World of Warcraft: Mists of Pandaria: la recensione di VMAG

Chi avrebbe mai detto che per alcune persone i panda sarebbero stati un presagio della fine del mondo? O per meglio dire, di un mondo, quello di Azeroth, i cui abitanti hanno visto l’arrivo della razza “easter egg” Pandaren come un campanello d’allarme che Blizzard stesse definitivamente tirando i remi in barca.

Se è ragionevole pensare che questa sarà forse l’ultima espansione prima che WoW venga affiancato da un nuovo arrivato, è altrettanto vero che Mists of Pandaria è un’interessante aggiunta a questo mondo persistente. Prendete i Pandaren: al di là di ogni apparenza, e oltre le facili ironie a proposito della loro somiglianza con un noto eroe Dreamworks, tale mitologia è un’ulteriore prova della capacità di Blizzard di raccontare un mondo.

In realtà, Pandaria è un continente ancora più denso di storia rispetto ai precedenti, con momenti spettacolari e persino personaggi degni di nota che nulla hanno da invidiare alla assai decantata profondità narrativa di Guild Wars 2. Questo è valido sia in qualità di immigranti di Pandaria, a caccia del nuovo level cap fissato a 90, ma ancor più se decidete di ripartire da zero proprio con un Pandaren. Stranamente, il gioco è più votato al grinding che all’esperienza da parco giochi delle precedenti espansioni, il che si traduce  in un’enorme mole di tempo spesa per raggiungere gli ultimi cinque livelli.

Non solo, anche la mount volante vi sarà preclusa prima dell’endgame. Se questa fase non propone in realtà quest molto diverse rispetto al classico WoW, l’introduzione di The Tillers, per dirla in breve la versione azerothiana di Farmville, quanto meno offre un po’ di attività diverse dal solito.

 Se è ragionevole pensare che questa sarà forse l’ultima espansione prima che WoW venga affiancato da un nuovo arrivato, è altrettanto vero che Mists of Pandaria è un’interessante aggiunta a questo mondo persistente

La sensazione generale che se ne ricava, però, è che dopo Cataclysm Blizzard abbia deciso di abbassare il grado di difficoltà. L’eliminazione della skill tree in favore di una scelta da effettuare ogni 15 livelli è il chiaro segno di una semplificazione in chiave casual. Sempre in quest’ottica, il gioco propone tutta una serie di sfide adatte tanto a chi è in cerca di emozioni tanto a chi invece preferisce la sfida e l’impegno puro.

Per la prima categoria, sono stati quindi introdotti gli Scenari, dungeon a tema rigorosamente Pandaren e accessibili a tre persone, che vi risparmieranno dunque la fatica di cercarvi un team completo di curatore. Per chi invece ha bisogno di sensazioni forti, ci sono sempre i buoni vecchi Heroic e la nuova modalità a tempo Sfida. Mists of Pandaria non si spinge in là e fa quello che WoW sa fare meglio. Nessuna rivoluzione, dunque, e chi lo odia continuerà a farlo. Ma in quanto a proporzioni e senso epico, quello di Azeroth è un impero destinato a durare ancora per lungo tempo.