The Lonesome Guild Recensione: cronache di un’amicizia contro l’oblio

L’industria videoludica italiana continua a dimostrare una vitalità sorprendente, trovando spesso la propria forza nella capacità di coniugare sensibilità narrativa e competenze tecniche concrete. Un esempio emblematico di questo percorso è rappresentato da Tiny Bull Studios, realtà torinese che negli anni ha saputo evolversi con produzioni di piccolo calibro come Blind e i due capitoli di Omen Exitio, tutte dotate di una forte identità autoriale. Con il loro ultimo progetto, The Lonesome Guild, lo studio ha compiuto un salto di qualità significativo, non solo in termini di ambizione produttiva ma anche di posizionamento sul mercato internazionale. Fondamentale in tal senso è stata la partnership con Don’t Nod, l’editore e sviluppatore francese celebre per titoli che mettono al centro emotività e scelte morali. Non si tratta di un sodalizio nato per caso: il team francese ha individuato nel lavoro della compagine piemontese una perfetta affinità elettiva, vedendo in questa avventura fantastica un’estensione naturale della propria filosofia editoriale focalizzata su storie toccanti e profonde. Grazie a questa collaborazione, il titolo ha potuto beneficiare di un supporto distributivo e comunicativo di alto profilo, permettendo a un’opera profondamente intima e, per certi versi, temeraria di raggiungere una platea globale.

The Lonesome Guild
L’alternanza tra i membri della gilda è fondamentale per attivare le sinergie di squadra

The Lonesome Guild: sinfonie di squadra

L’approccio di The Lonesome Guild si allontana dai canoni del tradizionale gioco di ruolo d’azione, allontanandosi dai livelli di potenza del singolo individuo per abbracciare una filosofia di mutuo soccorso. Il giocatore coordina un gruppo di personaggi che devono necessariamente agire all’unisono per sopravvivere alle minacce del mondo di Etere, poiché il fulcro delle battaglie è il sistema di sinergie: l’efficienza sul campo non dipende solo dalla rapidità nei riflessi, ma dalla capacità di alternare i protagonisti nel momento opportuno. Le abilità speciali servono a potenziare i compagni, sottolineando anche meccanicamente il tema della solidarietà. Sotto questo aspetto, il titolo richiama da vicino le dinamiche di Valkyrie Profile e Indivisible, dove il successo negli scontri derivava proprio dalla concatenazione dei talenti individuali dei membri della squadra. Tuttavia, dopo un po’ il combattimento tende a mostrare il fianco alla ripetitività, poiché la progressione dei personaggi appare a tratti statica, mancando di quella profondità evolutiva che avrebbe garantito una maggiore varietà tattica. Inoltre, sebbene l’azione sia stimolante e accessibile, si avverte talvolta una certa macchinosità nei comandi che rende le collisioni meno precise di quanto ci si aspetterebbe.

Il ritmo dell’avventura è scandito da un’alternanza ben studiata tra fasi esplorative e una forte componente deduttiva legata alla risoluzione di rompicapi che, lungi dall’essere dei semplici ostacoli isolati, sono spesso strutturati come meccanismi complessi che richiedono la piena comprensione dei talenti unici di ogni membro della gilda. Alcuni di essi si basano sulla manipolazione degli elementi naturali, dove il ghiaccio, la luce o la gravità devono essere alterati attraverso la cooperazione dei protagonisti, una struttura familiare che richiama la logica cooperativa vista in titoli come It Takes Two, sebbene qui declinata in un’esperienza per giocatore singolo dove si controllano più unità. La difficoltà cresce in modo organico, passando da semplici leve a puzzle ambientali che occupano intere stanze, costringendoci a un continuo esercizio di osservazione. È una varietà sufficiente per impedire alla struttura di diventare monotona, anche se la scelta di non includere una mappa sempre accessibile costringe a un orientamento puramente mnemonico che può risultare stancante quando dobbiamo fare ritorno nelle zone già visitate.

In assenza di una mappa fissa, l’orientamento si affida totalmente all’osservazione

L’estetica del crepuscolo

Visivamente, l’opera di Tiny Bull Studios è un piccolo gioiello artistico che punta tutto su un’atmosfera inquietante al tempo stesso incantevole e angosciosa. La scelta di adottare uno stile ispirato alle illustrazioni tradizionali crea un impatto notevole, capace di catturare l’attenzione fin dalle prime battute. Le ambientazioni sono ricche di dettagli evocativi che raccontano la decadenza di un universo sull’orlo dell’oblio, mescolando ingredienti fiabeschi a toni decisamente più cupi a partire dal design dei personaggi e dei nemici legati alla Solitudine, distintivo e ricco di personalità. Ogni scenario, ogni singolo fondale assume le fattezze un acquerello in movimento, capace di evocare emozioni forti attraverso la semplice composizione cromatica. Ciascuna zona possiede una propria palette dominante che ne riflette il tema centrale, passando da foreste rigogliose a rovine spettrali, una cura per l’estetica che serve a veicolare costantemente il senso di isolamento che i protagonisti cercano di fronteggiare.

Il comparto audio segue una linea minimalista ma estremamente efficace nel sostenere il peso emotivo del racconto. La colonna sonora non cerca mai di sovrastare l’azione, bensì preferisce accompagnare i passi del giocatore con melodie delicate che sottolineano i momenti di riflessione. I brani cambiano in base alla situazione, intensificandosi durante gli scontri o diventando quasi impercettibili durante le pause narrative. Un risvolto abbastanza divisivo riguarda la gestione del silenzio e l’assenza di doppiaggio: se da un lato questa scelta, purtroppo dettata dal budget ridotto dell’intera produzione, accentua il senso di emarginazione, dall’altro penalizza alcuni passaggi chiave della storia che avrebbero altresì beneficiato di un paesaggio sonoro più incisivo. I suoni ambientali contribuiscono a creare un’atmosfera densa e quasi palpabile, sebbene la ripetitività di alcuni effetti durante gli scontri possa risultare alla lunga stancante. La musica riesce comunque nell’intento di catturare l’essenza delle dinamiche tra amici, una cornice ideale per una storia che fa della fragilità e della vicinanza i suoi punti di forza.

The Lonesome Guild
I momenti di pausa attorno al fuoco servono anche a coltivare i legami tra i personaggi

The Lonesome Guild: anatomia di un legame

Ulteriore differenza rispetto a tanti altri suoi analoghi è il modo in cui l’amicizia tra i personaggi viene coltivata: oltre i classici dialoghi a scelta multipla, abbiamo a disposizione un sistema integrato dove il superamento della solitudine e la costruzione di legami solidi diventano l’obiettivo primario del viaggio. La scrittura si sofferma molto sulle dinamiche umane nel tentativo di trasmettere un messaggio positivo di solidarietà e connessione empatica. In tal senso, riusciamo maggiormente a immedesimarci nelle vicende di una gilda che sembra quasi una famiglia elettiva, cosicché persino i momenti di stasi narrativa risultano carichi di significato. Tuttavia, questa insistenza sui legami porta a una gestione delle missioni secondarie talvolta sbilanciata: mentre alcune prove approfondiscono i traumi dei protagonisti, altre scivolano verso compiti più banali, rischiando di diluire la forza del messaggio principale. L’antagonista del gioco non è solo un’entità materiale, ma una rappresentazione metafisica dell’isolamento, una trovata che ha consentito agli sviluppatori di affrontare temi maturi e inusuali per un gioco di ruolo d’azione, come la lotta interiore per non sentirsi soli in un mondo che sta svanendo. L’atmosfera che ne deriva è densa di malinconia, un principio che permea ogni scontro e lascia emergere alcune affinità con altre opere emozionali al pari di Gris, specialmente nel modo in cui l’ambiente circostante reagisce e si trasforma in base allo stato psicologico dei protagonisti.

Purtroppo, nonostante la premessa affascinante, la narrazione tende a diventare confusa nelle fasi centrali, introducendo concetti che non sempre trovano una spiegazione esaustiva e potrebbero deludere chi è sempre alla ricerca di un razionale di qualche tipo, seppur effimero, mentre faranno la gioia di quanti accettano di farsi trasportare dalle sensazioni senza eccessive elucubrazioni. L’esperienza complessiva oscilla dunque tra l’eccellenza estetica e alcune incertezze strutturali: se da un lato abbiamo un mondo meraviglioso e ben costruito, dall’altro si nota una certa mancanza di rifinitura in settori chiave come lo sviluppo della trama e la varietà delle situazioni proposte. La progressione dei personaggi rimane troppo lineare, impedendo di personalizzare il proprio stile di gioco in modo significativo. È però doveroso lodare il coraggio di Tiny Bull Studios nell’affrontare temi complessi come la privazione del sonno o la paura dell’abbandono, confezionandoli in un’avventura che, pur con i suoi difetti, risulta profondamente onesta. The Lonesome Guild riesce a superare le criticità che lo affliggono grazie a un’identità forte e a un’atmosfera che difficilmente lasciano indifferenti, confermandosi come una delle proposte più originali del panorama indipendente, tricolore e non, degli ultimi tempi.


The Lonesome Guild indossa le lodevoli vesti di un’intrepida avventura che riesce a trasformare concetti astratti in meccaniche di gioco concrete. Pur soffrendo di controlli talvolta goffi, di una struttura delle missioni secondarie a tratti ridondante e dell’assenza di una mappa fissa, il titolo brilla per una direzione artistica superba e per la capacità non comune di raccontare l’importanza dei legami umani. Lo studio torinese ha confezionato un prodotto solido e ispirato, ideale per chi cerca un’opera che privilegi il sentimento e le emozioni rispetto alla pura forza bruta.