Wonder Boy Asha in Monster World Recensione: nuova generazione, vecchie reminiscenze

Wonder Boy Asha in Monster World

Ricordo ancora con vivida chiarezza il ronzio delle macchine e l’odore inconfondibile di un’atmosfera magica, quella che si respirava dentro le sale giochi, che si mescolava alle esalazioni delle sigarette quando nei locali si poteva ancora fumare. Fu lì, tra il baluginio delle luci degli schermi catodici e l’amalgama delle musichette che riecheggiavano dagli altoparlanti dei cabinati, che avvenne il mio primo incontro con Wonder Boy. Un turbinio di pixel colorati su uno schermo curvo, un ragazzino primitivo in mutande che lanciava asce, sconfiggeva dinosauri e occasionalmente saltava su un anacronistico skateboard: era adrenalina pura, ogni gettone un piccolo atto di fede verso la possibilità di superare quel livello, di vedere cosa si celava dopo. Poi, la magia si trasferì tra le mura domestiche, quando finalmente arrivò il SEGA Master System. Le avventure di Wonder Boy si fecero più intime, più profonde. Da Wonder Boy in Monster Land, anch’esso incontrato prima al bar sotto casa, a Wonder Boy III The Dragon’s Trap, ogni capitolo ha costituito un tassello di un’infanzia e un’adolescenza passate con il joypad saldamente stretto tra le mani. Questa saga non era solo un passatempo; era una compagna fidata, un portale verso mondi fantastici che hanno contribuito a plasmare la mia passione per i videogiochi e così oggi, a distanza di parecchi anni, mi trovo a parlare di Wonder Boy Asha in Monster World, un curioso rifacimento che, lungi dall’essere una rilettura radicale, si presenta come un rispettoso tributo, un ponte tra il passato e un presente modernizzato che concede a noi veterani una chance di rivivere vecchie sensazioni e ai nuovi arrivati di scoprire un pezzo di storia videoludica. È un viaggio che mi riporta indietro nel tempo, a un’epoca in cui ogni gioco era una scoperta, ogni boss una sfida epica. Ma al contempo, è anche un’analisi del lavoro compiuto per attualizzare un classico (da qualche giorno disponibile anche su Microsoft Store, PlayStation 5 e Xbox Series) un bilanciamento delicato tra il mantenimento della fedeltà e l’adeguamento ai canoni estetici attuali che non sempre raggiunge gli obiettivi prefissati.

Wonder Boy Asha in Monster World
Il comparto grafico è stato completamente rinnovato, ma lo spirito è lo stesso di trent’anni fa

Wonder Boy Asha in Monster World: è giunta l’ora che la leggenda si ripeta

Ci sono titoli che, pur nati in epoche lontane, possiedono un’anima così peculiare da resistere al passare del tempo. Monster World IV, l’originale da cui Asha in Monster World prende vita, è senza dubbio uno di questi: lanciato in un periodo d’oro per i platform a scorrimento laterale, seppe distinguersi per la sua narrazione leggera, un gameplay intuitivo e ben strutturato e uno stile grafico memorabile. Il suo arrivo fuori dal Giappone, seppur avvenuto con notevole ritardo, contribuì a consolidare la sua fama di gioiello nascosto. Questo remake, va detto, non è un’operazione che stravolge le carte in tavola; piuttosto, si configura come un atto di devozione verso un titolo che ha lasciato il segno. È un tentativo ben eseguito di riproporre un’esperienza classica con una veste grafica completamente rinnovata, pur mantenendo intatto lo spirito che lo rese celebre. L’impatto visivo è evidente: i personaggi, un tempo stilizzati in pochi pixel, ora vantano dettagli ed espressività accresciuti, i mostri sono più definiti e gli ambienti, pur familiari, sono stati ricreati con una cura encomiabile per i particolari. Ogni sfondo, ogni elemento scenico, ogni animazione contribuisce a creare un mondo che è al tempo stesso riconoscibile e visivamente più gradevole.

Questa rielaborazione grafica, tuttavia, si concentra principalmente sull’aspetto estetico, piuttosto che su modifiche sostanziali alle meccaniche di gioco. La fluidità delle animazioni e la ricchezza delle texture conferiscono al gioco una pulizia visiva che l’originale, seppur eccellente per i suoi standard, non poteva raggiungere. È un po’ come un’opera d’arte restaurata: il quadro è lo stesso, ma i colori sono più vivaci e i dettagli più nitidi. La transizione dal 2D pixel-art al 3D poligonale è stata gestita con competenza, evitando gli scivoloni che talvolta affliggono i remake eccessivamente ambiziosi. Al contrario, si percepisce un rispetto quasi scrupoloso per l’estetica originale, trasposto nella scelta dei colori, nella stilizzazione dei personaggi e nella coerenza del design complessivo. La sensazione è quella di giocare a un titolo moderno che, tuttavia, non rinnega affatto le sue radici, ma le celebra con una veste più attuale. È un equilibrio sottile, raggiunto grazie a una visione chiara da parte di un team che ha saputo tradurre la nostalgia in un prodotto concreto e indubbiamente gradevole, ma che non si spinge oltre la superficie del restyling nudo e crudo.

La caratterizzazione di mostri e personaggi è uno degli aspetti migliori del gioco

Forse il destino l’ha condotta fin qui

Il gameplay di Wonder Boy Asha in Monster World si muove sul filo della fedeltà all’originale. Chi ha familiarità con i platform di qualche decennio addietro si sentirà immediatamente a proprio agio: il combattimento è diretto, i salti richiedono precisione e l’esplorazione viene occasionalmente ricompensata da tesori e oggetti magici. A dispetto dello strato di vernice contemporaneo, le meccaniche fondamentali sono rimaste pressoché inalterate, garantendo quella sensazione di familiarità che è tanto apprezzata dai veterani. È chiaro che il gioco non aspira alla complessità di un moderno action RPG, né alla libertà di un open world. Non c’è l’intenzione di reinventare il genere, quanto piuttosto di riproporre una formula collaudata con un tocco di attualità. Alcuni potrebbero riscontrare una certa rigidità nei movimenti o un sistema di combattimento ben poco articolato, ma è proprio in questa essenzialità che risiede gran parte del fascino per chi apprezza il genere. È un gioco che, pur non sconvolgendo, ti guida attraverso un’avventura lineare ma non priva di piccole scoperte, dove ogni angolo può celare un segreto o un potenziamento di qualche tipo. E la musica, composta dai riarrangiamenti della colonna sonora firmata da Jin Watanabe che fonde influenze orientali con melodie epiche, accompagna ogni nostro passo, amplificando l’atmosfera esotica e fiabesca del microcosmo di Monster World.

L’elemento più caratteristico e simpatico del gameplay, tuttavia, rimane l’interazione con Pepelogoo, il fedele compagno di Asha. Questo piccolo e adorabile amico non è solo un’aggiunta estetica, ma un elemento funzionale del gioco, arricchendo le pur semplici meccaniche di esplorazione e risoluzione di enigmi. Pepelogoo può essere utilizzato per raggiungere piattaforme altrimenti fuori portata, superare burroni o persino interagire con l’ambiente in modi specifici. La sua presenza aggiunge un piccolo strato di interattività a un gameplay che, altrimenti, risulterebbe piuttosto lineare. L’evoluzione di Asha, che passa da una semplice sciabola a corposi potenziamenti delle sue abilità e dell’arsenale raccolto strada facendo, contribuisce a mantenere un certo interesse nel giocatore, spingendolo a esplorare ogni angolo per scoprire oggetti nascosti e miglioramenti che, seppur non rivoluzionari, la renderanno più efficace. È un ciclo ludico che, pur non brillando per innovazione, regala sempre una progressione soddisfacente.

Wonder Boy Asha in Monster World
Identificare i pattern dei mostri è essenziale per sconfiggerli

Wonder Boy Asha in Monster World: il tempo stringe!

Ci troviamo dunque alle prese con una riproposizione fedele, né più né meno, un ritorno alle origini che accetta il progresso estetico senza stravolgere il nucleo giocabile, un lavoro che riesce a catturare l’essenza di un classico senza cadere nella trappola della reinterpretazione radicale. La sua grafica rinnovata, l’espressività dei personaggi e la cura per gli scenari lo rendono piacevole alla vista, mentre il gameplay, fedele all’originale e arricchito da piccole ma gradite interazioni come quelle con Pepelogoo, garantisce un divertimento immediato per chi cerca un platform semplice e diretto. È un’avventura che bilancia con intelligenza la nostalgia per i tempi passati con una presentazione moderna, invitando tanto i vecchi fan a riscoprire un titolo amato quanto i nuovi giocatori a intraprendere un viaggio nel classico platforming, arricchito dalle migliori prestazioni che le console dell’attuale generazione riescono a garantire. Malgrado non apporti chissà quali migliorie sostanziali al gameplay, e qualche rigidità ereditata dal design originale sia ancora percepibile, l’esperienza complessiva è solida e accattivante, un piccolo inno al platforming di vecchia scuola che dimostra come un buon design di base, pur non innovativo, possa ancora offrire molte ore di puro divertimento.


Wonder Boy Asha in Monster World è un remake che fa della fedeltà all’originale il suo punto di forza, racchiudendolo in un’esperienza visivamente rinnovata ma intrinsecamente classica. Per i fan di lunga data e per chi cerca un platform semplice, carismatico e accessibile, è un acquisto che difficilmente potrà deludere le aspettative. Non brilla per innovazione nel gameplay e conserva alcune delle rigidità del titolo originale, ma la cura nel restyling grafico e il fascino intramontabile dell’avventura della “ragazza meraviglia” lo rendono un titolo godibile e un rispettoso omaggio a una saga storica, un gioco che, pur senza strafare, riesce a divertire e a rievocare quella nostalgia tipica dei grandi classici.


 

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.