LEGO Il signore degli Anelli: la recensione di VMAG

Glottoteta e visionario. Ma per immaginare la Terra di Mezzo del 2012, a John Ronald Reuel Tolkien questa volta non sarebbe bastato un mulino a Sarehole, né pregare che il suo Dio gli avesse concesso di spegnersi un anno più tardi e poter poggiare per caso i suoi occhi sui primi personaggi LEGO. Raccogliere la sfida di dipingere un’astrazione, darle forma e materia, e imporre un unico volto sopra la fantasia di tutti è un onere follemente teso al rivoluzionismo. Peter Jackson l’ha fatto, aiutato da buoni mezzi tecnici e dal suo fegato, prendendosi il merito di rendere impossibile a molti di continuare a immaginare Aragorn senza il mento di Viggo Mortensen.

Nel bene o nel male, costringere tutte le sfumature della fantasia in un’unica direzione è oggettivamente limitante. Talvolta, soggettivamente rassicurante. Cosa pensare dunque di chi si limita a processare un lavoro così delicato attraverso un decoder che restituisce solo mattoncini e simpatia? Che lunghe premesse a parte,Traveller’s Tales ha realizzato la sua opera magna, affinando una routine di riciclo di saghe cinematografiche ormai vecchia di sette anni. Ma nella gioia di osservare un attore che si rende perfetto nell’interpretazione del suo monologo, manca ormai del tutto l’entusiasmo della novità.

LEGO Il Signore degli Anelli è poco più che l’accostamento bizzarro già sfacciatamente mostrato nel suo stesso titolo, lo pseudo free-roaming in una Terra di Mezzo avvolta nella plastica ABS. È lo scimmiottamento in chiave esilarante delle pellicole di Jackson, che parte nei titoli di testa e si esaurisce nelle quaranta ore di gioco che i completisti e i compulsivi saranno costretti a dedicargli.

La dovizia di particolari e la ricercatezza del dettaglio fanno sì che dietro al solito gameplay, fatto di semplici enigmi ambientali e mattoncini da prendere a mazzate per raccogliere monete, si nasconda in realtà un profondo e devoto rispetto nei confronti dell’opera tolkeniana. Mazzate e enigmi ambientali che nella varietà di situazioni proposte, nella fedeltà alla trama e nelle peculiarità dei singoli, numerosissimi personaggi, delizieranno i neofiti, ma stordiranno i veterani, costretti ancora una volta all’ormai non più giovane filosofia platform dello “spacca e raccogli anche quando non ti va, scaglia la freccia con Legolas, apri il passaggio con Gimli e accendi il fuoco con Sam per vedere la prossima cutscene”.

 LEGO Il Signore degli Anelli è poco più che l’accostamento bizzarro già sfacciatamente mostrato nel suo stesso titolo, lo pseudo free-roaming in una Terra di Mezzo avvolta nella plastica ABS

Ma la verità è che nel suo essere rivisitazione fantastica del fantastico, LEGO Il Signore degli Anelli, come i capitoli che lo hanno preceduto, e ancora meglio, custodisce in sé il dono della serenità e della gioia, trasmessa attraverso un linguaggio forse bambinesco, ma adatto al pubblico di tutte le età. E non mi stancherò mai di dirvi quanto amo ciò che mi fa sorridere e ciò che riesce a fare breccia, in un modo o nell’altro, dentro un cuore. È vero, inizio tristemente a essere annoiato da questa tipologia di intrattenimento, e la colpa è sicuramente dei tempi e dei respiri sempre più stretti concessi all’arte. Ma di fronte ai troppi nasi storti dalle produzioni AAA, questa noia resta comunque un sollievo.