Halo 4: la recensione di VMAG

Bungie lascia il timone mentre Master Chief ritorna. Con queste parole accogliamo Halo 4 su Xbox 360, probabile ultimo capitolo prima del prossimo halo jump verso la next gen, ancora avvolta nella nebbia dell’incertezza. Un ritorno, quello del vecchio Spartan veterano di mille battaglie, che mi preoccupava non poco.Halo è Bungie, molto semplicemente. Lo stile algido e asciutto, la compattezza del design, la centralità dell’azione del protagonista resa autentica da un gameplay, un’intelligenza artificiale e un level design sempre lucidi e brillanti, nonostante qualche reiterato difetto, più o meno evidente.

Difficile immaginare Halo senza Bungie, e Microsoft lo sapeva bene: 60 milioni di dollari investiti nel progetto più costoso della sua storia societaria, a livello di gaming. 343 Industries è lo Spartan degli studios: creata per essere risolutrice, per vincere la madre di tutte le battaglie. Riportare Master Chief sul campo di battaglia e sbaragliare Covenant, altre specie letali (questa recensione non conterrà neppure il minimo spoiler, e poi saprete ringraziarmi per questo) e ogni rivale, per riaffermare la supremazia di Halo sul genere degli FPS e la sua natura di titolo portabandiera della Grande X, in barba al signor Fenix.

Al momento di partire, l’emozione è palpabile. Halo 3, in barba ai soliti superficiali detrattori, era un dannato capolavoro, seppur spiazzante, e Halo Reach una rara gemma di poesia marziale e sperimentazione, un canto del cigno di un team forse stanco ma sempre incredibilmente talentuoso.

Halo 4 si apre con i fuochi d’artificio. Bello, diverso, diversissimo: di rottura sotto ogni punto di vista ma in modo intelligente. La musica, epica ma nuova; la narrazione, più cinematica e forse un po’ didascalica ma più contemporanea e hollywoodiana; il flow di gioco, in apparenza più lineare e ancorato a scriptingspettacolarizzante ma davvero accattivante e coinvolgente. Con la leadership del Capo, che è tornato a far sentire il suo fottuto carisma. Pugno d’acciaio, Master Chief, e azioni che solo da te ci aspetteremmo. Ma di più, in realtà. Oh sì, ragazzi, molto di più. E solo giocando lo proverete, con brividi che corrono sulla vostra pelle, anche grazie a una Cortana che, da semplice I.A. e comprimaria, assurge a un ruolo drammatico quasi da coprotagonista, una figura shakespeariana di straordinaria intensità.

 343 Industries è lo Spartan degli studios: creata per essere risolutrice, per vincere la madre di tutte le battaglie. Riportare Master Chief sul campo di battaglia e sbaragliare Covenant

343 Industries iconoclasta e mattatrice, dunque. Sì, no, forse. Il fatto è che la gioia (il timore?) di uno stacco netto e totale presto rientra. Halo 4 è in realtà più fedele al modello Bungie di quanto non appaia in prima battuta, ma in fondo lo è per il meglio. La vastità dei teatri di guerra, l’epica dell’azione, la perfezione che ha del miracoloso nel bilanciamento di armi e oggettistica… tutto funziona e ricorda i vecchi tempi, e per un attimo infinito Bungie è ancora qui con noi, a dimostrare di aver dato vita a un impianto così monumentale e rifinito da sopravvivere a se stesso, insegnando a ogni game designer come realizzare un FPS classe 2000-2010

Siamo su quei binari, e 343 Industries mostra tutti i suoi muscoli e il suo cervello, elaborando una campagna vasta e varia, più del solito, graficamente suprema (solo i volti avrebbero a mio avviso potuto essere ancor più curati ed espressivi, ma il fatto che il gioco abbia un eroe che indossa un casco la dice lunga sulle priorità della serie, e in fondo è giusto così) e capace di imprimere vertiginose accelerazioni di adrenalina e testosterone.

Perché la grandezza di Halo 4 sta nello spiazzare. Superati i due terzi della campagna, infatti, torna prepotente il senso della rivoluzione, di quel coraggioso osare che esplode nell’opening dell’opera. Le sequenze cinematiche non interattive si dilatano, tutto a un tratto, e a Master Chief viene concesso, per una volta, quello spazio sopra le righe che, in fondo, ogni suo fan aveva sempre sognato di godere, anche se spesso senza avere il coraggio di confessarlo. Cambio di ritmo e tanta audacia, un’audacia che in definitiva non ti aspetteresti, ma che ti conquista. Ecco che i veicoli (siano benedetti, in Halo, ora e sempre: nessun FPS li ha mai resi così bene. Nessuno. Mai) assurgono al ruolo di protagonisti, poi è il momento di corse a rotta di collo, di salti e assalti temerari, di rese dei conti degne di un western dei migliori.

Halo 4, senza neanche il bisogno del sostegno del suo sconfinato e titanico multiplayer, si erge sulla sommità del genere FPS, dando a 343 Industries il ruolo in Microsoft che Retro Studios ebbe in Nintendo, prima che Samus Aran venisse sostituita da Donkey Kong. Che poi sia il genere nel suo complesso a essere arrivato a contemplare i limiti del suo stesso universo è altro discorso, da affrontare in separata sede. Qui e ora, Game Republic certifica il trionfo di Halo 4, il ritorno in pompa magna di sua virilità Master Chief e l’incoronazione di 343 Industries a studio di punta della scena shooter mondiale.

Bentornato a casa, Master Chief. Ci eri mancato.