Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 Recensione: l’Eredità Difficile di un Ritorno Imperfetto

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui il ritorno di un re sembrava una favola divenuta realtà. Nel 2020, Tony Hawk’s Pro Skater 1+2 non è stato semplicemente un videogioco, ma un evento quasi mitologico, un fulmine a ciel sereno che ha squarciato un decennio di silenzio e delusioni. Vicarious Visions, con un’operazione che definire “remake” suona quasi riduttivo, aveva compiuto il miracolo: non solo aveva resuscitato una leggenda, ma l’aveva resa più forte, più bella, più viva che mai. Era una “revitalizzazione” , una “rinascita” che aveva resettato gli standard del settore, un prodotto così perfetto da essere definito da molti, inclusi i tecnici di Digital Foundry, uno dei migliori giochi di quella generazione. Quel titolo era la dimostrazione che la nostalgia, se maneggiata con rispetto, competenza e amore, poteva trasformarsi in un’esperienza moderna e imprescindibile. Ha venduto più di ogni altro capitolo della serie, ha raccolto consensi unanimi  e ha fatto ciò che sembrava impossibile: ha reso il futuro del Falco di nuovo luminoso. E poi, il silenzio. Un silenzio assordante, rotto solo da notizie amare. Vicarious Visions, gli eroi di quella rinascita, gli artefici del sogno, sono stati inghiottiti, assimilati dalla macchina da guerra di Activision Blizzard, riassegnati alle miniere di contenuti di Diablo e Call of Duty. Un destino che ha lasciato l’amaro in bocca a un’intera community, che vedeva in quel team il custode naturale della fiamma. L’eredità, pesante come un macigno, è stata così passata a Iron Galaxy, uno studio con una solida reputazione, noto per eccellenti porting e un indubbio talento tecnico, ma pur sempre un nuovo alfiere chiamato a difendere un regno che non aveva contribuito a conquistare. La domanda, fin dal primo annuncio, è aleggiata nell’aria come un fantasma: si tratta di un legittimo passaggio di torcia o di un declassamento imposto da logiche aziendali miopi? È in questo clima di aspettative monumentali e scetticismo latente che, l’11 luglio 2025, arriva sul mercato Tony Hawk’s Pro Skater 3+4.

Un pacchetto che promette di unire due dei capitoli più amati e, al contempo, più divergenti della saga originale firmata Neversoft, lo studio che ha dato vita a tutto questo prima di essere a sua volta assorbito e poi dissolto. E la risposta a quella domanda, purtroppo, non è semplice. THPS 3+4 è un’opera spaccata in due, un Giano Bifronte videoludico che da un lato mostra il volto della perfezione meccanica, della fedeltà quasi commovente, e dall’altro quello di una reimmaginazione controversa, di una scelta di design che tradisce l’anima stessa di uno dei suoi pilastri. È, per usare le parole che spesso riserviamo a produzioni di questo calibro, un gioco “non perfetto, ma comunque validissimo e dannatamente soddisfacente”, ma le cui imperfezioni questa volta non sono piccoli nei tecnici o sbavature superficiali. Sono ferite più profonde, di natura filosofica, che nascono da una decisione che puzza di compromesso e di paura. Il giudizio su questo gioco non può prescindere dal contesto. Non si può valutare l’operato di Iron Galaxy in un vuoto pneumatico, ignorando l’ombra del colosso che li precede, lo spettro di Vicarious Visions. Ogni scelta, ogni successo e ogni passo falso di questo remake viene inevitabilmente filtrato attraverso la lente della delusione per una decisione aziendale che molti fan non hanno mai perdonato. Il successo stratosferico di THPS 1+2 aveva tracciato un percorso che sembrava ovvio: lasciare che quel team, che aveva dimostrato di capire l’essenza della serie, continuasse la sua opera. Invece, Activision ha scelto diversamente, trattando il successo del Falco come un asset secondario da cui attingere manodopera per i suoi franchise più redditizi. Questo ha generato un deficit di fiducia prima ancora che una sola riga di codice di 3+4 fosse scritta. Di conseguenza, ogni difetto di questo nuovo capitolo non viene percepito solo come un potenziale errore di Iron Galaxy, ma come la conseguenza diretta e inevitabile di quella scelta originale, rendendo il verdetto finale un esercizio critico intrinsecamente più complesso e carico di un risentimento che va oltre il gioco stesso. Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 non è solo un gioco, è il simbolo di ciò che è e di ciò che sarebbe potuto essere.

Certo che vedere in un videogioco persone che conosci fa un certo effetto

Il Ritorno del Revert – La Perfezione Ricreata di THPS3

Se c’è un aspetto su cui Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 non accetta compromessi, questo è il puro e semplice feeling dello skate. Pad alla mano, il gioco è una sinfonia di controlli reattivi, un’estensione quasi perfetta del pensiero del giocatore. Iron Galaxy ha compiuto un lavoro certosino nel replicare l’eccellente modello di gioco stabilito da Vicarious Visions in 1+2, che a sua volta era stato costruito partendo dal codice sorgente originale di Neversoft per garantirne l’autenticità. Il risultato è quel magico equilibrio che è il marchio di fabbrica della serie: un sistema di gioco “accessibile ma ostico” , un’esperienza che accoglie i neofiti con la sua immediatezza arcade ma che svela una profondità tattica sorprendente a chiunque voglia padroneggiarla. Ogni ollie, ogni grind, ogni flip è esattamente dove dovrebbe essere, con un peso e una risposta che rasentano la perfezione. Questo è il “perno attorno cui ruota l’intera esperienza” , il cuore pulsante che, fortunatamente, batte con la stessa, inarrestabile energia del suo predecessore. In questo contesto di fedeltà meccanica, la sezione dedicata a Tony Hawk’s Pro Skater 3 brilla di luce propria. È qui che una delle meccaniche più iconiche e trasformative della serie trova finalmente la sua collocazione naturale. Parliamo, ovviamente, del revert. Introdotto originariamente nel terzo capitolo, il revert è stato il tassello mancante che ha rivoluzionato il sistema di combo, il ponte che ha permesso di collegare le vertiginose acrobazie eseguite sulle rampe (vert) con le infinite catene di trick a terra (manual), creando un flusso ininterrotto di punti e stile. Se nel remake di 1+2 la sua inclusione era stata una “controversa” ma graditissima aggiunta quality-of-life presa in prestito dal futuro , qui il revert è a casa. Non è più un ospite d’onore, ma il padrone di casa, una meccanica fondamentale attorno alla quale i livelli di THPS3 sono stati originariamente concepiti. Eseguire un 900, atterrare in revert e proseguire con un manual per attraversare l’intero livello è una sensazione di potenza e fluidità che definisce l’apice della formula di Tony Hawk. Questa eccellenza si estende alla ricostruzione dei livelli. Seguendo il modello tracciato da Digital Foundry nell’analisi di 1+2 , Iron Galaxy ha trattato le mappe classiche di THPS3 con una venerazione quasi religiosa. Luoghi iconici come la Fonderia (Foundry), il Canada, l’Aeroporto (Airport) e la Nave da Crociera (Cruise Ship) sono stati ricreati con una fedeltà geometrica maniacale.

Ogni rail, ogni rampa, ogni gap segreto è esattamente dove la nostra memoria muscolare ricorda che sia. Ma sopra questa tela di fedeltà, l’Unreal Engine dipinge un quadro di una ricchezza visiva sbalorditiva. L’Aeroporto, già definito “un classico di tutti i tempi”, è ora un tripudio di riflessi sui pavimenti lucidi, di luci dinamiche e di dettagli ambientali che lo rendono più vivo che mai, ulteriormente impreziosito da piccole migliorie, come la possibilità di teletrasportarsi all’inizio del percorso una volta raggiunta la fine della discesa, eliminando i tempi morti. La Fonderia pulsa del calore del metallo fuso, mentre il Canada ghiacciato scintilla sotto un cielo freddo e realistico. Il “flow”, quella sensazione ineffabile di movimento continuo e armonioso, è esaltato da animazioni fluide e da una sensazione di velocità che rende ogni sessione “dannatamente soddisfacente”. Il confronto con la fisica a volte “rigida” (stiff) degli originali su PlayStation 2 è impietoso: la modernizzazione ha reso ogni transizione, ogni atterraggio, ogni bail un’esperienza visivamente appagante. Certo, come in ogni produzione complessa, non mancano piccole sbavature. A volte, proprio come in altri giochi contemporanei “alcune animazioni ci hanno fatto storcere il naso” (autocit.) , con qualche compenetrazione poligonale o un ragdoll meno convincente del previsto. Ma si tratta di minuzie, di piccole crepe in una facciata altrimenti imponente e granitica. In definitiva, la porzione di Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 dedicata al terzo capitolo è un trionfo senza se e senza ma. È una lettera d’amore scritta con l’inchiostro della competenza tecnica e della passione per l’originale. Iron Galaxy dimostra qui di aver compreso perfettamente la lezione di Vicarious Visions: quando il copione è chiaro e l’obiettivo è la fedeltà, il risultato può essere straordinario. Questa metà del gioco, da sola, basterebbe quasi a giustificare il prezzo del biglietto, ergendosi a testamento di come si possa onorare il passato senza rimanerne schiavi, ma elevandolo a nuovi standard di eccellenza.

Tokyo è il solito, magnifico gran flipperone

La Controversia del Cronometro – La Reimmaginazione Forzata di THPS4

Se la sezione dedicata a THPS3 è un’ode alla fedeltà, quella di THPS4 è un’elegia per un’innovazione perduta. Per comprendere appieno la profonda spaccatura che attraversa questo remake, è fondamentale ricordare cosa rese Tony Hawk’s Pro Skater 4 un capitolo così rivoluzionario nel 2002. Neversoft, all’apice della sua creatività, decise di rompere con la formula che aveva definito la serie: via il cronometro da due minuti, via la lista di obiettivi da spuntare in una corsa contro il tempo. Al suo posto, una modalità Carriera che assomigliava più a un “free skate” glorificato, dove i giocatori potevano esplorare liberamente vasti livelli senza limiti di tempo, scovando personaggi non giocanti (NPC) che assegnavano missioni e sfide in modo organico. Questa struttura non fu un semplice cambiamento, ma un’evoluzione epocale che gettò le fondamenta per le modalità storia dei futuri capolavori come la serie Underground. THPS4 era il primo passo verso un mondo più aperto, più immersivo, più avventuroso. Ed è qui che Iron Galaxy, o più probabilmente Activision, compie la sua scelta più “controversa” e divisiva. Invece di preservare questa identità unica, il remake sceglie la via dell’omologazione. La struttura esplorativa e senza tempo di THPS4 viene brutalmente sradicata e sostituita con il medesimo formato a tempo di due minuti che governa il resto del pacchetto. Questa non è una semplice modifica; è un tradimento filosofico. Il gioco passa dall’essere un remake fedele a una “reimmaginazione” forzata, una decisione che ha immediatamente scatenato le critiche di fan e recensori, i quali hanno percepito i livelli, un tempo vibranti di scoperte, come improvvisamente “senza vita”. L’impatto di questa forzatura sul level design è devastante. Livelli come College, San Francisco e soprattutto Alcatraz erano stati meticolosamente progettati per l’esplorazione, per missioni a più fasi che richiedevano tempo e pianificazione. Si pensi a sfide iconiche come “Escape from Alcatraz” o all’inseguimento dei ladri d’auto a College.

Nel nuovo formato, queste idee vengono o brutalmente tagliate o ridotte a semplici compiti da sbrigare in 120 secondi. I livelli, pur mantenendo la loro geometria, si sentono snaturati, come se indossassero un vestito cucito su misura per un altro corpo. L’anima esplorativa, il piacere della scoperta, la narrazione ambientale emergente data dagli NPC e dalle loro bizzarre richieste… tutto viene sacrificato sull’altare della coerenza strutturale. Certo, alcuni elementi cinematografici sopravvivono, come le parate a College, ma sono vestigia di un’idea più grande e coraggiosa, fantasmi che infestano una struttura che non gli appartiene più. Questa decisione non può essere liquidata come un semplice errore creativo. È, con ogni probabilità, il sintomo di una direttiva aziendale più ampia, avversa al rischio e ossessionata dalla replicazione di una formula di successo. Il trionfo di THPS 1+2 si basava sull’aver unificato e modernizzato due giochi dalla struttura quasi identica, quella classica a tempo. Quel remake ha creato un “modello” vincente, un prototipo di successo commerciale e di critica. È plausibile, se non probabile, che Activision abbia imposto a Iron Galaxy di non deviare da questo sentiero sicuro, per garantire la massima coerenza all’interno del nuovo pacchetto e minimizzare i rischi di sviluppo. Il mantra era chiaro: “se funziona, non toccarlo”. Il problema è che Tony Hawk’s Pro Skater 4 era, per sua stessa natura, la rottura di quel modello. La sua grandezza risiedeva proprio nell’aver osato essere diverso. Applicando forzatamente la struttura di 1, 2 e 3 al quarto capitolo, si è data priorità alla coerenza del prodotto piuttosto che alla fedeltà dello spirito. Non si tratta di incompetenza, ma di una scelta strategica che rivela una profonda e deludente incomprensione di ciò che rendeva THPS4 un capolavoro a sé stante. In nome della coerenza, un’intera filosofia di gioco è stata sacrificata, lasciando i giocatori con una versione di THPS4 che ne ha il corpo, ma non l’anima. È un guscio bellissimo, tecnicamente impeccabile, ma dolorosamente vuoto.

La fonderia spettacolare come non mai

Tra Vecchie Glorie e Nuove Proposte – Roster, Personalizzazione e Contenuti

Al di là delle controverse scelte strutturali, Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 si presenta come un pacchetto estremamente ricco di contenuti, seguendo la generosa filosofia del suo predecessore. Il primo elemento che salta all’occhio è il roster, un ponte ideale tra generazioni di skater. Come già apprezzato in 1+2, la selezione dei personaggi è un mix sapientemente curato di leggende immortali e nuove stelle del firmamento skate. Ritroviamo con piacere i volti storici che hanno definito un’epoca, come lo stesso Tony Hawk, il funambolico Bob Burnquist, l’incontenibile Steve Caballero e persino il redivivo Bam Margera, la cui presenza era attesissima dai fan. Accanto a loro, però, non sfigurano affatto i talenti della scena contemporanea. Nomi come Chloe Covell, la giovanissima promessa australiana, il campione olimpico Yuto Horigome e il fenomeno brasiliano Rayssa Leal vengono integrati nel tessuto del gioco con naturalezza, onorando il presente della cultura skate senza dimenticarne le radici. Questa scelta non è solo un’operazione di marketing, ma un’affermazione culturale: Tony Hawk’s Pro Skater non è un museo, ma una celebrazione vivente di uno sport in continua evoluzione. La personalizzazione, altro fiore all’occhiello del remake del 2020, torna in grande stile. Il sistema di creazione del personaggio (Create-A-Skater) offre una vasta gamma di opzioni per modellare il proprio alter ego digitale, permettendo una notevole libertà espressiva. Ma è soprattutto la quantità di equipaggiamento, tavole, vestiti e accessori sbloccabili a impressionare. Il negozio in-game, accessibile tramite la valuta guadagnata completando sfide e trovando collezionabili nei livelli, è un pozzo senza fondo di oggetti con cui definire il proprio stile. È fondamentale sottolineare, in un’industria sempre più orientata a modelli predatori, la totale assenza di microtransazioni con denaro reale. Ogni singolo oggetto può e deve essere guadagnato giocando, un punto di forza che distingue nettamente la produzione da molti titoli sportivi moderni e che merita un plauso incondizionato. Forse l’evoluzione più significativa sul fronte dei contenuti risiede però nel potenziamento della modalità Create-A-Park. L’editor di livelli, già robusto in 1+2, compie qui un balzo qualitativo epocale con l’introduzione della possibilità di inserire obiettivi personalizzati.

Non si tratta più solo di costruire il proprio skatepark dei sogni per poi girarci senza uno scopo preciso; ora è possibile creare vere e proprie sfide, disseminando le lettere S-K-A-T-E, definendo linee di combo specifiche, posizionando oggetti da distruggere e stabilendo punteggi da raggiungere. Questa novità trasforma l’editor da semplice sandbox a una potente piattaforma per la creazione e la condivisione di contenuti, promettendo di estendere la longevità del gioco in modo esponenziale grazie all’ingegno della community. È una delle aggiunte più intelligenti e lungimiranti del pacchetto, un vero e proprio game-changer. A dimostrazione delle proprie capacità creative, Iron Galaxy ha inoltre inserito nel gioco alcuni livelli completamente inediti, un banco di prova fondamentale per capire se lo studio possiede la visione necessaria per guidare il franchise verso un futuro capitolo originale. I risultati sono incoraggianti. Il Waterpark si rivela una delle sorprese più piacevoli: un’arena “espansiva e deliziosamente strana”, ricca di linee creative e gap inaspettati che stimolano la fantasia. Il Movie Studio, pur essendo più compatto e pensato per le competizioni, sfrutta la sua verticalità su due piani per offrire scenari inediti e un pizzico di umorismo. Il livello Pinball, infine, è volutamente “gimmicky”, un’esplosione di luci e suoni che funziona come un divertente bonus stage, mettendo il giocatore in situazioni uniche e vibranti. Queste nuove mappe, nel complesso, dimostrano che Iron Galaxy non è solo un abile esecutore, ma possiede anche una scintilla creativa che fa ben sperare per il futuro. Chiudono il cerchio le modalità multiplayer, che affiancano ai classici intramontabili come Trick Attack, Graffiti e King of the Hill una nuova proposta chiamata HAWK, descritta come una sorta di nascondino con le lettere che aggiunge un po’ di pepe alle sfide online. La presenza del cross-play, che permette a giocatori di piattaforme diverse di sfidarsi senza barriere, è un’altra gradita modernizzazione che consolida un’offerta contenutistica solida, generosa e ricca di spunti per ore e ore di divertimento.

Ed eccoci per terra… iniziano le imprecazioni, presto verrà giù tutto il calendario

Il Jukebox Distorto – Un’Analisi della Colonna Sonora di Tony Hawk’s Pro Skater 3+4

Parlare di Tony Hawk’s Pro Skater senza dedicare un capitolo alla sua colonna sonora sarebbe come descrivere un quadro parlando solo della cornice. La musica, in questa serie, non è mai stata un semplice sottofondo. È un pilastro dell’identità, un elemento inscindibile dall’esperienza, il metronomo che scandisce il ritmo forsennato delle combo e l’inno generazionale di chi è cresciuto tra punk rock e hip-hop alla fine degli anni ’90. La tracklist di ogni capitolo è una capsula del tempo, una fotografia sonora di un’epoca. Per questo, le scelte operate in Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 assumono un peso specifico enorme, e si rivelano tanto audaci quanto, ancora una volta, divisive. L’analisi dei freddi numeri è eloquente: meno del 20% dei brani presenti nel remake proviene dalle colonne sonore originali dei due giochi. Una percentuale che fa sobbalzare, soprattutto se confrontata con l’approccio più conservativo di 1+2. Certo, i classici immortali che sono sopravvissuti alle complesse trattative per le licenze musicali sono gemme di valore inestimabile. Riascoltare “Ace of Spades” dei Motörhead mentre si sfreccia nella Fonderia o “The Boy Who Destroyed the World” degli AFI è un’iniezione di adrenalina e nostalgia pura. Allo stesso modo, ritrovare perle come “96 Quite Bitter Beings” dei CKY o “If You Must” di Del Tha Funkee Homosapien è come ritrovare un vecchio amico. Ma la stragrande maggioranza del jukebox è stata riscritta, popolata da nuove voci che definiscono il sound del 2025. E qui la nostra opinione potrebbe spaccarsi, potrebbe ma come ogni abitante degli anni ’90 in fatto di musica abbiamo una cultura inossidabile. Da un lato, infatti, la selezione di nuovi artisti è di qualità indiscutibile e spesso incredibilmente azzeccata.

Nomi come Turnstile, IDLES, Denzel Curry, ScHoolboy Q, King Gizzard & The Lizard Wizard, Run The Jewels e Vince Staples non sono solo nomi di tendenza, ma artisti la cui energia grezza e attitudine ribelle si sposano alla perfezione con l’ethos dello skateboarding. Alcuni critici e fan hanno applaudito questa scelta come un’evoluzione necessaria, un modo per mantenere la serie rilevante e far scoprire nuova musica, proprio come facevano gli originali. Dall’altro lato, però, molti hanno percepito questa massiccia iniezione di novità come una diluizione dell’identità originale, trovando la nuova selezione complessivamente meno memorabile e iconica di quella, quasi perfetta, di 1+2. Questa scelta, tuttavia, non è casuale né dettata unicamente dalle difficoltà di rinegoziare licenze vecchie di vent’anni. È un vero e proprio manifesto culturale, una decisione strategica che pone una domanda fondamentale: a chi si rivolge, oggi, Tony Hawk’s Pro Skater? Le colonne sonore originali di THPS3 e THPS4 erano una fotografia impeccabile della cultura alternativa dei primi anni 2000. Il remake 3+4, invece, sposta deliberatamente l’equilibrio verso artisti che sono culturalmente rilevanti adesso. È un tentativo palese di catturare una nuova generazione di giocatori, un pubblico più giovane che potrebbe non avere alcun legame emotivo con i Ramones o i Suicidal Tendencies, ma che è cresciuto con il soundcloud rap di Denzel Curry o il post-punk degli IDLES. In questo senso, il gioco non vuole semplicemente ricreare il passato, ma aggiornarlo, renderlo di nuovo contemporaneo. Questa operazione, per quanto coraggiosa, trasforma inevitabilmente la colonna sonora in un punto di frizione generazionale, un terreno di scontro tra la ricerca di una capsula del tempo nostalgica da parte dei veterani e il bisogno di un linguaggio musicale attuale per i neofiti. THPS 3+4 diventa così un prodotto culturalmente più complesso e stratificato del suo predecessore, un’opera che usa la musica non solo per accompagnare l’azione, ma per dialogare, e a volte discutere, con la sua stessa eredità.

Tony Hawks Pro Skater 3+4 Girls
Sembra quasi di volare!

Tony Hawk’s Pro Skater 3+4: analisi Tecnica e il Futuro dello Skate Digitale

Sul fronte puramente tecnico, Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 si dimostra un prodotto solido e performante, ereditando la robusta impalcatura costruita da Vicarious Visions e ottimizzata da Iron Galaxy.  Su PC di fascia alta, dove l’abbiamo provato, l’esperienza è quella che ci si aspetta da un titolo del genere nel 2025. L’Unreal Engine viene sfruttato con maestria per garantire una grafica pulita, nitida e ricca di dettagli, con un’illuminazione dinamica e texture in alta definizione che donano nuova vita ai livelli classici. Il vero protagonista, però, è il frame rate. L’obiettivo di un “frame rate granitico”  è quasi sempre centrato, con il gioco che viaggia stabile a 60 fotogrammi al secondo in modalità “Fidelity” (con risoluzione 4K nativa) e punta ai 120 fps in modalità “Performance” (a risoluzione inferiore). Questa fluidità non è un mero vezzo estetico, ma un elemento cruciale del gameplay, che garantisce la reattività e la precisione necessarie per eseguire combo complesse. Tuttavia, non tutto è perfetto. L’analisi di THPS 3+4 non può concludersi senza allargare lo sguardo al contesto in cui viene pubblicato. Il 2025 non è il 2020. Il panorama dei videogiochi di skateboard è in procinto di essere scosso da un terremoto di proporzioni epiche: il ritorno del suo più grande rivale storico, skate.. E il nuovo capitolo di Electronic Arts non è solo un altro gioco, ma il portabandiera di una filosofia produttiva e commerciale radicalmente diversa. skate. si presenta come un titolo free-to-play, un’esperienza live-service progettata per essere cross-platform e in continua evoluzione, supportata da un sistema di microtransazioni focalizzato su oggetti cosmetici e un modello di business che punta all’engagement e alla monetizzazione sul lungo periodo. Ci troviamo di fronte a due filosofie diametralmente opposte. Da un lato, Tony Hawk’s Pro Skater 3+4: un prodotto “premium”, un pacchetto completo e autocontenuto, un’esperienza finita che si acquista una volta e si possiede per sempre, sulla scia della tradizione videoludica classica. Dall’altro, skate.: una piattaforma sociale, un mondo persistente e condiviso, un gioco come servizio che mira a costruire una community globale e a mantenerla attiva con eventi, drop di contenuti e un’economia interna. La contrapposizione è netta: l’esperienza curata e finita contro l’ecosistema in perenne mutamento.

Questa dicotomia proietta Tony Hawk’s Pro Skater 3+4 sotto una nuova luce, forse malinconica. Questo remake potrebbe non essere semplicemente un altro gioco di skate, ma il potenziale canto del cigno per un intero modello di sviluppo all’interno di questo genere. Il mercato dei giochi tripla A si sta spostando inesorabilmente verso modelli live-service, ritenuti più sostenibili e redditizi dai grandi publisher. Electronic Arts, da colosso del settore, sta scommettendo tutto su questa carta per il suo franchise di punta. Activision, con THPS, sembra invece percorrere una strada più tradizionale, forse perché considera la serie un progetto “minore” o un asset puramente nostalgico, meno adatto a una trasformazione in servizio continuo. Il successo commerciale di questo remake, messo a confronto diretto con i risultati che otterrà skate. nei prossimi mesi e anni, invierà un segnale fortissimo all’industria. Se il modello free-to-play di EA dovesse trionfare in modo schiacciante, mentre THPS 3+4 si limiterà a vendere “bene”, i publisher potrebbero concludere che non è più economicamente vantaggioso investire decine di milioni in giochi di sport arcade premium e autoconclusivi. Pertanto, questa recensione non sta solo valutando un gioco, ma sta documentando un momento di potenziale, e forse definitiva, svolta per il genere. Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4 diventa, suo malgrado, il simbolo di un’era che potrebbe essere al tramonto, l’ultimo esponente di una razza in via d’estinzione.


Giunti al termine di questa lunga sessione, è tempo di tirare le somme. Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4 è un’esperienza complessa, un gioco che lascia con sensazioni contrastanti, come un trick spettacolare chiuso con un atterraggio incerto. Da un lato, è impossibile non lodare l’eccellenza quasi assoluta del suo nucleo ludico. Il gameplay è sublime, una formula rifinita e perfezionata che rappresenta ancora oggi il vertice dello skateboarding-arcade. La ricostruzione della campagna di THPS3 è magistrale, un esempio di come un remake dovrebbe essere: fedele nello spirito, moderno nell’esecuzione. La ricchezza dei contenuti collaterali, dal potenziato Create-A-Park al vasto roster di skater, garantisce una longevità e una rigiocabilità notevoli. Dall’altro lato, però, pesa come un macigno la gestione della porzione dedicata a THPS4. La decisione di sradicare la sua innovativa struttura open-world per omologarla al formato a tempo è un’occasione mancata che grida vendetta, un tradimento dello spirito pionieristico di uno dei capitoli più coraggiosi della saga. È una scelta che rivela una visione conservatrice, forse dettata da direttive aziendali miopi, che ha preferito la coerenza di un pacchetto unificato al coraggio di preservare l’identità unica di ogni sua componente. Anche la colonna sonora, per quanto ricca di brani di qualità, rappresenta una rottura netta con il passato che non tutti apprezzeranno, sacrificando parte della magia nostalgica in nome di una contemporaneità forzata. Il verdetto finale non può che essere positivo, ma con riserve importanti. Iron Galaxy ha dimostrato di essere uno studio tecnicamente ineccepibile, un team di “appassionati che sanno trasmettere l’essenza”  dello skate. Ma questa volta, la passione sembra essere stata imbrigliata, costretta a operare all’interno di paletti troppo rigidi. Il risultato è un gioco che diverte, che soddisfa, che a tratti entusiasma, ma che lascia costantemente con un retrogusto amaro, l’amarezza di ciò che avrebbe potuto essere se solo si fosse osato di più, se solo si fosse avuta più fiducia nell’intelligenza dei giocatori e nel valore storico di ogni singola innovazione. È un acquisto quasi obbligato per ogni fan di Tony e per chiunque ami i giochi arcade fatti con cura, ma è un acquisto che porta con sé il peso della consapevolezza. La consapevolezza di avere tra le mani un prodotto eccellente, ma che avrebbe potuto essere un capolavoro immortale.