gestione dell’inventario, spingendo il giocatore a esplorare per trovare le risorse necessarie.

Hell is Us
Il combattimento non è semplice esecuzione istintiva, ma un connubio tra forza e strategia

Hell is Us: è diventato il mio fardello

Una delle meccaniche più intriganti del combattimento è il sistema di guarigione: oltre agli oggetti curativi, la principale forma di rigenerazione avviene mediante un comando specifico da eseguire con perfetto tempismo. Dopo aver inflitto danni ai nemici, una barra grigia vicino quella della salute indica la quantità che può essere recuperata con la pressione del tasto R1 nel momento giusto, ovvero quando un cerchio di particelle bianche compare brevemente intorno al corpo di Remi. È un meccanismo che richiede pratica ma, una volta padroneggiato, diventa una parte spontanea e gratificante del combattimento: considerato che i danni ricevuti influiscono direttamente su resistenza e movimenti, è fondamentale restare integri il più a lungo possibile. Altro aspetto che spicca in battaglia è la possibilità di parare per rompere la resistenza dei nemici e stordirli, aprendo la strada a un’esecuzione, in maniera analoga (stavolta sì) a come ci hanno abituato a fare tanti action RPG targati FromSoftware. Per quanto la cadenza degli scontri non sia sempre ideali, con occasionali squilibri in termini di frequenza degli stessi che aumentano un po’ artificiosamente la difficoltà, una volta tanto l’intero sistema di combattimento è sufficientemente fresco da risultare gradevole anche dopo diverse ore. Tuttavia, un difetto evidente risiede nella scarsa varietà dei nemici, derivante in primis dalla loro estetica peculiare che si rivela un’arma a doppio taglio: come già accennato in precedenza, sono creature antropomorfe smunte, barcollanti e costellate da buchi inquietanti. Dopo averne affrontate una manciata, però, ci rendiamo ben presto conto che la varietà non è il loro forte e, nonostante anch’esse vengano suddivise per tipologia emotiva e presentino schemi di attacco diversi, l’aspetto visuale ripetitivo rende gli scontri alla lunga monotoni. I boss, altrettanto scarsi in termini numerici, sono purtroppo dimenticabili e non offrono la sfida o la spettacolarità che ci si aspetterebbe, benché le arene che li ospitano siano progettate per essere impegnative. È un peccato perché il combat system avrebbe meritato un approfondimento migliore, ma la struttura del gioco finisce per renderlo più un male necessario che

Il comparto audiovisivo di Hell is Us è decisamente ragguardevole. Sviluppato con l’Unreal Engine 5, il gioco vanta una grafica straordinariamente atmosferica con texture nitide, animazioni fluide e una direzione artistica che cattura perfettamente il senso di disperazione e desolazione voluto dal director Jonathan Jacques-Belletete. Gli scorci di di Hadea tolgono il fiato dallo sconforto che trasmettono: città devastate dove le luci sfarfallano e gli edifici tremano per i bombardamenti, villaggi bruciati avvolti da nebbia e fuliggine, e rovine piene di cadaveri e rifugiati. Ogni scenario è caratterizzato dai suoi dolenti trascorsi, e la ricerca di indizi e oggetti in questi ambienti è sempre un piacere per gli occhi. Il sonoro contribuisce in modo decisivo a foraggiare l’atmosfera inquietante e opprimente che permea il gioco, grazie a una colonna sonora che miscela melodie familiari e tonalità avvolgenti, capaci di accompagnare il giocatore in ogni passo del suo viaggio e di contribuire a intessere un vissuto immersivo e coerente. Sebbene i modelli dei nemici manchino di varietà, il design artistico delle manifestazioni emotive è eccellente, e il modo in cui queste entità si comportano è coerente con il sentimento che rappresentano. Il gioco gira senza particolari intoppi su console, con un’ottima stabilità del frame rate sia in modalità prestazioni che qualità, e sembra essere ben ottimizzato e privo di bug significativi, un fattore davvero lodevole considerato il panorama odierno. Anche se alcuni dettagli, come la lunga sequenza di navigazione del tablet, possono risultare fastidiosi, la facoltà di disabilitarli dimostra consapevolezza e attenzione da parte degli sviluppatori.

Non c’è una guida, non esistono indicatori, siamo soli con il nostro desiderio di scoperta

Guardati, rovinato dalle tue stesse emozioni

Hell is Us è un’esperienza che va oltre la semplice categorizzazione. È un’apologia dell’intelligenza del giocatore, del suo desiderio di conoscere e della capacità di ascoltare e leggere tra le righe. Il design dei livelli è fantastico e la risoluzione delle missioni principali e secondarie regala un genuino senso di appagamento. Il mondo di gioco è affascinante, la storia profonda e ricca di risvolti da scoprire e gli enigmi sono ben congegnati e soddisfacenti da risolvere. Le opzioni di personalizzazione della build, con la vasta gamma di Moduli per il drone e Glifi per le armi, incentivano la sperimentazione con stili e approcci differenti.

Nondimeno, il titolo non è esente difetti, come quelli esplicitati poc’anzi. In aggiunta, alcune storie raccontate dai personaggi secondari non vengono sviluppate come avrebbero potuto, lasciando un po’ di amaro in bocca, soprattutto perché diverse Buone Azioni regalano racconti concisi ma emotivamente intensi. Da segnalare anche l’assenza di una modalità New Game+, quantomeno al lancio, una sentita lacuna per chi vorrebbe rivivere l’avventura con tutti i potenziamenti sbloccati. Al netto delle lamentele, alcune molto personali, devo comunque ammettere che i punti di forza del gioco superano di gran lunga le sue debolezze, e riescono a confezionare una produzione che merita il massimo rispetto tanto per ciò che ha cercato di fare quanto, in larga misura, per ciò che è riuscita a realizzare.


Hell is Us è un’esperienza unica e ambiziosa che si allontana dalle convenzioni moderne del gaming, premiando l’intelligenza e la curiosità del giocatore con una narrazione profonda e un’apprezzabile libertà di esplorazione, condita da una serie di meccaniche e di sistemi piuttosto atipici per il genere. A dispetto delle limitazioni intrinseche legate a una scarsa varietà di nemici e a pochi boss dimenticabili, il suo sistema di combattimento unico, la storia avvincente e la superba direzione artistica lo rendono un titolo da non perdere per chi cerca una sfida e un’esperienza lontana dagli schemi comuni.


 

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.