Hell’s Paradise 2 First Look: l’inferno non ha ancora finito di divorare i suoi figli

Hell's Paradise 2

Ci sono anime che ti catturano con la promessa dell’azione, e poi ti tengono incollato allo schermo perché sotto la superficie sanguinosa nascondono molto di più. Hell’s Paradise: Jigokuraku appartiene senza dubbio a questa categoria. È una serie che, fin dal suo debutto, ha dimostrato di non voler essere soltanto “l’ennesimo battle shōnen dark”, ma un racconto brutale e malinconico sul senso della vita, sulla colpa, sul desiderio di redenzione e sulla paura di essere davvero vivi. E poi Studio MAPPA è ormai una garanzia di alto livello.

Dopo una prima stagione intensa, disturbante e visivamente magnetica, l’attesa per la seconda era carica di aspettative. E proprio grazie a Crunchyroll, ho avuto la possibilità di assistere in anteprima al primo episodio della seconda stagione, un primo assaggio che lascia poco spazio ai dubbi: Hell’s Paradise è tornato, ed è tornato con la ferma intenzione di non fare sconti a nessuno. Prima di addentrarci nelle impressioni su questo nuovo inizio, però, è doveroso fare un passo indietro. Perché l’inferno di Jigokuraku non si capisce davvero, se non ricordiamo da dove siamo partiti.

L’inferno fiorito regala una vista paradisiaca

Un recap necessario: l’inferno fiorito della prima stagione

La prima stagione di Hell’s Paradise ci ha catapultati in un Giappone feudale sporco, crudele e profondamente disilluso. Al centro della storia troviamo Gabimaru, ninja del villaggio di Iwagakure, soprannominato “Gabimaru l’Arido”. Un assassino perfetto, temuto da tutti, apparentemente privo di emozioni e rassegnato alla morte dopo essere stato catturato dallo shogunato. Eppure, sin dai primi episodi, è chiaro che qualcosa non torna. Gabimaru vuole morire, ma allo stesso tempo non riesce a farlo davvero. Il suo corpo resiste alle esecuzioni più brutali, quasi fosse trattenuto al mondo da un legame invisibile. Quel legame ha un nome preciso: sua moglie. Una presenza che non vediamo mai direttamente, ma che aleggia costantemente nei suoi pensieri, rendendo Gabimaru un personaggio molto più fragile e umano di quanto la sua fama suggerisca.

Lo shogunato, nel frattempo, organizza una spedizione disperata verso un’isola leggendaria: Shinsenkyo, un luogo che dovrebbe ospitare l’Elisir dell’Immortalità. Un paradiso sulla carta, ma che si rivelerà presto un vero e proprio inferno biologico e spirituale. A questa missione vengono assegnati i peggiori criminali del Giappone, ognuno affiancato da un boia del clan Yamada Asaemon, incaricato di sorvegliarli… e di decapitarli al primo segno di tradimento. Tra questi boia spicca Sagiri, una donna in un ruolo dominato dagli uomini, costretta a dimostrare il proprio valore in un sistema che la guarda costantemente con sospetto. Il rapporto tra Sagiri e Gabimaru diventa uno dei fulcri emotivi della stagione: due persone spezzate, che riflettono in modo diverso sul significato di vivere e morire.

Man mano che i gruppi di condannati si addentrano nell’isola, Hell’s Paradise abbandona progressivamente le strutture narrative più classiche per abbracciare un orrore sempre più astratto. Piante che si nutrono di carne, creature ibride, corpi che fioriscono, e soprattutto i Tensen, entità apparentemente divine che governano l’isola e incarnano un concetto disturbante di immortalità. La serie introduce anche il concetto di Tao, un’energia vitale che permea ogni cosa e che diventa la chiave per comprendere sia il potere dei Tensen sia la possibilità, per gli esseri umani, di opporsi a loro. È un’idea affascinante, che mescola filosofia orientale, misticismo e body horror in modo sorprendentemente coerente. La prima stagione si conclude lasciando molte ferite aperte: alleanze fragili, personaggi segnati nel corpo e nello spirito, e la consapevolezza che l’isola non è soltanto un luogo da cui fuggire, ma uno specchio crudele dell’animo umano.

Jikka del clan Yamada

Il ritorno a Hell’s Paradise: un primo episodio che non perde tempo

Il primo episodio della seconda stagione riprende esattamente da questo clima di incertezza e tensione. Non c’è una vera “ripartenza morbida”: Hell’s Paradise non ha alcun interesse nel riaccompagnare lo spettatore per mano. Siamo di nuovo sull’isola, e il messaggio è chiaro fin dai primi minuti: nessuno è al sicuro, nemmeno lontano dal fronte. L’episodio si apre con Jikka del clan Yamada, reduce dalla spedizione precedente, che fa rapporto agli ufficiali dello shogunato. Il suo racconto è tutt’altro che rassicurante: Jikka descrive l’isola come qualcosa che non dovrebbe nemmeno essere considerato parte di questo mondo. Non è solo pericolosa, è sbagliata. Una terra che infrange le leggi naturali e morali, e che forse andrebbe semplicemente lasciata a sé stessa.

Il contrasto tra il suo tono allarmato e l’atteggiamento freddo degli ufficiali è emblematico. Qui Hell’s Paradise torna a colpire uno dei suoi temi centrali: l’ottusità del potere. Per lo shogunato, l’isola non è un abominio, ma una risorsa. Un rischio calcolato. Un sacrificio accettabile. In questo contesto emerge Shugen, visibilmente contrariato dall’atteggiamento di Jikka. Il suo sguardo non è solo di disapprovazione: è quello di chi teme che la paura possa diventare contagiosa. Una crepa nel sistema, da sigillare il prima possibile. La decisione è rapida e brutale: verrà inviata una nuova spedizione, composta dagli shinobi di Iwagakure, un clan noto per la sua letalità… e destinato, fin da subito, a essere percepito come carne da macello.

Lo sguardo contrariato di Shugen dice tutto

Sagiri, Gabimaru e il peso delle scelte

Parallelamente, l’episodio torna a concentrarsi su Sagiri, che dimostra ancora una volta di essere uno dei personaggi più interessanti della serie. Lontana dall’essere una semplice figura di supporto, Sagiri è animata da una volontà precisa: riunire il gruppo e lasciare l’isola insieme. Un’idea che, in un contesto come Jigokuraku, suona quasi utopica. Sagiri cerca di convincere Yuzuriha, Shion e Nurugai a seguirla. Non è solo una questione di strategia, ma di principio. Sagiri non vuole che Gabimaru continui a combattere da solo, non vuole che l’isola continui a spezzare i legami umani uno alla volta. È una posizione fragile, forse ingenua, ma profondamente coerente con il percorso che il personaggio ha intrapreso nella prima stagione.

Nel frattempo, la narrazione si sposta su Gabimaru, accompagnato da Mei, Fuchi e Gantetsusai, diretti verso il castello di un Tensen. Ed è qui che l’episodio alza decisamente il ritmo. L’incontro con Chobei e Toma è immediato, e lo scontro tra Gabimaru e Chobei esplode senza troppi preamboli. È un duello fisico, sporco, carico di provocazioni e colpi di scena: botte da orbi ed entambi non se le mandano di certo a dire. Hell’s Paradise continua a eccellere nel rappresentare combattimenti che non sono mai semplici dimostrazioni di forza, ma veri e propri scontri di ideologie. Chobei è arrogante, violento, convinto della propria superiorità. Gabimaru, al contrario, combatte con una calma quasi inquietante, come se ogni colpo fosse solo un altro passo verso una fine che non riesce a raggiungere. E poi c’è Mei, che ci ricorda che Chobei ce l’ha molto grande… il Tao. Anche Toma decide di lanciarsi sul restante del gruppo con la sua spada, il suo obiettivo primario è Gantetsusai sottovalutato dall’assenza di un braccio. Ma anche qui ha fatto i conti senza l’oste. L’errore di sottovalutare un guerriero menomato è uno dei classici del genere, ma Hell’s Paradise riesce comunque a renderlo efficace, grazie a una regia che valorizza la fisicità e l’esperienza del personaggio.

Gabimaru, detto l’Arido in azione

Animazioni, regia e atmosfera di Hell’s Paradise: continuità e maturità

Dal punto di vista tecnico, questo primo episodio conferma quanto di buono visto nella stagione precedente. MAPPA mantiene uno standard elevato, soprattutto nelle scene di combattimento, dove la fluidità delle animazioni e il peso dei colpi restituiscono una sensazione di brutalità concreta. L’uso dei colori rimane uno dei tratti distintivi della serie: toni naturali e soffocanti per la giungla, contrasti violenti durante gli scontri, e una gestione della luce che accentua costantemente la sensazione di pericolo. Anche la colonna sonora accompagna l’episodio con discrezione, lasciando spesso spazio al silenzio e ai suoni ambientali, che risultano quasi più inquietanti della musica stessa.

Cosa ci aspetterà durante l’arco di questa stagione? Quante difficoltà dovrà affrontare l’arido Gabimaru? Non ci resta che attendere l’uscita della seconda stagione prevista l’11 gennaio 2026 su Crunchyroll, con gli episodi che come di consueto verranno proposti a cadenza settimanale, più nello specifico, ogni domenica.

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Questo primo episodio della seconda stagione di Hell’s Paradise non rivoluziona la serie, e aggiungiamo, per fortuna. Al contrario, rafforza tutto ciò che ha reso Jigokuraku un anime così particolare: la violenza come linguaggio narrativo, l’introspezione dei personaggi, e un mondo ostile che non concede redenzioni facili. Grazie a Crunchyroll ho potuto assistere in anteprima a un episodio che dimostra grande sicurezza nei propri mezzi. Non cerca di stupire a tutti i costi, ma costruisce con pazienza le basi per una stagione che si preannuncia ancora più intensa, sia sul piano emotivo che su quello narrativo. Se questo è solo l’inizio, l’inferno ha ancora molte cose da dire. E noi, volenti o nolenti, siamo pronti ad ascoltarle.