Pragmata Provato gamescom 2025: un trattato sulla dualità dell’umanità

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Benvenuti nel mondo di Pragmata. O, perlomeno, in questo suo breve assaggio.

Quando Pragmata apparve per la prima volta allo showcase di PlayStation 5 nel giugno 2020, sembrò un dispaccio inviato da un futuro remoto: un astronauta in una tuta ingombrante che cammina per una Manhattan silenziosa, una bambina scalza dagli occhi inquietantemente sereni, un cielo trafitto da un satellite che precipita. Bastarono pochi secondi di trailer per suscitare più domande che risposte, e Capcom, allora, si limitò a promettere un’uscita in tempi relativamente brevi. Promessa che non è stata mantenuta.

Per oltre tre anni Pragmata ha alimentato l’immaginario dei fan attraverso un flusso intermittente di aggiornamenti, rinvii e rumor, al punto da diventare quasi un “meme” all’interno della community videoludica. Ma ora, dopo un limbo progettuale che ne ha messo in dubbio persino l’esistenza, il titolo sta finalmente prendendo corpo. La recente demo messaci a disposizione a porte chiuse ne è la prova tangibile: Pragmata esiste e Capcom vuole dimostrare che non si tratta solo di un’idea suggestiva, ma di una produzione con solide ambizioni.

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I due protagonisti si incontrano. Non in una condizione ideale, però.

Quel Pragmata venuto dallo spazio

La sessione da noi giocata aveva una durata di circa 15-20 minuti. Breve, certo, ma sufficiente per offrire un assaggio delle meccaniche fondamentali e del tono narrativo offerti dall’opera. Nello specifico, Capcom ha scelto di concentrare la dimostrazione sugli elementi di gameplay, tagliando buona parte della trama e riducendo l’esperienza a una sorta di “condensato”: una pillola digeribile, costruita per trasmettere sensazioni più che per raccontare in dettaglio.

Ciò vuol dire che non abbiamo potuto saggiare la profondità narrativa del titolo né intuire quanto vasto o complesso sarà il mondo di gioco finale, tuttavia abbiamo percepito una direzione chiara: atmosfera sospesa, giocabilità basata sulla cooperazione tra due figure complementari e una struttura che fonde esplorazione, combattimenti e momenti di puzzle solving.

La natura “semi-libera” della demo ha aggiunto un ulteriore livello d’interesse. Non si trattava di una sequenza guidata passo per passo, bensì di un estratto relativamente versatile, dove i giocatori potevano agire con un minimo di autonomia. Una scelta non priva di rischi: quando un titolo ancora in sviluppo passa nelle mani di estranei, questi possono dar vita a imprevisti o reazioni inattese. Ricordiamo, per esempio, l’orrore negli occhi del responsabile di Capcom quando, durante la demo di Dragon’s Dogma 2, ha visto che il nostro avatar stava saltando da un tetto all’altro con un pollo in mano, vestendo solo un paio di boxer.

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Gli avversari del gioco riescono al contempo a essere robotici e futuristici, ma anche a trasudare orrore gotico.

Un incontro che definisce l’avventura

La demo si apriva con una scena dal taglio cinematografico: all’interno di una base spaziale, Hugh Williams, un astronauta visibilmente ferito e malconcio, giace ferito a terra. La tuta è danneggiata, la sua sopravvivenza incerta. A soccorrerlo è una bambina apparentemente fragile, che a fatica trascina una cassa medica e improvvisa una riparazione d’emergenza. È un momento che segna subito il tono: l’incontro tra vulnerabilità e resilienza, tra umano e artificiale. Presto scopriamo infatti che la bambina non è davvero una bambina. Diana, questo il suo nome, è in realtà un’intelligenza artificiale, capace di proiettare interfacce digitali e interagire con i sistemi elettronici circostanti.

L’incontro tra i due viene bruscamente interrotto dall’arrivo di una creatura meccanica, un droide di sicurezza ormai fuori controllo. Hugh prova ad affrontarlo con la sua arma da fuoco, tuttavia i colpi sembrano rimbalzare sul suo esoscheletro, causando effetti quasi nulli. È Diana, con un hack fulmineo, a rovesciare le sorti dello scontro: il nemico divarica la sua scorza impenetrabile, lasciando scoperte le sue aree più vulnerabili. Hugh può così sconfiggere la creatura, chiarendo che la vera chiave di sopravvivenza sarà l’unione delle loro reciproche capacità.

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Diverse armi hanno diversi effetti, quindi vale la pena utilizzarle strategicamente in alternanza. Qui gli effetti della “rete di stasi”.

Un gameplay duale: due cervelli, una battaglia

La particolarità di Pragmata risiede proprio in questo binomio. Hugh rappresenta la dimensione fisica e tangibile: muoversi, esplorare, combattere, schivare. Diana incarna invece l’aspetto digitale: hacking, manipolazione dei sistemi, indebolimento dei nemici. Dal punto di vista ludico, il giocatore controlla principalmente Hugh, tuttavia, al tempo stesso, deve anche gestire i talenti di Diana adoperando un’interfaccia olografica che si apre durante i combattimenti. Nei fatti, questa dinamica prende la forma di un minigioco: per manomettere i sistemi degli avversari bisogna muovere un cursore all’interno di una griglia, attivare nodi, sfruttare zone speciali che accelerano o complicano l’hack. Il tutto mentre si è impegnati a evitare gli attacchi dei robot assassini.

Il risultato è un’esperienza che costringe a un’attenzione divisa. Da un lato bisogna mantenere il focus sul campo di battaglia, con movimenti, schivate e mira; dall’altro occorre “spostare” mentalmente la propria attenzione verso l’overlay di Diana. Una sorta di multitasking che genera un senso di lieve ma stimolante alienazione: non si sta semplicemente giocando con un personaggio, ma orchestrando due entità complementari e in sincronia. Diana, insomma, non è un semplice supporto passivo o un NPC da proteggere: è un co-protagonista attivo, indispensabile tanto quanto Hugh.

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La creatura sia apre, esponendo le sue vulnerabilità interiori.

Atmosfere e suggestioni

Dal punto di vista scenico, Pragmata pesca a piene mani dall’immaginario sci-fi, mescolando suggestioni differenti. La base spaziale, i corridoi metallici e i nemici meccanici ricordano inevitabilmente Dead Space, seppur privi della componente horror e gore più estrema. Le tecnologie futuristiche, l’estetica delle interfacce e le armature potenziate evocano invece a tratti quelle estetiche tipiche di Metal Gear o Zone of the Enders. C’è dunque anche un lato più inaspettato: momenti di esplorazione più sereni, puzzle ambientali e interazioni tra Hugh e Diana che, almeno in potenza, richiamano la leggerezza dei giochi adventure family-friendly di Nintendo e Rare. Un contrasto netto con i riferimenti più cupi, ma che se ben bilanciato potrebbe costituire uno degli elementi più originali del titolo.

Questo senso nostalgico nei confronti dei vecchi capolavori emerge da piccole cose, a partire dalla gestione delle armi e delle munizioni. Per quanto visto fino a ora, le armi con colpi limitati possono essere ricaricate attraversando ologrammi che ricordano molto da vicino i “power up” e gli equipaggiamenti per com’erano presentati dai videogiochi anno Novanta/Duemila. Anche gli scontri con i robot più imponenti trasudano la sensazione di “boss di fine livello”: il combattimento con cui si è chiuso il nostro trial era intavolato in un’arena circolare piena di ostacoli dietro cui cercare copertura, nell’attesa che il mastodontico attaccante rivelasse il suo – visibilissimo – punto  debole. Queste reminiscenze non rendono tuttavia il titolo obsoleto! Gli sviluppatori hanno avuto l’arguzia di introdurre elementi più affini ai gusti contemporanei, tra cui una barra di resistenza che, quando infranta, permette di sferrare attacchi devastanti ai nemici più coriacei.

Non va però dimenticato che Pragmata è una nuova proprietà intellettuale, e per Capcom rappresenta una scommessa. Negli ultimi anni l’azienda giapponese ha consolidato il suo successo grazie a brand storici come Resident Evil, Monster Hunter e Street Fighter. Introdurre sul mercato una nuova IP, con un immaginario non ancora consolidato e senza una fanbase preesistente, comporta sempre un rischio significativo. La scelta di presentare una demo compatta ma efficace risponde a una strategia precisa: comunicare chiaramente il “cuore” del gioco senza scoprire troppo. Capcom vuole che i giornalisti e i content creator capiscano la natura dell’esperienza, così da poterla raccontare e diffondere. È un atto di fiducia, ma anche un investimento sulla percezione.

Il boss da noi affrontato aveva un evidente punto debole. Vi lasciamo intuire quale.

Pragmata: miocardio meccanico

Al termine della nostra prova ci restano ancora un’infinità di dubbi: la struttura complessiva, l’ampiezza dell’esplorazione, la profondità narrativa e il bilanciamento del ritmo. Ciò che è emerso con forza, però, è la volontà di Capcom di proporre qualcosa di diverso. Il legame tra Hugh e Diana, se perseguito con la giusta sensibilità, ha tutte le potenzialità per diventare l’elemento cardine del titolo: non solo un espediente ludico, ma anche un tema narrativo che custodisce un profondo richiamo emotivo. Il mondo di Pragmata si presta come non mai a sollevare riflessioni sulla natura dell’umanità, sul rapporto uomo-macchina, sul significato di crescere e imparare. Un terreno fertile che, se unito a un gameplay solido, può trasformare l’opera in un titolo destinato ad affiancarsi a capolavori senza tempo quali la saga di Nier.

Pragmata è stato a lungo un fantasma: un nome evocato, un trailer enigmatico, un progetto di cui si parlava più per i rinvii che per i contenuti. Questa demo segna un punto di svolta. Non siamo ancora davanti a un’opera compiuta, ma a un frammento che mostra chiaramente direzione, identità e ambizioni. Capcom sembra convinta di avere tra le mani qualcosa di unico: un action-adventure fantascientifico che mescola atmosfere cupe e momenti di leggerezza, con un gameplay basato su un’inedita cooperazione tra astronauta e intelligenza artificiale.


Alla luce di quanto visto e provato, Pragmata si conferma come uno dei progetti più affascinanti e al tempo stesso enigmatici del panorama Capcom. La demo ci ha illustrato tutte le possibilità di un titolo che osa uscire dalle zone di comfort dell’azienda, proponendo un rapporto ibrido tra action, avventura e fantascienza, un’opera che punta tutto sulla sinergia tra i due protagonisti. Si tratta di una creatura in divenire che sta cercando di definire la propria identità e la cui bontà sarà sondabile solamente più avanti, ovvero quando l’azienda divulgherà dettagli più capillari sull’intero progetto. Nel frattempo, se queste premesse verranno mantenute, Pragmata potrà smarcarsi dai paragoni e ritagliarsi un posto tra le nuove IP più interessanti della generazione.