Arcade Archives 2 Tokyo Wars Recensione: la battaglia dei cabinati giganti

Tokyo Wars

Gli anni ’90, nel vasto bacino di ricordi a cui attingiamo noi giocatori un po’ più navigati, hanno rappresentato un periodo di transizione burrascoso e affascinante: mentre le console domestiche iniziavano la loro rincorsa verso la supremazia poligonale, le sale giochi mantenevano ancora un vantaggio tecnologico indiscutibile, sfornando cabinet sbalorditivi e spesso dotati di periferiche uniche. Fu proprio in questo contesto che, nell’autunno del 1996, fece il suo esordio Tokyo Wars di Namco, una produzione che, pur non avendo nulla da raccontare in termini di storia o caratterizzazione dei personaggi, catturò immediatamente l’attenzione di quanti mettevano piede nelle fortunate sale giochi che erano riuscite ad accaparrarsi uno o più cabinati, grazie alla maestosità di questi ultimi e all’immediatezza del gameplay. A quei tempi, bastava mettersi ai comandi di un veicolo da battaglia simulato e far saltare in aria quanti più nemici possibile per divertirsi, una filosofia che non sarebbe nemmeno troppo sbagliato rivisitare anche ai giorni nostri: Tokyo Wars, dal canto suo, era l’araldo perfetto di tale pensiero, proponendosi come l’evoluzione diretta, in chiave frenetica e poligonale, di classici immortali come BattleZone e l’ancestrale Combat. A quasi trent’anni di distanza, Hamster Corporation ci riporta in quel fragore  urbano con una conversione per la collana Arcade Archives 2, ma la domanda è inevitabile: il fascino grezzo e la semplicità di una volta riusciranno a fare ancora presa sui giocatori moderni?

Esplosioni in 2D e caos poligonale di un’epoca che non c’è più

Arcade Archives 2 Tokyo Wars: belva di sala giochi

Tokyo Wars è, in sostanza, una gara di demolizione a tempo tra due squadre, i Verdi e i Bianchi. Non c’è trama, non ci sono cinematismi elaborati che ne spieghino il perché: si sale a bordo e si spara. L’obiettivo non potrebbe essere più cristallino: distruggere più avversari possibile prima che il tempo o le unità a nostra disposizione si esauriscano. Iniziamo selezionando la squadra e il tipo di carro armato che vogliamo pilotare, dopodiché veniamo catapultati in una bolgia di cemento, cingoli e cannonate. Le meccaniche sono semplici, efficaci e, soprattutto, esilaranti.

La battaglia si svolge su due soli scenari, una limitazione che avvertivamo già all’epoca, benché non riuscisse a scalfire la pura e semplice gioia della competizione diretta. In primis abbiamo The Bay, il cantiere navale, un’area relativamente aperta che favorisce l’azione immediata ma offre comunque coperture sufficienti per intavolare duelli in stile gatto con il topo, e viceversa. Il secondo palcoscenico bellico, di gran lunga più tattico e interessante, è Downtown, un labirinto urbano di grattacieli e cavalcavia. In quest’ultima mappa, i combattimenti si trasformano da mischie a cielo aperto in vere e proprie guerre affrontate a colpi di manovre evasive e posizionamenti cruciali.

La profondità del gioco risiede nell’uso intelligente delle ambientazioni: il successo non dipende solo dalla mira, ma dal saper utilizzare gli angoli e gli edifici come copertura, anticipando gli attacchi e pianificando le ritirate. La cadenza di fuoco, malgrado non sia rapidissima, impone la gestione oculata di ogni singolo colpo. Scegliere la propria squadra e il carro da comandare è l’unica decisione strategica iniziale, dopodiché sono la coordinazione occhio-mano, i riflessi individuali e un pizzico di fortuna a dettare legge. Tokyo Wars raggiunge il suo apice solo ed esclusivamente quando si gioca contro un avversario umano; affrontare la pur aggressiva Intelligenza Artificiale, infatti, lo priva in fretta del suo mordente competitivo.

La visuale in prima o terza persona e l’insolito setup dei comandi è un approccio che funziona ancora oggi

La guerra privata dei carri virtuali

Come ogni titolo arcade della metà degli anni ’90 che si rispetti, Tokyo Wars è un figlio della sua era, e indossa orgogliosamente tale definizione come una medaglia. La qualità visiva è fedele alla tecnologia 3D emergente dell’epoca, e richiama l’estetica ruvida ma funzionale di titoli come Air Combat 22 e Aqua Jet: i poligoni sono ben visibili, le texture non sono filtrate e l’illuminazione è primitiva, eppure il gioco mantiene una sua chiara leggibilità e un frame rate assolutamente granitico, un fattore cruciale nel caos della guerriglia metropolitana. La cura per i dettagli nell’arena cittadina colpisce ancora oggi, dove riusciamo a notare svariati elementi come alberi e insegne stradali che si sgretolano in maniera realistica sotto i cingoli dei carri armati. Le auto schiacciate esplodono in un tripudio di poligoni e gli effetti grafici bidimensionali, sebbene tecnicamente datati, contribuiscono a infondere un senso di gratificazione immediata tipico dei migliori arcade.

Il comparto sonoro, lungi dall’essere memorabile, possiede comunque un certo fascino, ma la sua efficacia ai giorni nostri è abbastanza divisiva: se da una parte i classici rumori come il rombo dei motori, il sibilo dei proiettili e il fragore delle detonazioni sono vibranti e autentici, dall’altra il sound design legato a doppio taglio al feedback vocale fa storcere il naso. I conflitti vengono scanditi da esclamazioni continue, esagerate e dozzinali, con i soldati virtuali che urlano a destra e a manca quando colpiscono un avversario o vengono danneggiati. È un doppiaggio intenzionalmente caricaturale che dona un tocco di fascino vintage e riflette l’approccio chiassoso delle sale giochi degli anni ’90, ma ci mette ben poco a diventare fastidioso e persino stridente durante le sessioni di gioco prolungate. È un promemoria tangibile di quanto le preferenze sul coinvolgimento acustico dei giocatori siano cambiate da una generazione all’altra.

Le onnipresenti voci dei nostri commilitoni ci perseguitano durante gli scontri a fuoco

Arcade Archives 2 Tokyo Wars: il gettone di ferro

Con la sua collana Arcade Archives, Hamster Corporation ha dato numerose riprove di una maestria quasi artigianale nel riportare in vita i classici, e la conversione di Tokyo Wars, peraltro primissima conversione su piattaforme casalinghe dell’originale, non fa eccezione. L’emulazione è una replica davvero impressionante dell’arcade, con tempi di caricamento minimi che ci trasportano in pochi istanti nel cuore nell’azione. Il porting qui presente introduce una serie di miglioramenti tecnici non indifferenti: un frame rate più elevato, supporto per VRR (Variable Refresh Rate), e opzioni visive che permettono al giocatore di scegliere tra i filtri CRT nostalgici, tanto per calcare la mano sull’autenticità della riproduzione, o un più moderno widescreen. C’è anche una tradizionale modalità Time Attack esclusiva, per quanti desiderano mettersi alla prova partita dopo partita.

L’aspetto più cruciale delle conversioni di questi arcade particolari, tuttavia, è l’adattamento dei comandi. Il cabinet originale esisteva in due versioni, Standard e Deluxe, quest’ultima dotata di schermo da 50″ e base mobile che simulava il rinculo, e utilizzava una configurazione unica per l’epoca: un volante con pulsantiera per sparare e due pedali, acceleratore e freno che configurazione, più affine a un gioco di corse che a un simulatore di carro armato, era sorprendentemente facile da padroneggiare in sala giochi. Gli sviluppatori di Hamster hanno svolto un esercizio lodevole nell’adattare tale schema ai controller moderni, dotandolo di una mappatura degli input flessibile e personalizzabile, e il porting è riuscito a mantenere la sensazione di manovra fluida ma pesante del carro armato. In particolare, la conversione riscatta il gioco originale portando il multiplayer split screen a quattro giocatori sulle console domestiche per la prima volta, un upgrade essenziale che ripristina lo spirito competitivo del titolo. Inutile negarlo, la modalità locale a più giocatori è la vera ancora di salvezza di Tokyo Wars per Arcade Archives 2, poiché riesce a elevarlo da curioso cimelio dedicato a quanti ci avevano già giocato (o avrebbero voluto farlo) in sala a esilarante party game per nostalgici.


Tokyo Wars è un’esplosione di nostalgia e azione immediata che va apprezzata per la sua semplicità brutale. Quantunque la scarsità di contenuti e di arene gli faccia esaurire il carburante un po’ troppo in fretta per il giocatore singolo, la conversione di Hamster Corporation ne esalta la vera essenza con l’introduzione del multiplayer locale a quattro giocatori (solo nella versione Arcade Archives 2), trasformandolo in un diversivo sorprendentemente ipnotico e divertente da giocare in compagnia. Insomma, è una bella reliquia di indubbio valore da aggiungere alla biblioteca di chi cerca quelle sensazioni grezze, caotiche e sincere provate nelle sale giochi degli anni ’90.


 

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.