Injustice: Gods Among Us: la recensione di VMAG

Far collidere il mondo dei videogiochi con quello dei fumetti non è una cosa semplice. A ben vedere, per quanto la pratica negli anni sia stata comune, i risultati si sono spesso scontrati con due fattori: mediocrità e malcontento. Il primo inevitabilmente figlio di uno sviluppo sovente frettoloso o pressappochista, spinto più che altro da necessità imposte dal marketing e dal denaro (pensate ai tie in e simili). Il secondo, invece, è frutto specificatamente dell’utenza la cui attesa nei confronti di un titolo con protagonista uno dei propri beniamini si è spesso sublimata in una delusione cocente. Gli esempi, si diceva, sono stati tanti e ecco perché all’annuncio di Injustice: God Among Us le perplessità erano tante. È pur vero che gli abilissimi ragazzi di NetheRealm avevano già affrontato la sfida di un picchiaduro con protagonisti i personaggi DC, tuttavia proprio in quel caso il malcontento fu alto e non salvò il gioco (comunque più che buono) da ondate di critiche. Il presupposto è semplice: sarà riuscito il team di Mortal Kombat a creare un gioco che permei del carisma dei più popolari eroi e villains dell’universo DC? Ma soprattutto, sarà anche un degno erede del loro ultimo capolavoro?

Architettato come una sorta di “Elseworld” (ossia una linea di eventi alternativa a quella di “Terra 0”), il plot di Injustice si presenta con delle premesse molto interessanti che, purtroppo, giocoforza la necessità di imbastirvi attorno un picchiaduro, non sempre riescono a coincidere con trovate che superino i tipici cliché narrativi da royale rumble (aka eroi che si incontrano e si picchiano per il gusto di farlo!). Il principio è tuttavia semplice e coinvolgente: in seguito all’esplosione di una bomba che ha distrutto Metropolis, Superman e Batman catturano e arrestano il Joker, unico artefice del massacro. Angosciato e incupito dalla morte dell’amata Lois, nonché del figlio che la giornalista portava in grembo, l’ira di Superman ha la meglio e con una furia incontrollabile, il kryptoniano ucciderà il clown. Questo incipit sarà, tuttavia, solo l’innesco di una situazione ben più complessa che porterà, di fatto, al teletrasporto coatto degli eroi (e non) della Terra in un universo parallelo in cui l’umanità è schiavizzata dall’egemonia del più potente eroe della Terra, ora incoronato dalla carica di “Alto Consigliere” sotto cui sono asserviti tutti gli eroi. Come capirete, grazie a un tale impianto narrativo la logica canonica che divide supereroi da infami è del tutto stravolta e ci permetterà di assaporare incontri che spaziano tanto da una spietata versione “gialla” di Lanterna Verde, quanto in una amichevole e cordiale caratterizzazione di Lex Luthor. Tale scelta è quindi il fulcro delle tanto sbandierate “versioni malvagie” dei personaggi DC su cui Warner ha fondato parte del suo marketing e ammettiamo che l’idea funziona. Non solo perché anni di storie più o meno popolari (come “Red Son” o la bellissima “Kingdom Comes”) ci hanno da sempre abituato all’idea delle più disparate e dispotiche versioni dei supereroi, ma anche perché NetherRealm è stata eccellente nel caratterizzare lo sviluppo estetico dei personaggi, perfettamente a loro agio tanto nel latex da supereroi quanto nelle armature da supervillains. Imperfezioni, comunque, non ne mancano. Come sottolineato qualche rigo più su, alcune trovate dell’impianto narrativo lasciano spiazzati per la banalità con cui sono state costruite e, sebbene alcune cutscene lascino intendere una caratterizzazione (forzatamente?) profonda, il risultato finale è comunque prevedibile. Altre scelte, infine, sono state palesemente inserite per giustificare alcuni limiti del gioco (come ad esempio quella che spiega come sia possibile uno scontro alla pari tra superumani e non) contribuendo all’idea di una rappresentazione raffazzonata. Un peccato se si considera che, in assenza di qualsivoglia “outsider” (pensate a Mortal Kombat Vs DC), le carte per una trama profonda, nonostante il picchiaduro, c’erano tutte. A conti fatti, quindi, parliamo di un mero pretesto per una rumble fumettistica e nulla più.

Molto prima che provassimo il gioco sapevamo già cosa aspettarci: un picchiaduro simil Mortal Kombat con Batman al posto di Raiden. Questo o forse poco più. Pad alla mano, invece, ammettiamo di essere rimasti piacevolmente sorpresi dall’impostazione del gameplay di Injustice, soprattutto perché salvo la “legnosa” concezione di certe animazioni (tipo i salti…) il sistema di gioco è del tutto diverso e non manca comunque di una sottesa profondità. Ove MK presentava infatti un picchiaduro a quattro tasti, con ogni frontale dedicato a un arto del corpo, Injustice presenta un sistema più semplice ma comunque interessante. Parliamo sempre di un picchiaduro a quattro tasti in cui tuttavia, in virtù del passato, il team di sviluppo ha ben pensato di non dedicare i tasti frontali a una specifica parte del colpo, quanto piuttosto a attacchi leggeri, medi e pesanti. Tale sistema semplifica tantissimo la vita del giocatore, rendendo il titolo appetibile anche all’utente dell’ultima ora. Alcune scelte, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e degli stage, rendono comunque il gioco discretamente profondo, tant’è che certamente non mancherà di avvinghiare anche l’utente più navigato nel mondo del combattimento digitale. La differenza sostanziale rispetto a titoli simili è data dall’abilità unica di cui ogni eroe dispone, a cui è assegnato uno dei quattro tasti fondamentali per il gioco. Basterà infatti premere cerchio/B sul pad che il personaggio di turno attiverà la propria peculiarità, modificando le proprie caratteristiche o esibendosi in un attacco unico. Superman, per esempio, attiverà una sorta di rabbia con cui potenzierà i suoi poteri, Freccia Verde scoccherà una freccia, Acquaman evocherà una rigenerante barriera di acqua e così via. L’idea è invero lodevole e contribuisce in modo consistente a immergere l’utente nel mondo degli eroi DC. Imparare a gestire bene il potere del proprio eroe è parte integrante del gameplay e farà molto spesso la differenza tra vittoria è sconfitta. Certo è che molti poteri si dimostrano sin da subito evidentemente più forti di altri, deviando l’attenzione dei giocatori verso pochi e specifici personaggi. Flash, per esempio, la cui supervelocità rallenta il gioco è probabilmente l’esempio più lampante a dispetto di un Freccia Verde la cui scoccata è sin troppo debole e lenta. Anche gli stage, per quanto esigui (appena 15!) sono una novità interessante. Questi, infatti, oltre a distruggersi quasi del tutto nel corso di uno scontro, godono anche di una spiccata interattività, permettendo al giocatore di usufruire di oggetti contundenti con cui colpire l’avversario. Si spazia da bidoni dei rifiuti, alle automobili, sino a insegne luminose, o ai missili della Batmobile.

Le opzioni, tante e spettacolari, sono alla portata di tutti i personaggi e sono eseguibili con la semplice pressione di un dorsale contribuendo all’idea generale di un picchiaduro “user friendly” e altamente coreografico. Dulcis in fundo, è stato completamente stravolto il sistema a “round” tipico dei picchiaduro presentando piuttosto una doppia barra dell’energia. Svuotatail primo life gauge non verrà proclamato un vincitore, né tantomeno verrà assegnato alcun punto. Semplicemente ci sarà una breve pausa per celebrare la momentanea vittoria e lo scontro riprenderà li dove si è interrotto, senza alcun reset energetico o simili. Una scelta stravagante ma che tuttavia pennella ancor più nitidamente l’idea di un incontro sulle pagine di un fumetto spezzettato nei diversi riquadri della tavola. Premesso, poi, che il fulcro del gioco è il suo articolatissimo Story Mode, Injustice propone comunque diverse modalità per intrattenere il giocatore. Senza citare l’ovvia possibilità di giocare con amici e parenti sia online che offline, il titolo NetherRealm propone anche un ricco comparto sfide in cui, su tutto, svetta lo S.T.A.R. Labs, ossia ben 240 missioni di difficoltà crescente la cui trovata è del tutto sovrapponibile alla torre delle sfide vista nell’ultimo Mortal Kombat. La progressione nella trama, inoltre, sbloccherà una serie di “schede” con cui acquistare una miriade di contenuti bonus che, spaziando dai meri art work sino ai costumi, non mancheranno di incollare al gioco i collezionisti più accaniti. Dulcis in fundo troviamo tutta una serie di match programmabili con le più disparate modifiche ambientali, nonché alcuni minigiochi che, puntando tutto sulla reattività dell’utente, ci permetteranno alcune piacevoli divagazioni: dal colpire i nemici con le carte del Joker, sino al tiro a bersaglio con Freccia Verde. Anche da questo punto di vista si evince l’assoluta aderenza tra l’iconografia DC e lo sviluppo imbastito dai ragazzi di Mortal Kombat con risultati creativi e interessanti.

Sotto il mero profilo tecnico Injustice presenta risultati altalenanti, dovuti probabilmente all’età dell’engine grafico, vecchio ormai di ben due anni. Il titolo è infatti palesemente costruito sullo scheletro dell’engine del Mortal Kombat apprezzato nel 2010 e, sebbene sia comunque in grado di dire la sua, mostra il fianco soprattutto nel corso delle cutscene, in cui le fattezze dei personaggi risultano molto meno dettagliate che nel corso dei combattimenti. Soprattutto per ciò che concerne i comprimari (pochi ma presenti) ammirabili nel corso dei video dello Story Mode, il risultato che si ha è così agli antipodi rispetto agli eroi che sembrerebbe quasi di osservare due titoli diversi. Per fortuna la cosa è completamente diversa nel corso dei combattimenti, con una palette cromatica assolutamente azzeccata e un lavoro di character design a dir poco brillante e che, seppur diverso dall’iconografia classica, presenta comunque personaggi riconoscibili e gradevoli da vedere. Medesimo discorso per gli ambienti, ricchissimi di dettagli e di riferimenti alla storia dei personaggi, con trovate sottili che sottendono una ricerca maniacale nella rappresentazione visiva. Ottimo lavoro anche per il doppiaggio che, seppur solo anglofono, non manca di una caratterizzazione ispirata, soprattutto per quei personaggi come Freccia Verde, padroni di un’indole tutt’altro che posata. Peccato per i sottotitoli, non all’altezza delle aspettative e spesso solo vagamente riconducibili a quanto detto dei personaggi. Si tratta, in fin dei conti, di un problema da poco ma cui comunque sarebbe stata richiesta più attenzione, data soprattutto la portata e l’importanza della produzione. Ottima la campionatura sonora, discrete le musiche, coinvolgente il risultato finale, Injustice: Gods Among Us non supera il test a pieni voti, ma entra di diritto nella cerchia dei titoli da acquistare in questo 2013. Forte di una licenza che è leggenda all’interno del circolo fumettistico, l’ultima fatica NetherRealms è di fatto una perla di giocabilità e divertimento.