Arcade Archives 2 Ridge Racer Recensione: un ruggito dal passato

Ridge Racer

Ci sono dei suoni ben precisi che riecheggiano nella memoria di ogni appassionato di corse arcade: il rombo del motore di un’auto sportiva virtuale, le sgommate in curva e il jingle che annuncia la fine di un giro perfetto. Effetti acustici legati indissolubilmente a un nome, un’icona che ha segnato un’intera epoca: Ridge Racer. Negli anni Novanta, questo nome ha catturato i cuori di milioni di giocatori, portando la velocità e il divertimento dei circuiti urbani direttamente in sala giochi prima e nelle nostre case poi, in qualità di uno dei giochi con cui debuttò la prima PlayStation. Il titolo Namco stato un pioniere che ha saputo evolvere e reinventarsi, fino a divenire un punto di riferimento per la categoria. Ciascuna iterazione ha portato con sé qualcosa di nuovo, colonne sonore indimenticabili e una sensazione costante di adrenalina da pista nuda e cruda. Anche se siamo ormai abituati a simulazioni iperrealistiche e mondi aperti sconfinati da navigare su quattro ruote, volgere lo sguardo al passato regala sempre emozioni travolgenti, consente di rivivere quel primo, folle, incancellabile capitolo che ha dato il via a tutto e ci ricorda il motivo per cui ci siamo innamorati di questo franchise.

La linea di partenza che ha segnato l’ingresso dei giochi di corse nel mondo del 3D “texturizzato”

La storia di Ridge Racer è, in un certo senso, quella dei racing game dal taglio molto poco simulativo. Niente di complesso, nessuna trama profonda o assetti da regolare con un manuale di ingegneria ma un solo e unico obiettivo: tagliare il traguardo per primi. E in questo, l’esecuzione di Namco è stata magistrale. La semplicità delle sue premesse è la sua qualità migliore, poiché non abbiamo bisogno di leggere tutorial lunghissimi o di comprendere intricati sistemi di gestione del veicolo. Si sale in macchina e si guida o, meglio, si sgomma. È proprio una simile immediatezza a renderlo così avvincente, quasi ipnotico. La sensazione di velocità è esaltante, accentuata dalla visuale in prima persona che ci fa sentire tutt’uno con la strada. Benché il tracciato sia uno solo, la sua complessità cresce man mano che i giri si susseguono, con una serie di curve cieche, strettoie e insidie che richiedono un’attenzione costante e riflessi fulminei. Curve e tornanti sono l’occasione  giusta per perfezionare la traiettoria, derapare con precisione millimetrica e superare i nostri avversari virtuali, la cui IA è programmata per metterci alla prova senza tregua. Malgrado l’apparente ripetitività, la sfida rimane sempre fresca e stimolante, spingendoci a cercare il limite, a battere il nostro record personale e a domare una fisica del veicolo che è al tempo stesso indulgente e punitiva. L’assenza di una vera e propria progressione viene compensata dalla pura gioia del gameplay, un’esperienza che si basa unicamente sul nostro desiderio di migliorare e di sentire il vento in faccia, anche se solo immaginario.

Ridge Racer
L’arte della derapata, l’essenza di Ridge Racer è tutta qui

Arcade Archives 2 Ridge Racer: il veloce e il furioso

Ridge Racer era, e resta con le debite proporzioni, un prodigio visivo per il suo tempo. L’uso della grafica poligonale, allora agli albori, era rivoluzionario: i modelli delle auto erano semplici, certo, ma robusti e ben definiti, mentre le texture denotavano una certa essenzialità ma erano piene di colore e carattere. I paesaggi, con le palme incastonate in una lunghissima spiaggia, le montagne che incorniciavano i tunnel illuminati dai neon e gli altissimi grattacieli cittadini, creavano un’atmosfera incredibilmente suggestiva. La strada scorreva fluida e senza intoppi, a una velocità che all’epoca era impensabile per un gioco di corse. Il frame rate, stabile a sessanta fotogrammi al secondo, era l’autentico fiore all’occhiello, e garantiva testa a testa fluidi e incredibilmente realistici. La sensazione di velocità veniva amplificata da un sapiente uso di effetti visivi, come lo zoom in avanti quando si raggiungeva una velocità elevata. Era un tipo di grafica che ci faceva sognare, che ci proiettava su una strada poligonale che sembrava allungarsi all’infinito, e che ci faceva credere di essere davvero al volante di un bolide da corsa. Le scie luminose delle luci posteriori delle auto e il sole che tramontava all’orizzonte sono dettagli impossibili da cancellare, fulgida testimonianza di un’avanguardia tridimensionale in grado di creare mondi affascinanti con risorse decisamente limitate.

In termini di meccaniche, la forza di Ridge Racer risiede nella sua fisica arcade, scevra da qualsiasi intento simulativo. Qui si derapa a velocità folli, con una manovrabilità che sfiora la telecinesi. I controlli, pur essendo diretti e reattivi, richiedono un po’ di pratica per essere domati completamente. La chiave del successo è imparare il giusto tempismo per derapare, un’arte che richiede precisione e intuizione. Ma, una volta acquisita la padronanza di questa tecnica, il gioco si trasforma in una danza, una coreografia di sgommate e controsterzate in cui ogni svolta è un’opportunità per guadagnare preziosi secondi. La gestione dei traversi è il fulcro del racing game di Namco, l’elemento caratterizzante che lo differenzia da tutti gli altri giochi di corse dell’epoca. La colonna sonora, poi, è un capolavoro a sé stante: sebbene inizialmente non fosse prevista alcuna musica, il compositore Shinji Hosoe decise di integrare un’energica miscela di musica elettronica e melodie techno per esaltare l’energia e il ritmo frenetico della gara. Le tracce non sono un banale sottofondo, ma parte integrante della gara, un inno all’andatura smodata che spinge il giocatore a dare il massimo. Tutti i brani presenti sembrano cuciti addosso alla pista, e generano un’atmosfera elettrizzante che pervade le partite.

Ridge Racer
La suggestione del ciclo giorno-notte testimonia come un design intelligente possa superare i limiti tecnologici

Bisogno di velocità

Quando un classico del passato viene riportato in vita, c’è sempre il rischio di una manovra puramente commerciale che non renda giustizia ai suoi trascorsi. Per fortuna, non è il caso del lavoro svolto da Hamster Corporation che, come di consueto per la collana Arcade Archives, ha confezionato un’emulazione impeccabile che consente al gioco di scorrere con una fluidità che onora l’hardware della leggendaria Namco System 22. La fedeltà visiva e sonora è impressionante, come se la macchina del tempo ci avesse riportato indietro di trent’anni, corredata da alcune postille che rendono gli inseguimenti sull’asfalto rovente ancora più godibili. I filtri grafici, in particolare, per quanto non esattamente rivoluzionari sono una vera chicca: la possibilità di simulare uno schermo CRT, completo di curvatura e linee di scansione, è una dimostrazione di cura e attenzione per i dettagli che farà la gioia di ogni retrogamer, un modo per ricreare non solo il titolo ma l’intero contesto in cui è stato giocato la prima volta. È un piccolo tocco, certo, ma è proprio in questi particolari che si nasconde la vera differenza tra un semplice porting e una vera e propria operazione di preservazione videoludica.

Nondimeno, dopo esserci sfilati gli occhiali rosa della nostalgia, bisogna essere onesti e ammettere che il gioco non è esente da qualche piccola pecca, inevitabile vista l’età che Ridge Racer porta sulle spalle. La mancanza di opzioni aggiuntive come visuali della telecamera alternative, ad esempio, può risultare un po’ limitante per chi è abituato ai giochi di corse moderni. Ma il difetto più grande, che non deriva dalla conversione bensì da una limitazione intrinseca dell’originale, è la mancanza di varietà. A nostra disposizione abbiamo soltanto una pista, seppur con diverse varianti, e questo alla lunga può portare a una certa monotonia. Non ci sono diverse modalità di gioco, non c’è una progressione con nuove auto da sbloccare o un multiplayer online per sfidare altri giocatori, eccezion fatta per una classifica condivisa tramite cui possiamo confrontare le prestazioni su pista con quelle di tutti gli altri piloti del mondo. Per i giocatori abituati alla ricchezza di contenuti dei titoli odierni, sono tutte considerazioni che potrebbero facilmente rappresentare un deterrente. Quantomeno, Hamster ha provato a mescolare un po’ le carte in tavola introducendo diverse modalità: oltre ai tre livelli di difficoltà che aumentano velocità e numero di giri, ci sono una prova a tempo (Time Trial) contro un singolo avversario, la presenza dell’edizione DX che simula il cambio e la frizione aggiunti sul cabinato, una “maratona” (Caravan) da 5 minuti con classifiche online, un Time Attack per completare il gioco il più velocemente possibile e una High Score con un solo credito. Inoltre, su console Sony e Microsoft ci sono trofei e obiettivi che incentivano ulteriormente a giocare.


Ridge Racer, primo esponente della nuova “stagione” di Arcade Archives, è una testimonianza di come un design di gioco mirato e senza fronzoli possa resistere alla prova del tempo. Il suo gameplay immediato e l’estetica senza tempo ne fanno ancora oggi un prodotto davvero appagante. Malgrado i limiti congeniti dovuti all’età, la conversione è talmente ben fatta da meritare il plauso. Grazie ad essa possiamo tornare alle origini del genere, e toccare con mano un promemoria di come tutto è iniziato e di quanto divertimento può ancora offrire un gioco poligonale a bassa risoluzione. È un’esperienza che ogni appassionato di corse arcade e di retrogaming dovrebbe provare, certo non perfetta ma la sua natura, il suo spirito di pura e semplice velocità, rimane intatto e irresistibile.


 

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.