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Xbox Game Pass: l’ex Bethesda Pete Hines critica il modello in abbonamento

Pete Hines è stato responsabile marketing di Bethesda fino all’ottobre 2023. In una recente intervista concessa a DBLTAP, l’ex dirigente è tornato a parlare dei servizi in abbonamento per videogiochi, dall’Xbox Game Pass di Microsoft al PlayStation Plus, senza dimenticare la formula targata Ubisoft. Un modello che secondo lui mostra limiti strutturali e rischia di danneggiare gli stessi sviluppatori.

Durante la sua permanenza sotto l’ombrello di Microsoft, Hines contribuì a portare titoli come Redfall, Hi-Fi Rush e Starfield su Xbox Game Pass. Una scelta che oggi guarda con un certo rimpianto. “Non lavoro più in nessuna di queste aziende, e quindi non assumo che tutto ciò che sapevo quando ero nell’industria valga ancora oggi” ha raccontato. “Allo stesso tempo, ero abbastanza coinvolto da sapere che stavo assistendo a decisioni miopi già diversi anni fa, e sembra che ora si stia andando proprio nella direzione che avevo previsto.”

Per Hines il problema è alla radice: “Gli abbonamenti sono diventati la nuova parola tabù, no? Non puoi più comprare un prodotto. Se parli di un servizio che si basa sui contenuti, ma non trovi un equilibrio tra le esigenze della piattaforma e di chi la gestisce e quelle di chi fornisce i contenuti – senza i quali l’abbonamento non vale nulla – allora hai un problema serio.”

L’ex dirigente ha ribadito che senza un giusto riconoscimento economico e creativo agli sviluppatori, il sistema rischia di non reggere: “Bisogna riconoscere, compensare e valorizzare davvero ciò che serve per creare quei contenuti, non solo fare un gioco, ma un vero e proprio prodotto. Questa tensione sta facendo male a molte persone, compresi gli stessi creatori, che si trovano inseriti in un ecosistema che non valorizza né ricompensa in modo adeguato quello che realizzano.”

Le sue parole hanno trovato eco anche in Shannon Loftis, ex vicepresidente di Xbox Game Studios, che su LinkedIn ha evidenziato come i giochi soffrano spesso quando entrano su Game Pass, a meno che non siano progettati fin dall’inizio per monetizzare dopo il lancio. “Mentre [Game Pass] può vantare qualche successo con titoli che altrimenti sarebbero passati inosservati (come Human Fall Flat), la maggior parte delle adozioni arriva a scapito delle vendite retail, a meno che il gioco non sia progettato per generare ricavi anche dopo l’uscita” ha spiegato.

Un tema che rimane aperto anche alla luce dei numeri. Microsoft ha dichiarato 5 miliardi di dollari di ricavi generati da Game Pass nell’ultimo anno e, secondo fonti interne, il servizio sarebbe già profittevole nonostante le vendite mancate dei titoli first-party. Tuttavia, i ripetuti licenziamenti lasciano qualche dubbio sulla reale solidità del modello.