Disgaea 4: A Promise Unforgotten: la recensione di VMAG

Pochi preamboli.  Chi conosce il mondo fiorito su cui si appiccica la parola Tactics sa di essere un feticista. Feticista, o maniaco compulsivo del controllo assoluto, della gestione microscopica e di mondi che non escono mai dalle caselle di una scacchiera. E sì diamine, io sono allora un feticista, uno di quelli che ne è entusiasta e ne fa propaganda, perché non sono molti quelli che hanno visto tanto spesso le parole Vandal  hearts, Vanguard Bandits o Tactics ogre scorrere su uno schermo e provare ogni volta la stessa intesa libido. disgaea offre ancora un ulteriore spunto, sufficientemente intrigante per ogni aficionado di culture di nicchia, quello della sua veste da anime, dal timbro sempre più inconfondibilmente giapponese, manifestato attraverso uno stile grafico al quale siamo già avvezzi senza aver mai visto prima nessuno dei suoi personaggi.

Disgaea 4 è una scheggia di pura follia, nei suoi dialoghi votati a un orgoglioso nonsense e nei suoi complessi temi musicali che spaziano dal J-pop alle ballad orchestrali. Che a me l’atmosfera generata da questa entropia visiva non sia di gradimento poi, a voi non deve interessare, perché si tratta di fatto di uno charme puramente soggettivo, che su di me non ha avuto effetto. Ma parlando di oggettività, quello che è chiaro nel mondo del ragazzo vampiro Valvatorez, è che ci troviamo di fronte al miglior capitolo dell’ormai non più fanciullesca saga, e non si tratta solo di un giudizio popolare dato ad honorem. Vogliamo parlare di narrazione? Beh, Valvatorez era un tirannico dominatore del Netherworld, declassato a modesto istruttore di  prinny (creature infernali dall’aspetto di teneri e impacciati pinguini, dood!) a causa di una donna di nome Artina. Valvatorez non beve più sangue, ma mangia sardine, gentilmente fornite dal suo servitore Lupo Mannaro, Fenrich.

Insomma, vogliamo davvero parlare di narrazione?  demoni, creature aberranti e altri spiritelli simil-pokémon sono incastrati nel loro piccolo spazio di sprite, rendendosi poco più che teneri esserini da manipolare a volontà. E il gameplay è sempre quello, per fortuna. Classi di personaggi, uno scacchiere tattico, movimenti, magie e attacchi combinati da studiare con cura. E a speziare le meccaniche convenzionali del sistema ci pensa il ritorno dei Geo Block, piccoli cubi imprevedibili che agiranno attivamente sull’esito delle battaglie, generando cloni dei vostri nemici o provocando effetti randomici che spesso vi costringeranno a modificare strategia, impegnando tutte le vostre forze nella loro distruzione. poca la spinta del titolo verso i novelli giocatori, che soffriranno l’inevitabile insufficienza di tutorial adeguati, vista soprattutto l’estrema complessità strutturale del titolo e le innovazioni di sorta, come la possibilità di fondere tra loro i mostri per crearne di giganteschi. disgaea può assorbirvi e sa come farlo. Fate attenzione… e non dite che non vi avevo avvertiti!