Hollow Knight Silksong Recensione: l’odissea della principessa Hornet

Hollow Knight Silksong, Hornet

Se otto anni fa vi avessero detto che nel 2025, tra i titoli più attesi dell’anno, non ci sarebbe stato spazio solo per l’ennesimo costosissimo tripla A ma anche per un piccolo outsider indie, ci avreste creduto? Eppure è andata proprio così, grazie al talento di Team Cherry che, partendo da una fase prototipale sviluppata in una game jam e dopo un Kickstarter di successo, è riuscito a rendere Hollow Knight un vero e proprio fenomeno di culto, da oltre 15 milioni di copie vendute.

La community chiedeva a gran voce un seguito dell’amato metroidvania e, anche in questo caso, da un’idea inizialmente contenuta, un semplice DLC dedicato alla misteriosa principessa guerriera del primo gioco, il progetto è cresciuto fino a convincere gli sviluppatori Ari Gibson e William Pellen a trasformarlo in qualcosa di decisamente più grande. Inutile sottolineare che le aspettative per Hollow Knight Silksong sono altissime. Ora, dopo oltre trenta ore di gioco, possiamo finalmente tirare le somme e raccontarvi la nostra esperienza al fianco di Hornet.

Hollow Knight Silksong
Hornet muove i primi passi nel nuovo regno

Hollow Knight Silksong: la caduta di Hornet

Se provenite dal primo Hollow Knight, giocando a Silksong vi accorgerete subito che l’obiettivo degli sviluppatori è riprendere quanto di buono fatto nel capitolo originale, ma al tempo stesso spingersi ben oltre i suoi limiti. Quella che vi troverete a giocare è un’esperienza più grande, più complessa e decisamente più impegnativa. Lo dimostrano la nuova mappa, molto più estesa, l’enorme varietà di nemici, i numerosi boss inediti e la chiara volontà di alzare ulteriormente l’asticella della sfida.

La nostra avventura si apre lontano da Nidosacro. Il nuovo regno si chiama Lungitela e vede la principessa protettrice Hornet al centro della scena. L’inizio è segnato da un filmato di grande impatto: Hornet, fatta prigioniera da misteriose figure velate, riesce con le ultime forze a spezzare le catene e precipita nelle profondità muschiose del nuovo mondo. Da lì ci prepariamo ad affrontare un cammino di ascesa, armati soltanto del fedele ago. Un viaggio intricato e carico di mistero, alla ricerca di chi ci ha catturati e del motivo che si cela dietro a questo destino.

Hollow Knight Silksong
Ogni combattimento è una danza letale

Un mondo di seta e malinconia

Lungitela si presenta come un mondo decisamente più verticale rispetto a quello del primo Hollow Knight. Un regno vivo, popolato da insetti antropomorfi e pellegrini smarriti, ma tutt’altro che accogliente: un canto inquietante riecheggia tra le sue profondità, mentre fitte ragnatele di seta sembrano spingere alla follia chiunque vi resti intrappolato. L’atmosfera è malinconica e decadente, proprio come nel capitolo originale, eppure c’è da perdersi a vista d’occhio tra le sue vastità. Ovunque si intravedono tracce di civiltà ormai svanite, con macchinari arrugginiti e consumati dal tempo.

La sensazione è sempre quella di trovarsi in un mondo in cui molta della lore resta sepolta, pronta a essere ricostruita dai giocatori più attenti. Ogni area possiede un’identità unica e suggestiva: dalla verdeggiante Grotta Muschiosa alla Palude Oscura, passando per la Foresta Corazzata fino alla Sala del Coro. Sempre con la costante meraviglia di trovarsi in un luogo fiabesco e tenebroso. Come nel primo capitolo, la narrativa emergente resta al centro dell’esperienza, ma qui trova spazio una novità tutt’altro che trascurabile.

A differenza del protagonista silenzioso del primo Hollow Knight, Hornet non è un guscio vuoto. Ha una voce e una personalità definite, e questo si riflette innanzitutto nelle interazioni con gli NPC: la principessa non si limita ad ascoltare, ma interviene e partecipa attivamente ai dialoghi. Una scelta che dona sfumature più intime e personali rispetto all’epopea muta del Cavaliere, pur sacrificando in parte quel fascino criptico che contraddistingueva la sua avventura.

Ogni scontro in Silksong è un rituale di precisione e ferocia

Un combattimento che sembra una danza

Benché non sia necessario aver giocato il primo capitolo per godersi Silksong, chi ha già affrontato i meandri di Nidosacro ritroverà la solida ossatura da metroidvania 2D. All’inizio però ci si può sentire un po’ spaesati. Abituato al gameplay del Cavaliere, inizialmente ho un po’ faticato ad adattarmi alle caratteristiche del nuovo personaggio. Anche qui le differenze introdotte sono tantissime e donano al titolo un ritmo completamente diverso.

Hornet è molto più agile: salta più in alto, si arrampica, si aggrappa automaticamente ai bordi. Per affrontare una mappa più grande serviva un personaggio veloce, e così è stato. Questa agilità si riflette nei combattimenti, ripensati da zero. Il balzo che le consente di scavalcare gli avversari, gli scatti fulminei, i colpi aerei acrobatici: ogni movimento è pensato per dare fluidità. L’ago, veloce e dal raggio leggermente più ampio rispetto al chiodo del Cavaliere, diventa un’arma versatile.  Il fendente standard, inclinato in diagonale, richiede precisione: concatenare rimbalzi e colpi diventa essenziale nelle sezioni platform più ostiche. Non nego che ci siano stati momenti di frustrazione, ma non è un difetto di design: è una scelta progettuale precisa, che però potrebbe non piacere a chi si aspettava maggiore continuità.

Anche il sistema di cura è stato rivisto. Il Cavaliere doveva fermarsi per ricaricare lentamente la salute; Hornet invece può curarsi in aria e in movimento, consumando la Seta. Una guarigione completa ripristina fino a tre punti vita, ma svuota l’intera barra. Se veniamo colpiti durante l’animazione, perdiamo comunque tutta la Seta accumulata. Il combattimento è inoltre molto più personalizzabile. Hornet raccoglie oggetti come bombe o trappole di seta, che hanno usi limitati e vanno riparati o craftati. Ci sono poi i grani di Rosari, una valuta simile ai geo ma che può essere infilata in un filo per non disperdersi. Infine tornano gli amuleti, che ampliano possibilità e strategie. La varietà delle build è una parte fondamentale del divertimento, resa ancora più interessante da attacchi speciali avanzati sbloccabili nel corso del viaggio.

Una boss fight colossale

Esplorazione, boss-fight e quest secondarie

L’enorme mappa è un labirinto verticale, intricato e interconnesso. Chi ama l’esplorazione nei metroidvania troverà pane per i suoi denti: percorsi alternativi, scorciatoie, segreti ben nascosti. Le nuove abilità aprono progressivamente aree prima inaccessibili, costruendo un sentiero che parte dalle profondità del regno fino a raggiungerne le sue vette. A tutti gli effetti un viaggio perfettamente speculare, rispetto alla discesa vissuta a Nidosacro.

Una delle novità più interessanti è il sistema di missioni secondarie, i cosiddetti Desideri. Se nel primo gioco le attività opzionali erano rare e poco strutturate, qui troviamo un diario che tiene traccia delle quest. Alcune, purtroppo, risultano tutt’altro che memorabili: semplici obiettivi rapidi da completare lungo il cammino, senza particolari risvolti narrativi. Personalmente avrei preferito incarichi secondari più coinvolgenti, e spero che le prime espansioni del gioco possano arricchire questo aspetto.

L’esplorazione resta comunque impegnativa: trappole e articolati segmenti platform mettono costantemente alla prova i riflessi, trasformando ogni passo in un momento di tensione. Le boss-fight, vero fiore all’occhiello del primo capitolo, tornano in Silksong più intense che mai. Ne ho contate circa una quarantina, con un livello di difficoltà mediamente più alto. Già dopo la prima ora sembra di trovarsi catapultati nell’endgame di Hollow Knight. Non si tratta di sfide impossibili, ma ogni errore è punito duramente: ogni colpo sottrae due tacche di vita, e con sole cinque maschere iniziali il rischio di soccombere in poche mosse è concreto. Servono allenamento, sangue freddo e molta pazienza per avere la meglio al first try.

La varietà è notevole: si passa da duelli uno contro uno con creature della nostra stessa grandezza a scontri contro avversari colossali, sempre caratterizzati da un design unico. C’è però un difetto francamente tedioso: non sempre i checkpoint sono vicini alle arene, e può capitare di dover ripercorrere lunghi tratti o superare nemici e trappole prima di affrontare di nuovo lo stesso avversario. Questo backtracking a volte pesa, ma la soddisfazione di abbattere chi ci ha fatto penare ripaga ampiamente ogni fatica.

La quiete prima della tempesta

Hollow Knight Silksong: grafica, direzione artistica e sonoro

Lo stile di Team Cherry resta inconfondibile: fondali disegnati a mano, scenari che alternano gotico e onirico. Ogni area è una gioia per gli occhi, con palette cromatiche che spaziano con disinvoltura dal cupo al vivido. Le animazioni di Hornet trasmettono agilità e carattere, mentre i design degli insetti e dei boss si imprimono facilmente nella memoria. Insomma…se c’è un aspetto davvero ineccepibile, è proprio la direzione artistica, capace di fondere elementi teneri e inquietanti in una coerenza stilistica ammirevole.

Questa cura estetica trova riscontro anche sul piano tecnico, dove il gioco mostra una solidità incrollabile. Su PC, piattaforma di riferimento per la recensione (ma non l’unica), di fascia media gira senza incertezze anche nelle fasi più affollate, con un frame rate elevato e stabile. Ottimo il supporto agli schermi ultra-wide e all’HDR, che esalta i contrasti cromatici e valorizza la profondità dei fondali. Almeno dalle mie prove, si può dormire sogni tranquilli sul fronte dell’ottimizzazione: non ho riscontrato cali improvvisi né fenomeni di stuttering. I tempi di caricamento sono ridotti al minimo, segno di un motore Unity sfruttato con grande intelligenza.

Ho avuto modo di provare il gioco anche su Nintendo Switch 2, in un paio di sessioni, e l’esperienza si è rivelata altrettanto convincente. In modalità docked sono disponibili due preset grafici: uno a 4K con frame rate a 60 fps e un altro a 1080p con supporto ai 120 Hz per gli schermi compatibili. In portatile, invece, troviamo un unico preset a 1080p e 120 fps.

La colonna sonora, ancora una volta di Christopher Larkin, rappresenta un ulteriore punto di forza: epica nei momenti di tensione, malinconica e delicata nelle fasi di esplorazione. Ogni brano contribuisce a scolpire l’atmosfera, mentre gli effetti sonori arricchiscono l’immersione. Hornet, inoltre, è accompagnata da interiezioni vocali che sottolineano la sua personalità senza spezzare il silenzio enigmatico del mondo.


Con Silksong siamo di fronte ad un’esperienza che mi ha decisamente soddisfatto. Il gioco è orgogliosamente fedele a se stesso: non scende a compromessi, non addolcisce la difficoltà e pretende dedizione e impegno per essere apprezzato appieno. Al netto di qualche criticità, il nuovo lavoro di Team Cherry è un trionfo che riesce nel difficile compito di raccogliere l’eredità di Hollow Knight senza sfigurare, dimostrandosi un’opera autonoma, con ambizioni e identità proprie. Espande e affina quasi ogni aspetto del predecessore, consegnando un’esperienza nuova e familiare allo stesso tempo. E se i veterani troveranno finalmente il titolo che attendevano da anni, anche i neofiti, pur tra cadute e frustrazioni maggiori, scopriranno quanto sia meraviglioso perdersi per poi ritrovarsi.