Bye Sweet Carole Recensione: l’Horror “disneyano” all’Italiana che incanta

Bye Sweet Carole Recensione

Da bambino avevo il terrore dei film d’animazione ispirati alle fiabe, perché sapevo che ad un certo punto la narrazione avrebbe deragliato del tutto dai binari per fare posto – anche solo per pochi secondi – a scene tutt’altro che fiabesche. Il bosco in Biancaneve, l’Organo parlante nel sequel della Bella e la Bestia o anche la scena del sonnambulismo in Anastasia hanno da prima segnato una parte della mia infanzia e in seconda battuta, nel momento in cui ho iniziato ad approfondire lo sviluppo degli audiovisivi incuriosito per il modo in cui animatori e registi riuscivano a rappresentare il terrore all’interno di un’opera destinata ad un pubblico così vasto. Per questo dopo aver provato il titolo durante la scorsa Gamescom 2025, Bye Sweet Carole (qui il nostro ultimo provato del gioco) divenne uno dei titoli più attesi personalmente per quest’ultima parte del 2025, rimanendone affascinato e a tratti rapito da ciò che Chris Darril ed il resto del team di Little Sewing Machine stavano creando, proponendo una fiaba horror che avrebbe portato le potenzialità di questo mix al di fuori di uno spazio di tempo su pellicola limitato. In particolare, il percorso seguito dal game designer italiano si è distinto per la sua passione per cinema e videogiochi basati sul mondo dell’orrore, esordendo come autore di Project Scissors: NightCry, collaborando con figure come Hifumi Kono e arrivando a raggiungere il successo internazionale con Forgotten Memories e soprattutto con la saga Remothered che firma, dirige e scrive, ispirandosi proprio all’autore dell’immortale Clock Tower. E oggi, quel percorso raggiunge quello che potremmo definire un nuovo capitolo con l’arrivo di questa fiaba interattiva cosparsa di tinte d’orrore nero pece. Scopriamo quindi se questa storia si concluderà con un lieto fine o con un finale agrodolce.

Bye Sweet Carole
Keyart promozionale del gioco

Come una bottiglia di vetro alla deriva

Come ogni fiaba che si rispetti, la storia di Bye Sweet Carole comincia con un classico incipit da “C’era una volta” e tanto di voce narrante dalla voce soave e calorosa, evitando però di addolcire la pillola e buttandoci a pieno all’interno in una riproposizione satirica dell’Inghilterra dei primi anni del XX secolo, un periodo storico di transizione per la società patriarcale che fino ad allora aveva visto gli uomini come gli unici in grado di sognare ed avere aspirazioni: politici, inventori, studiosi che all’improvviso dovettero fare i conti con l’irrefrenabile rivoluzione femminista che stava pian piano cercando di uscire dall’ideale del cosiddetto “Angelo del Focolare” che le confinava a sole mogli, madri o meri oggetti sessuali. Un conflitto sociale che la nostra protagonista Lana Benton vive in prima persona all’interno delle mura dell’orfanotrofio Bunny Hall, un posto in cui le ragazzine beffate dalla vita vengono educate e buttate nel mondo degli adulti come conigli nella foresta. E come ogni bambino “diverso” dal branco, Lana è spesso vittima di scherzi e dispetti da parte delle sue compagne… tranne una. Carole Simmons porta quella che potremmo definire “una ventata d’aria rivoluzionaria” nella vita della dolce e irrefrenabile Lana, stringendo una grande e all’apparenza inseparabile amicizia, alla scoperta delle gioie della cultura e dei nuovi punti di vista. Tutto questo però fino alla misteriosa e inspiegabile scomparsa della ragazza. Lana quindi si ritrova da sola e allo stremo della sua sopportazione per quel mondo così cupo e senza speranza.

Una monotonia che si spezza nel momento in cui i sogni fantasiosi di Lana e una misteriosa lettera d’amore di Carole creano una breccia che intreccerà sogno e realtà, trasportando la giovane all’interno di un viaggio tra il Bunny Hall ed il Regno di Corolla, minacciati dalla nera pece dell’inquietante Mr.Kyn che poco a poco prenderà piede all’interno dell’istituto. E direi che per la sinossi potremmo fermarci qui, per evitare di camminare sul delicato campo minato degli spoiler. Ciò che posso dirvi è che la componente narrativa di Bye Sweet Carole vi prenderà delicatamente per la mano e vi farà vivere un viaggio molto difficile da dimenticare. Non solo per il modo in cui la trama si evolve – facendolo sorprendentemente bene nonostante si utilizzi un canovaccio fiabesco “classico” in cui bene o male il focus della narrazione è rivolto sulla protagonista – ma anche per le tematiche che vengono prese in esame. Durante i 10 capitoli che compongono le sue 8 ore di storia, Bye Sweet Carole ci mostra il percorso di crescita di Lana verso l’accettazione di se stessa in quanto donna e sull’inesorabile scorrere del tempo, un fattore che è l’assoluto cuore dell’esperienza del gioco. Personalmente ho adorato quanto Lana sia stata resa “realistica” dal punto di vista umano, rinunciando quindi allo stereotipo del protagonista infallibile tipico del contesto fiabesco in favore di uno stravolgimento che sono sicuro regalerà ai giocatori momenti e colpi di scena difficilmente dimenticabili.

Del resto basta cambiare prospettiva per avere una lettura completamente diversa

Bye Sweet Carole: horror in pece su rodovetro

Dal punto di vista del gameplay, Bye Sweet Carole prende grande ispirazione dai titoli horror narrativi come Clock Tower o anche lo stesso Remothered (già a sua volta ispirato dall’avventura di Hifumi Kono) per delineare le sue regole survival-horror, rinchiudendo Lana all’interno di un incubo bidimensionale fatto di insidie, puzzle da risolvere e soprattutto mostri inseguitori dal quale sfuggire sarà l’unica opzione disponibile, utilizzando ciò che è presente all’interno dello scenario come arma repellente oppure nascondendosi dentro armadi o punti ciechi per non farsi notare, premendo uno dei grilletti del controller per trattenere il respiro e risultare impercettibile. A questo si aggiunge una seconda dimensione platform che va ad arricchire il level design del titolo e che si attiva nel momento in cui Lana sfrutta la “maledizione” inflittale da Mr.Kyn trasformandola in un agile coniglio, tanto fragile quanto veloce nei movimenti ed in grado di sostenere cadute da una certa altezza e che in forma umana sarebbero state letali e soprattutto effettuare walljump e raggiungere feritoie nascoste per le aree più recondite del Bunny Hall.

Il risultato è rappresentato da un’esperienza di gioco interessante, soprattutto dal mio punto di vista in quanto poco avvezzo al genere horror moderno in cui il Jumpscare viene implementato seguendo una metodologia “un tanto al chilo” e diventa l’unico elemento di interazione nel loro game design. In Bye Sweet Carole questo elemento è ben dosato, limitato alle semplici apparizioni delle creature che ci daranno la caccia, puntando più sul senso soverchiante d’ansia instillato da un ambiente all’apparenza innocente che si piegherà alla nera pece, trasformando il Bunny Hall in una micidiale trappola della morte. I puzzle invece risultano ben realizzati e presentati con la giusta varietà in grado di renderli divertenti e sfidanti ogni volta che compaiono a schermo. Se proprio volessimo sollevare una criticità, essa sarebbe legata ad un livello di difficoltà tutto sommato non troppo elevato, con gli inseguitori che una volta elusi in prima battuta non hanno costituito un particolare problema. Un particolare che mi ha retroattivamente impedito di morire il giusto numero di volte per visualizzare tutte le scene animate dedicate al game over. Tuttavia la possibilità di rigiocare il titolo più volte in cerca di interazioni segrete o evitabili, necessarie per il completismo in termini di achievement guarda caso coprono anche questo desiderio sadico di voler veder morire la protagonista. Che dopotutto è anche uno degli appeal del genere.

Bye Sweet Carole
Si può dire che i momenti più tesi di Bye Sweet Carole sono quelli che vi terranno “col fiato sospeso”

Manifattura d’eccezione

Ovviamente per analizzare la realizzazione tecnica di Bye Sweet Carole, non possiamo non menzionare ciò che ha fatto e farà impazzire i fan dell’animazione che decideranno di lanciarsi nel mondo onirico di Corolla: il modo in cui il gioco prende vita attraverso le tecniche d’animazione tradizionale, con spritesheet, fondali ed elementi di gioco sono tutti disegnati a mano e trasposti digitalmente all’interno di Unity 3D in modo eccelso, dando l’impressione di star assistendo ad un film animato d’altri tempi su pellicola, con tanto di effetto filigrana e colori saturi come se stessi vedendo un film d’animazione ispirato allo stile di Don Bluth direttamente da un vecchio lettore di videocassette. Ma sebbene l’ispirazione stilistica “Bluthiana” sia piuttosto evidente, quella è solo la punta dell’iceberg di ciò che rende Bye Sweet Carole un horror stilisticamente unico, nascondendo reference sia ad altre opere d’animazione ma anche alla cultura pop che siamo sicuri vi faranno sobbalzare davanti allo schermo come DiCaprio in “C’era una volta Hollywood”. Un ulteriore applauso anche alla colonna sonora composta magistralmente da Luca Balboni e che adempie il suo compito di intervallare l’immedesimazione all’interno del mondo fiabesco di Corolla a momenti di tensione e terrore in maniera pressoché fluida e naturale.

A conferma che il mix fiaba-horror psicologico funzioni ci pensa un monster design che riesce – nonostante l’approccio cartoonesco – ad incutere la giusta dose di disagio e inquietudine, soprattutto quando entrano in gioco le capacità trasformiste dell’uomo di pece Mr. Kyn e i modi in cui questo si presenta a cospetto del giocatore. Delude leggermente il doppiaggio italiano o meglio l’approccio al doppiaggio. Non metto in dubbio le abilità di doppiatori come Rossa Caputo, che è riuscita a coinvolgermi all’interno della psicologia di Lana con una performance delicata e d’impatto, ma più che altro per il modo in cui certe battute proposte dai personaggi secondari non sono riusciti a restituire l’impatto che sulla carta avrebbero dovuto dare, come se fossero stare recitate al di fuori del contesto. Probabilmente rientriamo sempre nell’eterno discorso sul come il doppiaggio nel mondo dei videogiochi viene affrontato e che richiederebbe un’intera analisi su questo sito. A cominciare dalle sale di incisione senza schermo o contesto visivo.


E quindi cosa resta di Bye Sweet Carole una volta raggiunti i titoli di coda di questa magnifica fiaba videoludica? Beh per prima cosa possiamo dire che l’esperimento e scommessa di Chris Darril dell’incrocio tra racconto fiabesco e survival-horror è riuscito con più che ottimi risultati, con Bye Sweet Carole che si presenta come un gioco dallo stile originale e memorabile, che potrebbe – un po’ come i classici Disney – interfacciarsi a diverse tipologie di giocatori del genere, dai più veterani a quelli  principianti. Uno spettro che nel bene o nel male ha i suoi (tanti) pregi e difetti, con questi ultimi che risultano quasi del tutto irrilevanti nel momento in cui ci si rende conto del vero valore di questo titolo. Parliamo dunque di una lettera d’amore al mondo dell’animazione tradizionale, ma soprattutto alla vita, e a tutte le sue complicanze e variabili. Una fiaba moderna tutta italiana che parla dell’inarrestabile mutabilità del nostro tempo. 


Game Designer e scrittore, alla fine si è deciso ad aggiornare la propria bio dopo 50 anni di muffa. Perché va bene l'essere "cresciuti a pane e Tekken 2", ma a una certa arriva il momento di "voltare pagina". Non chiedetegli quale sia il suo Final Fantasy o gioco Mega Ten preferito: non ne uscireste vivi!