Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito Recensione: un mirabile e portentoso caleidoscopio animato

Il primo lungometraggio della trilogia conclusiva di Demon Slayer vi aspetta nei cinema italiani

Demon Slayer Il Castello dell'Infinito

Nel pulsante ventre della fortezza, tra stanze infinite e cangianti, lame e respiri danzano all’unisono verso la battaglia finale. Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito è approdato nelle sale italiane l’11 settembre. Campione d’incassi in madrepatria, dove è diventato il terzo film con maggiori guadagni nella storia del Giappone, segna l’inizio della trilogia cinematografica che andrà a concludere il celebre anime tratto dal manga di Koyoharu Gotōge. La pellicola è diretta da Haruo Sotozaki e realizzata, come la serie, da Ufotable, con la coproduzione di Aniplex, mentre la distribuzione internazionale spetta ad Eagle Pictures in collaborazione con Sony Pictures e la nota piattaforma streaming Chrunchyroll. Quest’ultima ospita nel suo catalogo tutte e quattro le stagioni della serie (dell’ultima trovate la nostra recensione qui).

I pilastri, insieme a Tanjiro ed i suoi compagni, vengono catapultati nella fortezza demoniaca di Muzan Kibutsuji, il Castello dell’Infinito. Un luogo surreale, dagli spazi mutevoli, costellati da trappole ed illusioni, nel quale i Cacciatori di Demoni e le Lune Crescenti superiori danno inizio al loro ultimo e decisivo combattimento.

Demon Slayer Il Castello dell'Infinito
Gyomei Himejima

Fantasmagorie digitali

Primo capitolo della trilogia, Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito ci regala un superlativo carosello audiovisivo, ad alto impatto sensoriale ed emozionale. Dimenticate l’ultimo film della serie (di cui trovate la nostra recensione qui), perché questa volta non si tratta di una trappola per i fan, ma di un adattamento magistrale dell’opera di Koyoharu Gotōge. La pellicola riesce, infatti, nell’arduo compito di risultare narrativamente equilibrata, a suo modo compiuta, lasciando, al contempo, largo spazio agli eventi futuri. Questa solidità strutturale, unita all’eccellente e fantasmagorica qualità tecnica, rende il film un appuntamento cinematografico imperdibile per i fan di Demon Slayer. In tutta onestà vi sconsiglio di rinviare la visione in attesa della distribuzione streaming, in quanto solo l’esperienza in sala permette di apprezzare il lungometraggio nella sua massima espressione. Una trasposizione che tuttavia, è bene specificare, si rivolge esclusivamente a coloro che seguono la nota serie, difatti inevitabilmente non offre punti d’ingresso per i neofiti, i quali difficilmente potranno capire le dinamiche della trama e dei personaggi.

Demon Slayer Il Castello dell'Infinito
Zenitsu Agatsuma

Ammalia al primo sguardo la sublime qualità cinematografica, opera di Ufotable, il celebre studio che tocca, ancora una volta e sempre con Demon Slayer, nuove vette d’eccellenza nel panorama anime. Il film è realizzato in tecnica digitale ibrida, integrando e combinando armonicamente elementi 2D e 3D, con largo uso del cel shading ed una pipeline artistica di grandissimo livello. Un esempio sono i personaggi, come alcuni fondali e kata, disegnati a mano ma su appositi tablet grafici dotati di specifici software. Questo permette di conservare, raffinandola, l’estetica del manga e, al contempo, di implementare ed impreziosire il lavoro attraverso la C.G.I., la quale dona alla poliedrica dimora di Muzan dei dettagli dal realismo impressionante. Capolavoro di computer-generated imagery sono anche le prodigiose le animazioni, fluide e dinamiche, con combattimenti coreografati in modo impeccabile. Haruo Sotozoki ci mostra tutta la sua maestria con la camera digitale libera, regalandoci rotazioni impossibili, piani sequenza virtuali e transizioni dimensionali, che elevano notevolmente l’immersività delle scene. Il Castello dell’Infinito si dispiega plastico e sbalorditivo sotto i nostri occhi, in uno ipnotico caleidoscopio di stanze ed ambienti, che metamorfici, surreali ed illusori mutano al suono del biwa di Nakime, la Quarta Luna Crescente. Splendida la fotografia che giostra sapientemente contrapponendo le luci ed i colori crepuscolari e soffusi, quasi pittorici della fortezza con la palette cromatica vibrante, sfolgorante e vivida dei personaggi e delle loro tecniche. Non è da meno la colonna sonora, eccelsa nel suo ruolo di contrappunto visivo, capace di amplificare energica la potenza emotiva delle immagini, la quale, tuttavia, è anche sapientemente calibrata per annullarsi, mimetica e discreta, dissolvendosi nel tessuto sonoro per lasciare che siano le voci, e talvolta i respiri affannati dei Cacciatori, a raccontare ciò che le note tacciono. Un sound design che fa del silenzio musicale una presenza potente.

Demon Slayer Il Castello dell'Infinito
Inosuke Hashibira

Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito: oltre il conflitto

Spettacolare e coinvolgente Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito si rivela un film scorrevole, scandito da un ritmo ben ponderato che alterna egregiamente sequenze d’azione adrenaliniche a flashback di intensa riflessione introspettiva. La quintana tra presente e passato è gestita con grande perizia, evitando discontinuità e mantenendo sempre chiara la successione degli eventi. Le regressioni temporali sono vitali, in quanto non solo ci permettono di conoscere il passato di alcuni protagonisti, bensì ne approfondiscono la loro sfaccettata caratterizzazione psico- emotiva, risuonando intense nella diegesi narrativa. Un avvicendamento antitetico, ciò nonostante efficace ed incisivo, poiché la tensione del racconto non si spezza mai, ma vibra oscillante in un carosello di frequenze diverse, eppure tra loro armoniche. La stessa euritmia la ritroviamo nella coralità del cast, anch’essa orchestrata con grande equilibrio, aspetto raro in un film così ricco di sottotrame. Il passaggio tra i vari personaggi, infatti, avviene in continuità di soluzione, senza strappi né sovrapposizioni, permettendo a ciascuno di emergere nel proprio spazio e collegarsi l’uno all’altro in modo fluido. Questo duplice alternarsi di cadenza e prospettiva contribuisce a mantenere viva l’attenzione dello spettatore che, pur percependo l’urgenza degli eventi, non viene mai sopraffatto da una gestione caotica, bensì accompagnato con naturalezza lungo il flusso della storia.

In questa magnificenza audiovisiva, non manca qualche imperfezione, come alcune spigolature della trama o quelle dissolvenze a nero un’inezia troppo lunghe. Si tratta, tuttavia, di quisquilie che non scalfiscono la bellezza della pellicola, tanto insignificanti da confondersi nel caos delle battaglie. Di Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito è ingiusto, invece, non sottolineare la forte carica emotiva che attraversa l’intero film, spesso veicolata da dettagli minuziosi e simbolici. In pieno stile giapponese, il sentimento non si impone, ma si insinua con grazia nei gesti, negli oggetti, nella tipologia di lotta degli stessi personaggi. In questa poetica del “non detto”, tipica della sensibilità nipponica, ogni silenzio diventa significante, ogni oggetto un frammento di memoria, ogni gesto una confessione trattenuta. Un esempio emblematico è Akaza, la Terza Luna Crescente, la cui caratterizzazione, insieme a quella di Tanjiro e Shinobu, si distingue per profondità e delicatezza. Senza farvi spoiler vi consiglio di notare la correlazione tra la configurazione grafica delle sue tecniche di combattimento con la forma dei fermagli appartenuti ad una figura del suo passato, un dettaglio che, muto, urla una verità nascosta. Queste minuzie non solo rivelano un’estrema cura, ma contribuiscono a delineare i demoni sotto una prospettiva più prismatica e complessa. Neppure la rimozione dei ricordi, infatti, può cancellare del tutto la loro identità, in loro sopravvive un’umanità inconscia, fragile e persistente, che affiora nei momenti più inaspettati. L’autrice ci invita a guardare oltre la superficie del conflitto, suggerendo che la distinzione tra giusto e sbagliato è spesso più emotiva che etica, più vissuta che imposta. È in questi frammenti che si rivela il particolare, e spesso poco compreso, approfondimento tematico di Koyoharu Gotōge: un’indagine sull’anima che supera il confine tra bene e male, e che trova nel dettaglio la sua voce più autentica.


In un panorama sempre più saturo di effetti e accelerazioni, Demon Slayer – Il Castello dell’Infinito si distingue per la sua capacità di coniugare spettacolarità ed introspezione, tecnica e sentimento. Primo capitolo della trilogia conclusiva della celebre serie, non si limita ad impressionare lo spettatore con le sue sublimi animazioni, ma lo conduce, con la sua narrazione dall’euritmia antitetica, nei meandri proteiformi della fortezza verso ciò che si cela dietro l’azione: il ricordo, la perdita, la memoria che resiste. E così, tra fendenti e respiri, ciò che resta non è solo l’immagine: è l’impronta emotiva che ci accompagna oltre la visione. Un’esperienza cinematografica epica, imperdibile per i fan di Demon Slayer.