DMC: Devil May Cry: la Recensione di VMAG

Arriva per tutti il momento di cambiare, di “svoltare”. O di ritrovare più semplicemente se stessi, “il proprio io”. Difficile pensare che ci sia qualcuno, tra quelli tra voi intenti a leggere queste righe, che non abbia mai giocato (attivamente o meno) un episodio della saga di Devil May Cry… Questo masterpiece del genere hack’n’slash partorito dalla contorta immaginazione di Hideki Kamiya rimbomba da oltre una decade, nella hall dell’industria dell’intrattenimento elettronico. Quell’enorme salone dalle colonne gotiche e imponenti arazzi dai riflessi aristocratici, popolato da sole produzioni milionarie… dove imporsi con idee originali e coraggiose rappresenta il più delle volte un tabù e un azzardo mal ripagato.

Eppure Capcom, major nipponica dalle rigide e incravattate strategie di mercato, decide improvvisamente di lasciarsi andare e spalanca il suo imponente portone a Ninja Theory, un gruppo di giovani e inglesissimi sviluppatori tutto rock e birra doppio molto, nel perfetto stile di Cambridge. La vera sorpresa, però, è che proprio personalità così diverse da quelle che hanno contribuito alla nascita e alla crescita del giovane cacciatore di demoni, siano riusciti infine a restituirgli l’appeal smarrito nel corso degli anni, tra una iterazione e l’altra.

Ed ecco un Dante tutto UK, canotta e parka alla Sid Vicious, che si prodiga in una serie di sezioni platforming ben più articolate che in passato e arricchisce la scena tra provocazioni ai fan più conservatori della saga, e una componente narrativa ben più imponente della flebile trama messa su per il (comunque discreto) quarto capitolo made in Capcom.

Portata principale di ogni menù in casa Ninja Theory, come testimoniava anche il tristemente poco apprezzato Enslaved, la storyline di DMC: Devil May Cry riesce a coinvolgere fin dai primi rocamboleschi minuti, senza mai sovrastare un gameplay veloce e fedele a quello che definì al tempo il primo episodio come una vera e propria pietra miliare del suo genere.

Grazie a un combat system articolato e allo stesso tempo intuitivo, con l’ausilio di soli due-tre tasti per l’esecuzione della maggior parte delle devastanti combo a disposizione, e un arsenale ricchissimo e variegato, non si scade mai nella monotonia. Con la maggior parte delle combinazioni di tecniche più accessibili che in passato potrete creare sequenze sempre diverse e dar vita a coreografie che farebbero invidia a tigri e dragoni, il tutto senza dover per forza sfoggiare un talento da puro hardcore gamer.

Già, perché qui sarà tutta una storia di riflessi più che di memoria. Non sarete mai ancorati a una singola specialità in combattimento, ma potrete decidere voi quanti e quali potenziamenti acquistare per le armi che troverete andando avanti nella storia. Sebbene poi le orb per pagare gli upgrade si guadagnino piuttosto facilmente, la quantità di armi e la vastità di mosse e di combinazioni vi “costringerà” amabilmente a confezionare uno stile di combattimento unico e personale, plasmandolo letteralmente attorno al vostro “carattere”. In fondo, proprio ciò che ti aspetti da un hack’n’slash degno di questo nome, genere che col passare del tempo è finito per incappare una serie di “template” standard da riempire con comandi e tecniche consone alle mode del momento.

Per fortuna il nuovo Dante è un nefilim, un ibrido tra due antiche razze: angeli e demoni, luce e oscurità, bene e male. Questa genesi “bastarda” gli permetterà di usare le abilità di entrambe le specie, con armi imbevute ora di potere angelico ora di quello dei seguaci di Lucifero, inefficaci contro alcuni nemici e allo stesso tempo devastanti contro quelli più appropriati. Una saggia scelta per l’economia del gameplay, che si espande verso lidi ben più strategici che in passato. Le orde demoniache spesso includeranno nel mucchio sia nemici demoniaci che angelici, per rendere il più movimentato possibile ogni scontro all’arma bianca, e non sarà raro ritrovarsi di fronte a un demone impossibile da danneggiare con i colpi normali… lasciandoci il piacere di scoprire l’unico punto debole capace di penetrare le sue difese.

Ma è proprio nell’apice dell’esplosiva danza di fendenti e parate che DMC: Devil May Cry mette il punto sulla frenesia fatta gameplay di questa generazione. Basti pensare all’Ophion, un gancio che in versione demoniaca colpirà a distanza i nemici, e in versione angelica invece li attirerà verso di voi. Alternando le sue invidiabili funzioni all’uso delle armi da mischia e delle pistole potremo dar vita a combattimenti senza un attimo di pausa, che sfrutteranno gli ambienti da ogni angolazione e daranno vita a pirotecnici balletti.

Aggiungete la possibilità di bloccarsi a mezz’aria, e finirete a svolazzare per lo schermo, nel bel mezzo di un’orgia di nemici, trascinandovi da un nemico all’altro con l’Ophion nel tentativo di realizzare combo perfette e senza interruzioni. Una scena fedele senza alcun compromesso allo spirito originale della serie, che riesce a non appesantire futilmente la sua natura. Un simile discorso può esser fatto anche per trama e ambientazione. Dante è sempre il solito, ma intorno a lui ora si dipana una storia meno “giapponese” nell’anima e più vicina alla nostra sensibilità occidentale. Combatte contro giganteschi avatar olografici di anchorman televisivi, sfida un demone dalle fattezze di un grasso e perfido magnate industriale, si muove a suo agio in una discoteca tra un drink e spogliarelliste in perfetto cosplay da angeli lussuriosi.

Di sicuro uno scenario atipico e distante dai suoi predecessori (che di fatto neanche costituiscono un precedente, data la natura di puro reboot sfoggiata dal titolo Ninja Theory) ma che si apre piacevolmente a spunti di riflessioni per lo più assenti nella quadrilogia originaria, ben più teenager oriented e stantia nella semplicità degli “argomenti” affrontati. Le cut-scene, ricche di pathos e doppi sensi, a volte arrivano a sfiorare momenti di poetica ispirazione, intervallando le brutali sessioni di dup-step e combo aeree che dipingeranno sorrisi sornioni sui volti degli amanti dell’adrenalina a flebo continua. Il passaggio tra il mondo reale e quello “spirituale”, sebbene rappresenti un cliché degli action game in terza persona, non solo si rivela quasi sempre di grande effetto ma anche capace di accelerare senza alcun preavviso il ritmo di gioco. Mutevole e distopica, questa dimensione alternativa permetterà a pavimenti e interi palazzi di muoversi nell’etere, scandendo il tempo di ogni fendente, ogni salto, ogni caduta. Una surreale sospensione di gravità e punti di riferimento che tra bagliori incandescenti, geniali prospettive e soggioganti giochi di luce si appunta al petto la targhetta di vero e proprio elemento distintivo del nuovo Devil May Cry.

E se proprio non fosse abbastanza per le vostre pupille, incapaci di soffermarsi su sottigliezze come qualche texture in low-res o una parvenza di aliasing che attanaglia alcune delle sezioni di gioco, le forme sinuose della bella Kat (la nostra dolce iniziatrice all’interno dell’Ordine in lotta contro il male), sempre generosa nel distribuire una fragrante sensualità a buona parte delle cut-scene, riuscirà a “distrarvi” quanto basta per evitar di essere troppo pignoli e severi.

Almeno per quanto riguarda la componente maschile del pubblico di questa moderna Divina Commedia dagli ascessi punk e industriali… sebbene neanche il gentil sesso potrà riuscir a resistere ai profondi occhioni di questa vera e propria reincarnazione dell’irrequieta Kai di Heavenly Sword. La nostra discesa all’inferno sarà poi condita con gusto da un Vigil in salsa Wesker più bravo nelle parole che nei fatti, ma indubbiamente capace di donare spessore nelle numerose linee di testo che accompagneranno la nostra visita guidata ai gironi di papà Lucifero. In fondo, tra tutta questa bontà da centro benessere a cinque stelle, anche i fan più scettici e reticenti finiranno per sciogliere nervi e muscoli, lasciandosi andare nonostante le nuove e ripudiate vesti del loro beniamino preferito.

Anche perché, tutto sommato, ad attenderli ritroveranno diverse nuove conoscenze come la Rebellion, l’Ebony e l’Ivory: tutto quello che serve, insomma, per scaraventare fantocci nell’aria e mantenerli a pochi centimetri dal soffitto con tonnellate di piombo infuocato. Per loro, in fondo, sarà come gustare una portata dall’aspetto non proprio invitante ma che si rivela ben più saporita della più rosea e ottimistica delle previsioni. Una sinergia tra occidente e oriente, tra buoni propositi e candide speranze, quella che si manifesta come per magia in DMC: Devil May Cry. E ogni ostilità e divergenza tra queste due culture oggi si assottiglia per sparire in un bagliore di fumo fluorescente, come i cattivi dei film Disney. Ma lasciate i “musical” nei titoli di coda alla casa del topo più famoso del mondo, mettete su del sano Heavy Metal e preparatevi a far colazione con pane e demoni… What the hell!