Roadwarden Recensione: ferisce più la penna che la spada

Roadwarden

Ci sono giochi che, dalle primissime battute, dimostrano di avere una marcia in più poiché non si limitano a replicare formule collaudate, ma osano esplorare strade nuove mescolando generi e aspettative. È questo il caso di Roadwarden, un’opera che ha catturato la mia attenzione sin dal suo debutto su PC, presentandosi come stuzzicante mistura tra gioco di ruolo e romanzo interattivo. Per me, che adoro decisamente entrambi, è stato un autentico colpo di fulmine. Partiamo col dire che il lavoro di Moral Anxiety Studio si colloca in una nicchia ben definita, quella delle avventure testuali, ma riesce nel tentativo di scuoterne la prassi con rara scaltrezza. Se da un lato è impossibile tralasciare un certo debito con i toni oscuri e realistici di The Witcher, è l’approccio alla narrazione che lo rende abbastanza unico nel suo genere: non stiamo parlando delle cronache eroiche di un gruppo di predestinati, ma del racconto intimo di una persona qualunque che, con le sue limitate possibilità, cerca di sopravvivere e fare la differenza in un mondo che non perdona. In tal senso, l’ho trovato profondo e toccante come pochi altri.

Roadwarden
Nel corso dell’avventura, la parola è l’arma più affilata che potremo mai brandire

Nessuno possiede le doti necessarie per diventare Roadwarden

Il gioco non perde tempo per spiegarci il significato del titolo che porta, calandoci immediatamente nei panni di una titolare “guardiana del varco” (o guardiano, il sesso del nostro alter ego non va specificato e possiamo dunque compensare con la fantasia), una figura solitaria in parte mercenaria e in parte cacciatrice di mostri, inviata da una gilda di mercanti in una penisola pericolosa e sconosciuta. Il compito che ci viene affidato non è solo quello di cartografare il territorio, ma anche di stabilire contatti, scoprire i segreti del luogo e investigare sulla misteriosa scomparsa del nostro predecessore. È una premessa narrativa che getta le basi di un contesto magari poco originale ma tremendamente magnetico, dal quale diparte una fitta rete di misteri e quesiti. La qualità della scrittura è eccezionale, capace di immergerti subito in una terra tanto selvaggia quanto intrisa di atmosfera e dettagli sia macro che microscopici, popolato da incontri singolari e conversazioni affascinanti che mi hanno coinvolta senza lasciare la presa. È come se il mondo fantasy sbocciasse direttamente dal testo, e ogni mia scelta, anche la più piccola, fosse in grado di modificarlo.

A differenza di molti GDR che puntano sull’azione, Roadwarden si concentra sulla sopravvivenza e sulla gestione delle risorse. Ho dovuto compiere scelte cruciali fin dall’inizio, a partire dalla classe del personaggio: guerriera, maga o studiosa, ciascuna alternativa presenta abilità, occasioni e prospettive diverse, un grande potenziale per possibili partite future. Ma la sopravvivenza non si limita a lottare contro i mostri, anzi: è necessario gestire la propria salute, il cibo, le dotazioni e persino alcune sfumature estetiche, poiché tutti questi elementi influiscono sul modo in cui i comprimari non giocanti reagiscono al nostro cospetto. L’aspetto più stressante, ma anche più gratificante, da coordinare è il tempo: ogni mossa effettuata, ogni zona visitata, ogni favore restituito ne consuma una preziosa porzione. Ciò significa che siamo costretti a prendere decisioni ponderate, chiedendoci se vale la pena guadare una palude ostile oppure è meglio tornare nei pressi di un villaggio sicuro. I combattimenti sono a loro volta testuali, e i risultati dipendono dalle statistiche del personaggio e da una certa dose di buona sorte, fattori bilanciati in maniera tale da porre l’accento sulla preparazione e la strategia piuttosto che sui riflessi, senza distogliere la concentrazione dalla narrativa.

La pixel art, minimalista ma evocativa, ci guida in un viaggio solitario attraverso una penisola piena di misteri e pericoli

Anche noi siamo stranieri in queste terre

Roadwarden non è fatto soltanto di parole, perché anche il lato artistico e quello sonoro concorrono a creare un’atmosfera unica e coinvolgente. Ho adorato l’utilizzo della pixel art che, pur nel suo minimalismo, risulta perfetta per l’intento che gli sviluppatori si erano prefissati di raggiungere. Le illustrazioni forniscono solo un’idea di base di quanto ci circonda, lasciando all’immaginazione il compito di riempire gli spazi vuoti. È come leggere un libro arricchito da immagini funzionali e semplicistiche, che danno un vago sentore della scena ma permettono comunque di visualizzarla come meglio ci aggrada. L’esperienza visuale viene completata da un comparto acustico che svolge egregiamente il suo dovere. Non troveremo brani troppo orecchiabili, ma sottili melodie ambientali che alimentano una certa tensione di fondo e supportano il ritmo lento e riflessivo del gioco. L’arte e la musica lavorano dunque in perfetto concerto con la sceneggiatura per confezionare un’avventura immersiva e coesa.

Il vero punto di discussione, però, riguarda la conversione su Nintendo Switch e, di conseguenza, su Switch 2. La prima, almeno allo stato attuale, risulta decisamente compromessa, con performance lente, lag notevole all’apertura dei menu e svariati bug del testo che rendono la lettura frustrante, una serie di magagne che in tutta onestà mi impediscono di raccomandarla appieno. Per fortuna, la situazione cambia sulla “sorella maggiore”: il porting per Nintendo Switch 2 trae ampio beneficio dall’hardware che monta quest’ultima e regala prestazioni più stabili, tempi di caricamento minimi e assenza di glitch troppo evidenti, anche se il frame rate resta sempre il suo peggiore tallone d’Achille, quasi assurdo considerata la natura così essenziale della grafica. L’interfaccia è stata completamente ridisegnata per trarre vantaggio dal touch screen, rendendola chiara e semplice da navigare. La portabilità rende Roadwarden un compagno ideale per i viaggi o le serate tranquille, adattandosi perfettamente al suo ritmo lento e riflessivo, perciò si spera che qualche patch mirata riesca a sistemare il rendimento su entrambe le console.

Roadwarden
Non dovremo solo combattere, ma anche gestire il tempo, le risorse e la salute a nostra disposizione

Roadwarden: i viaggiatori dovrebbero aiutarsi a vicenda, non credi?

Moral Anxiety Studio, dietro il quale si cela lo sviluppatore polacco noto con lo pseudonimo di Aureus, ha portato avanti il progetto con Ren’Py, un motore open-source creato appositamente per le visual novel. A partire dalla sua prima versione del 2004, negli anni è stato utilizzato per creare avventure narrative e dating sim come Katawa Shoujo, Long Live the Queen, Doki Doki Literature Club! e Slay the Princess, ma nel caso specifico la sua versatilità è stata spinta davvero al limite, a completo vantaggio della visione creativa: così, un engine relativamente semplice e focalizzato sull’esposizione testuale è stato in grado di supportare un GDR a tutti gli effetti, completo di meccaniche di esplorazione, sopravvivenza e gestione del personaggio. È una lezione importante, che ci insegna quanto estro e inventiva siano capaci di aggirare quasi ogni limite tecnologico imposto da strumenti non convenzionali, trasformando un motore per romanzi visivi nelle fondamenta di un’avventura ruolistica a tutto tondo.

Oltre agli aspetti già citati, ci sono altri elementi che contribuiscono a rendere l’esperienza di Roadwarden memorabile. Il gioco non ci guida per mano, non ci sono indicatori che puntualizzano quale sia la scelta “giusta”, e gli errori possono avere conseguenze durature. Una simile mancanza di chiarezza, sebbene a volte possa sembrare punitiva, rende il mondo di gioco vivo e reattivo perché assegna un peso specifico a ogni decisione, il che ha stimolato il mio pensiero critico in diverse occasioni. Le battaglie, pur non essendo il fulcro del gioco, rafforzano il senso di fragilità del protagonista e aggiungono un ulteriore risvolto strategico alle nostre mosse. Infine, l’impiego di un sistema di “note” personali, che mi ha permesso di annotare le informazioni scoperte, incorpora un tocco di continuità che premia il  desiderio di scoprire quanto più possibile sulle aspre terre che mi sono trovata a percorrere, e a proteggere.


Roadwarden è un racconto interattivo eccezionale, dotato di una sceneggiatura sublime e di una profondità narrativa che rivaleggia con i migliori romanzi fantasy. Le sue meccaniche di sopravvivenza e la gestione di scelte e ripercussioni rendono ogni partita unica, garantendo una notevole rigiocabilità. Sebbene la cadenza flemmatica e la sua natura testuale possano non piacere a tutti, è succulento pane per i denti degli estimatori dei giochi di ruolo profondi e ben scritti. La conversione per Nintendo Switch, sia 1 che 2, soffre purtroppo di qualche incertezza tecnica eccessiva che mi auguro possa venire limata nel prossimo futuro, ma il viaggio intimo e coinvolgente del guardiano del varco merita comunque di essere intrapreso.