Simon The Sorcerer Origins Recensione: il ritorno del maghetto pel di carota

Simon The Sorcerer Origins

Quando parliamo delle avventure grafiche che hanno fatto la fortuna del panorama videoludico anni 90′ ci troviamo molto spesso a parlare dei classici intramontabili come le perle firmate LucasArts a la Grim Fandango, The Dig, Full Throttle e ovviamente la saga di Monkey Island, con qualche eccezione illustre come Myst e Broken Sword. Eppure anche quell’epoca celava degli “underdog” le cui origini potrebbero sbalordirvi. In questo caso parliamo della serie di Simon The Sorcerer che in questo 2025 celebrerà il suo 30° Anniversario con dei festeggiamenti che – citando il sempre verde Stanis – avranno un ché di “italiano” e che si concluderanno , nel 2026, con l’uscita di un remake completo del primissimo capitolo uscito nel 1993 e del quale abbiamo avuto una piccola anteprima attraverso Simon The Sorcerer Origins. Un prequel del tutto inedito creato e scritto (con il benestare dell’autore originale) dall’italiana software house ligure Smallthing Studios. Saranno degli auspici da fuochi d’artificio o la festa partirà con qualche intoppo? Scopriamolo! Ma prima… qualche cenno storico!

Simon The Sorcerer Origins
Immagine promozionale del gioco

Simon The Sorcerer: una questione di famiglia

Per capire meglio il valore dietro al lavoro fatto da Smallthing Studios e l’importanza di questo “revival” dobbiamo tornare proprio a 32 anni fa, quando Mike Woodroffe – proprietario della Adventure Software nata a Birmingham come succursale britannica della Adventure International – decise di coinvolgere i membri della sua famiglia, quindi il figlio Simon e la moglie Patricia in un’avventura familiare senza precedenti: sviluppare un’avventura grafica per sistemi MS-DOS e Amiga in puro stile britannico e in grado di competere con i mostri sacri di LucasArts. Simon, che già studiava intelligenze artificiali all’università e aveva un’ampia conoscenza dei linguaggi di programmazione si dedicò allo scripting e gestione del codice di gioco mentre a Patricia avrebbe gestito la folle mente di Mike come assistente alla produzione, formando un piccolo ma prolifico team di sviluppo focalizzato sul dare vita alle avventure di un ragazzino che, durante un giorno qualunque nella campagna britannica, scopre un libro di incantesimi sull’attico della propria casa in grado di aprire un portale per un mondo magico alternativo a quello che noi conosciamo. Un mondo fatto di maghi, troll, creature fantastiche e soprattutto enormi pericoli. Una premessa tutto sommato tranquilla e non molto originale, ma che grazie alle doti narrative di Mike Woodroffe prese una strada del tutto diversa da quella che vi potreste immaginare.

Ancora prima di Jeffrey Katzenberg e David Geffen, Mike anticipò l’ironia di Shrek creando un mondo che parodizza sui classici della letteratura fantasy e fiabesca come il Signore degli Anelli, Rapunzel, Le Cronache di Narnia o Jack e il fagiolo magico, aggiungendoci un pizzico (o una squintalata se vogliamo essere realisti) di umorismo britannico grazie alla forte personalità del protagonista Simon, un tipello dalla lingua piuttosto biforcuta che non si fa problemi nel dire tutto ciò che gli passa per la testa sia verso le persone che incontra sia verso il giocatore, in una sorta di rottura della quarta parete onnipresente che non si fa problemi nel ricordare al giocatore che sta compiendo azioni (o abusi nel caso di scelte sbagliate reiterate) all’interno di un videogioco. Una scelta che ad oggi potrebbe sembrare un cliché un po’ indigesto ma che probabilmente all’epoca fu la chiave di volta che permise alla serie di sbucare dal nulla ed ottenere un piccolo seguito, soprattutto in Europa e diede la possibilità alla serie di espandersi e staccarsi dall’etichetta Adventure International, con due sequel e uno spin off usciti tra il 1997 e il 2002. Con il tramonto della popolarità del genere delle avventure grafiche e il passaggio alle grafiche tridimensionali, Simon provò a sperimentare il passaggio al 3D con Simon The Sorcerer 3D, che allo stesso tempo segnò la fine del coinvolgimento creativo da parte della Famiglia Woodroffe. La serie venne poi ingloriosamente terminata dopo un periodo di passaggio dell’IP da un publisher all’altro senza particolari momenti degni di nota e che portò nel 2014 alla cancellazione di un sesto capitolo. 11 anni dopo la storia di Simon riparte da Chiavari, in Liguria con Smallthing Studios che punta a riportare in auge il mood giocoso e sgangherato di Simon ad un pubblico del tutto nuovo, magari riacciuffando qualche fan della prima ora e portandolo a vivere una storia mai raccontata prima: le origini di Simon e della sua ascesa a mago incredibilmente competente e irriverente.

Simon The Sorcerer
Incredibile come questo sia il risultato dei lavori di una singola famiglia molto intraprendente

Simon The Sorcerer Origins: tutto ricomincia a qui

Come si propone allora questo prequel, non tanto nei confronti del suo corrispettivo originale (in quanto apertamente non ho esperienza) ma piuttosto come avventura grafica a se stante, anche per chi magari sfrutterà queste origini come antipasto prima di entrare a capofitto nel mondo creato da Mike e famiglia? Beh direi che per rispondere a questa domanda dovremo partire con un magico viaggio nel tempo, fino agli anni 80′ sulle note della canzone Together Forever di Rick Astley (che i giovani alla lettura in questo momento potrebbero ricordare per la canzone “Never Gonna Give You Up” o “Rick Roll”), introducendoci ad un Simon in procinto di traslocare in una nuova città, con tutte le difficoltà che un ragazzino della sua età potrà avere nell’adattarsi al nuovo e allo sconosciuto. Ma quella che all’apparenza può sembrare una comune dimora nasconde un portale per un’altro mondo, che scaraventa Simon al suo interno teletrasportandolo in questo mondo fantastico in cui anche i conigli possono diventare delle creature spaventose.

La ricerca di un modo magico per tornare a casa lo porterà all’Interno dell’Accademia per Maghi e a vivere un’avventura incentrata sulla leggenda del Primo Mago, uno stregone molto potente in grado di poter (forse) riportare Simon a casa. Dal punto di vista delle premesse possiamo dire che la trama portata avanti da Smallthing Studios centra in pieno il mood delle opere originali dedicate a Simon, proponendoci personaggi e dialoghi dai caratteri variegati ma rimangono comunque all’interno di una comicità irriverente, con scambi di battute che potrebbero strapparvi più di una risata dopo qualche minuto. A questo va aggiunta anche la mole massiccia di riferimenti alla cultura pop anni 80 che la fa da padrone, al punto da diventare forse un po’ troppo ingombrante. Per il resto però possiamo dire che in quanto a feeling nostalgico i ragazzi dello studio di Chiavari hanno capito il compito e l’hanno portato a termine brillantemente.

Simon The Sorcerer
Fidatevi se vi dico che una bacchetta magica nelle mani di Simon sarà in grado di sconvolgere le fondamenta del regno

Una porta sbattuta sul passato

Dal punto di vista del gameplay mouse (o anche controller se preferite) alla mano Simon The Sorcerer Origins presenta tutti i canoni che compongono l’esperienza di un’avventura grafica, a cominciare dall’impostazione interattiva bidimensionale basata su diversi schemi separati tra di loro, fino all’interazione tra i diversi elementi a schermo e alla combinazione di diversi oggetti in singoli accrocchi necessari per completare gli enigmi che si presenteranno a noi. Sebbene da un punto di vista tecnico queste semplici e solide basi di gameplay lasciano poco spazio ad un qualche tipo di pensiero, bisogna sottolineare come il feeling riscontrato a livello ludico sia – nel bene e nel male – simile a quello di un titolo dello stesso genere proveniente da 30 anni fa. Mi spiego meglio perché potrebbe sembrare una critica un po’ raffazzonata: al di là di una piccola miglioria di Quality of Life che permette al giocatore di evidenziare i punti e gli oggetti interagibili, elementi di gioco come la gestione dell’inventario o del log degli obiettivi sono organizzati in modo troppo semplice e a volte anche confusionario, con momenti in cui una descrizione simpatica avrebbe potuto fornire un indizio in più rispetto al nulla cosmico che caratterizzano le battute passivo-aggressive di Simon .

Per dire, anche in titoli come Bye Sweet Carole che presentano alcuni elementi riconducibili ai punta e clicca, la risoluzione degli enigmi risultava naturale e soprattutto fluida proprio grazie a queste piccole minuzie in grado di fornirci un ulteriore contesto all’interno dell’enigma, soprattutto nel momento in cui tra un passaggio e l’altro dobbiamo mettere in considerazione un possibile e talvolta frustrante backtracking verso altre zone della mappa e che per fortuna è stato agevolato da un sistema di teletrasporti “magici” posizionando una gigantesca puntina sul mondo di gioco.

Simon, mi spieghi perché anche per una semplice lanterna ad olio devo tornare indietro di diverse mappe?

Uno sguardo verso il futuro

Sicuramente l’elemento che permette a Simon The Sorcerer Origins di spiccare rispetto a tutte le altre avventure grafiche moderne è la sua presentazione visiva e sonora, che mette in risalto il talento della manodopera dei creativi di Smallthing Studio nella ricreazione di un mondo che fino ad oggi abbiamo visitato attraversando distese di pixel e qualche rudimentale modello poligonale della prima epoca tridimensionale. In particolare, ho apprezzato lo stile “cartoonesco” scelto sia per le scene animate che per l’intera grafica del gioco, molto vicina sia ai cartoni e film d’animazione degli anni 90, a pelle mi viene da citare il Gigante di Ferro o comunque un qualsiasi cartone che avremmo potuto vedere su canali come Cartoon Network o Nickelodeon.

Il comparto sonoro invece spicca per la sua colonna sonora rimasterizzata, che riprende fedelmente le tracce composte da James Woodcock e con un lavoro di reinterpretazione che Mason Fisher e Giorgio Maioli hanno eseguito in maniera eccelsa. Il pacchetto completo a livello visivo è quello di un riammodernamento visivo di prima eccezione, che parte dagli oltre 15000 frame per le animazioni e toccano il loro apice con la colonna sonora. La base perfetta sulla quale poi sviluppare il remake che vedremo nel 2026.


Come qualunque cosa nel mondo della magia, Simon The Sorcerer Origins è un titolo che bilancia la magia bianca e la magia nera per portare a casa un titolo che tutto sommato riesce a tenersi in piedi e risultare divertente. Da un lato abbiamo il magistrale lavoro messo in piedi dagli artisti di Smallthing Studios – sia alle illustrazioni che alla colonna sonora – nel riproporre sotto una luce del tutto nuova uno degli “underdog” più sottovalutati del panorama videoludico dei tempi che furono. Dall’altro lato, alcune magagne di questi tempi andati si sono prepotentemente riproposte anche ai giorni nostri e hanno reso l’esperienza ludica leggermente anacronistica in termini di flow e godibilità. Per il resto però stiamo sicuramente parlando di una solida struttura sulla quale partire per migliorare o arricchire l’esperienza in vista del remake del primo e iconico capitolo.


Game Designer e scrittore, alla fine si è deciso ad aggiornare la propria bio dopo 50 anni di muffa. Perché va bene l'essere "cresciuti a pane e Tekken 2", ma a una certa arriva il momento di "voltare pagina". Non chiedetegli quale sia il suo Final Fantasy o gioco Mega Ten preferito: non ne uscireste vivi!