RoboCop Rogue City Unfinished Business Recensione: il cyber-poliziotto torna, più spietato (e solitario) che mai

RoboCop Rogue City Unfinished Business Key Art

RoboCop Rogue City Unfinished Business segna il ritorno di Teyon, piccolo team di sviluppo polacco attivo da anni, ma noto al grande pubblico solo dal 2014, quando si fece un nome — non esattamente per i motivi migliori — con Rambo The Video Game, un titolo ambizioso ma disastroso nella realizzazione. Eppure, già in quel progetto acerbo si intravedeva un elemento destinato a definire l’identità dello studio: la passione autentica per le licenze cinematografiche. Il vero cambio di passo arriva nel 2019 con Terminator Resistance, gioco finalmente a fuoco, con una storia originale ma coerente con il canone, capace di conquistare i fan della saga.

Ma è con RoboCop Rogue City, uscito nel 2023, che Teyon raggiunge l’apice della sua piccola ascesa, grazie a un titolo che, pur senza ambizioni da tripla A, riusciva a restituire tutto l’amore per il personaggio e l’estetica retro-futuristica del cult anni ’80 firmato Paul Verhoeven. Il successo, stavolta, fu concreto, con oltre 400.000 copie vendute nelle prime due settimane e la conseguente consacrazione come titolo di punta per il catalogo del publisher Nacon. Era quindi naturale aspettarsi un seguito, e infatti a meno di due anni di distanza, arriva Unfinished Business, espansione standalone che riprende la storia esattamente da dove si era interrotta.

RoboCop Rogue City Unfinished Business
Unità OCP-001 operativa!

RoboCop Rogue City Unfinished Business: una nuova missione per RoboCop

Inizio col precisare che non è necessario aver giocato il primo capitolo per godersi Unfinished Business. Anche se si tratta di un seguito diretto di Rogue City, ambientato nuovamente tra il secondo e il terzo film della saga cinematografica, l’espansione è comunque strutturata in modo abbastanza autonoma da risultare accessibile anche a chi parte da zero. Gli eventi principali vengono contestualizzati quanto basta, e l’esperienza regge senza problemi anche da sola.
Naturalmente, chi volesse approfondire la lore può sempre recuperare il capitolo precedente e i film originali, almeno i primi due, per cogliere al meglio citazioni, riferimenti e tono generale dell’opera.

Nei primi minuti assistiamo a un evento drammatico. Un attacco alla centrale di polizia Metro West — che nel primo gioco fungeva da hub — provoca la morte della maggior parte dei personaggi noti, fatta eccezione per la partner Anne Lewis e pochi altri superstiti, tra cui Sergeant Warren Reed. RoboCop si ritrova così a dover dare una bella lezione, nel nome della legge, a chi ha orchestrato l’attacco. È una scelta narrativa forse un po’ drastica, che priva l’esperienza di quei legami capaci di umanizzare il protagonista, ma che riesce comunque a offrire una premessa chiara e immediata anche per chi non conosce a fondo la saga.

RoboCop Rogue City Unfinished Business
La nostra fedele Auto 9

RoboCop Rogue City Unfinished Business: l’OmniTower e la minaccia cyber-mercenaria

La nuova minaccia ha il volto di un gruppo d’élite di mercenari asserragliati all’interno di una mastodontica struttura OCP ancora in costruzione: l’OmniTower. Progettata per ospitare i cittadini sfrattati da Old Detroit, è diventata ben presto una roccaforte verticale del crimine. RoboCop, da solo, dovrà risalire i piani dell’edificio, stanza dopo stanza, eliminando nemici, liberando civili intrappolati e impedendo un attacco informatico che rischia di mettere l’intero arsenale dell’OCP nelle mani sbagliate. Per chi non conoscesse l’universo della saga, l’OCP è la mega-corporazione privata che gestisce e controlla buona parte dei servizi pubblici, inclusa la stessa polizia di Detroit.

La torre colpisce subito per il suo aspetto grezzo e inospitale, un cantiere sospeso tra cemento, neon e acciaio che incarna perfettamente l’estetica rétro e decadente dell’universo di RoboCop. Ma quel che inizialmente affascina, col tempo diventa ripetitivo. Gli interni si somigliano troppo, e l’assenza di spazi urbani o sociali — presenti nel primo capitolo — si fa sentire. I pochi collezionabili sparsi tra i piani non bastano a rendere l’esplorazione davvero interessante, anche perché il ritmo lento di RoboCop spinge più verso il prossimo scontro che verso la voglia di guardarsi intorno.

Il fatto di non poter più visitare la stazione di polizia tra una missione e l’altra, o soffermarsi sugli scorci suggestivi di Detroit, è qualcosa che personalmente ho sentito come una mancanza. A compensare, almeno in parte, arrivano un ritmo più serrato e una progressione lineare ben calibrata, che mantengono alta la tensione anche nei momenti più ripetitivi.

RoboCop Rogue City Unfinished Business
Metà uomo, metà macchina

Il corso lento ma inarrestabile della giustizia

Chi si era divertito con Rogue City si sentirà subito a casa. Unfinished Business non stravolge il gameplay. RoboCop è ancora la stessa macchina da guerra che avevamo imparato ad apprezzare nel capitolo principale: pesante, persino ingombrante da controllare. Ma è proprio questa “legnosità” a rendere l’esperienza perfettamente coerente con il personaggio cinematografico — e tutt’altro che noiosa. La soddisfazione di travolgere interi gruppi di nemici con l’amata Auto-9 a munizioni infinite resta impagabile. Laddove molti FPS privilegiano agilità e frenesia, qui si abbraccia un incedere lento ma inesorabile, da vero carro armato cyber-umano.

Tornano le meccaniche già apprezzate, come il bullet time e la possibilità di afferrare oggetti da lanciare contro i nemici, a cui si aggiungono nuove finisher brutali con cui devastarli, il tutto magnificamente in perfetto stile verhoeveniano. Purtroppo, rimangono anche i vecchi difetti: il feeling delle armi la precisione dei colpi non mostrano miglioramenti concreti in questa nuova incarnazione. Il gunplay resta molto arcade, le armi poco differenziate, e i feedback dei colpi non convincono del tutto.

Qualcosa, però, si prova a rinfrescare. La nuova Cryo Cannon, capace di congelare istantaneamente i nemici, è un’aggiunta benvenuta, così come l’aumentata varietà degli avversari: dai letali cyber-ninja con katana ai mercenari con scudi energetici, fino ai fastidiosi droni volanti e ai nuovi soldati equipaggiati con jetpack, che aggiungono una strategicità inattesa ai conflitti a fuoco. Questi elementi aiutano a rendere gli scontri ancora più strategici e divertenti. Peccato per l’intelligenza dei nemici, ancora troppo debole: per godersi una sfida degna, consiglio almeno il livello di difficoltà intermedio.

Sempre presenti anche le meccaniche da GdR light. Alcuni potenziamenti rafforzano la resistenza o il danno, altri velocizzano la ricarica delle abilità speciali o migliorano l’analisi ambientale. Anche il sistema dei chip digitali a griglia fa il suo ritorno, coi suoi piccoli enigmi logici da risolvere con attenzione per ottenere bonus passivi, come aumento della salute, della resistenza o del danno. Non si tratta di un sistema complesso, ma offre un buon grado di personalizzazione, sufficiente a mantenere viva la sensazione di progressione.

Che bel giocattolino l’ED-209!

Narrazione, atmosfera e fanservice

Sul fronte narrativo, Unfinished Business mi ha convinto solo in parte. Il cast ridotto lascia meno spazio ai dialoghi e all’introspezione, e si percepisce chiaramente come il baricentro dell’esperienza sia stato spostato verso l’azione. A confermarlo ci sono i dialoghi a scelta multipla, presenti ma più radi e raramente incisivi, e delle fasi investigative ridotte all’osso. Detto questo, non mancano alcuni spunti interessanti.

Le missioni flashback in cui torniamo a vestire i panni di Alex Murphy da vivo rappresentano un bel cambio di ritmo e offrono uno sguardo più intimo e umano sul protagonista, prima della trasformazione in RoboCop. Solo pistola d’ordinanza e cuore fragile, senza armatura né potenziamenti. Il tono generale dell’avventura comunque rimane coerente con l’originale. RoboCop è sempre una figura granitica e autorevole, con battute secche e un’ironia asciutta, spesso involontaria.

Durante l’ascesa all’OmniTower, l’arrivo di una misteriosa alleata introduce riflessioni interessanti su potere, controllo mentale e residui di umanità. Tematiche trattate con semplicità, ma in grado di dare un po’ più corpo al racconto. E non manca ovviamente il fanservice, ben dosato e perfettamente integrato nel flusso dell’esperienza. Impossibile non citare la sequenza in cui si prende il controllo del celebre ED-209, una gradevole variante rispetto agli scontri tradizionali.

Con questo caldo, non c’è niente di meglio del Cryo Cannon

Comparto tecnico e audio

Tecnicamente siamo in linea con quanto visto in Rogue City. La qualità dei modelli rimane uno degli aspetti meno riusciti, con volti poco espressivi, animazioni rigide e un generale senso di “vecchio” tecnico che accompagna il comparto visivo. Fa eccezione, come già nel primo titolo, il modello di RoboCop, realizzato con grande cura e assolutamente credibile nella sua fedeltà all’originale cinematografico. Anche l’OmniTower, per quanto interessante sulla carta, risulta spesso spoglia e poco interattiva. L’assenza di salvataggi manuali continua a pesare, costringendo talvolta a ripetere intere sezioni a causa di checkpoint troppo distanti.

La prova su PC con RTX 4070 Super ha restituito comunque un’esperienza stabile, con frame rate elevati e costanti anche nelle situazioni più concitate. Gli ambienti, più contenuti rispetto al gioco base, alleggeriscono il carico sull’Unreal Engine 5, anche se non mancano piccoli bug, micro-stuttering e qualche problema di collisione. Fortunatamente è in arrivo una patch che dovrebbe migliorare l’ottimizzazione generale e risolvere i problemi più gravi, incluso un errore fatale che causa crash improvvisi su alcune configurazioni.

Sul fronte audio, ottima la presenza dell’inconfondibile voce di Peter Weller, che dona autenticità all’esperienza. Le musiche, cariche di sintetizzatori e suoni metallici, reinterpretano con gusto i motivi classici del film, riuscendo a evocare subito l’atmosfera anni ’80. Buono anche il mixaggio audio generale, in particolare l’iconico suono dei passi metallici di RoboCop, che trasmettono tutto il peso e la forza del personaggio a ogni movimento. Meno riuscito, invece, il doppiaggio dei personaggi secondari, piatto e decisamente non al livello del protagonista.


RoboCop Rogue City Unfinished Business non è un’espansione rivoluzionaria, ma piuttosto un’aggiunta solida e coerente con quanto fatto in Rogue City. A tratti manca di respiro, e la ripetitività della struttura si fa sentire, ma il cuore dell’esperienza — la potenza inesorabile di RoboCop — è ancora lì, intatta. Per chi cerca una nuova dose di piombo, giustizia e nostalgia, questo secondo giro di giostra è più che consigliato. A patto di sapere a cosa si va incontro: un gioco che punta tutto sull’azione, sacrificando parte della sua anima narrativa e investigativa. Un’esperienza più compatta, più brutale, ma forse anche un po’ meno memorabile.