Leggende Pokémon Z-A Recensione: giorni di un passato lontano

Leggende Pokémon Z-A

Quella di Leggende Pokémon Leggende Z-A, con ogni probabilità, è una delle recensioni più difficili a cui abbia mai lavorato. Ma anche una delle più semplici. Sul nuovo capitolo della serie targata Game Freak c’è tanto da dire, ma alcune cose parlano da sole e sembrano arrivare meglio al cuore ed alla testa del giocatore senza bisogno di parole. Inutile girarci troppo intorno: di Pokémon Leggende Z-A si è già detto e si sta dicendo di tutto. L’opinione più diffusa, almeno ascoltando la “voce del popolo” è quella di un passo falso vistoso, di qualcosa in più di un mezzo fallimento. Per la stampa specializzata e per la critica, invece, le cose non vanno così male. I creator, anche quelli più blasonati e rinomati, invece, sono quasi all’unanimità sul piede di guerra.

E, dunque, qual è la verità? Credo, fortemente, che, mai come questa volta, essa sia proprio nel mezzo. O, per meglio dire, una perfetta fusione di tutto ciò che si è detto finora. Dunque, sì, Leggende Pokémon Z-A è uno dei peggiori titoli della serie, ma è anche uno dei più divertenti. È un pesante buco nell’acqua, ma è anche un potenziale campione d’incassi. La verità è che Pokémon Leggende Z-A è tutte queste cose messe insieme, e tutte quante – incredibilmente – hanno lo stesso peso e lo stesso senso. Dopo aver viaggiato per Luminopoli, in compagnia di un Chicorita in forma smagliante, sono pronto a tirare le somme su un’avventura problematica e per certi versi surreale, fuori dal tempo, ma che ho comunque apprezzato parecchio e che, sicuramente, per ragioni disparate, farà capolino nella mia rete neurale videoludica per tanto tempo.

Che la lotta abbia inizio!

Leggende Pokémon Z-A: una città da salvare

Diciamolo subito, senza girarci intorno, che tanto non serve: Luminopoli, la città in cui è ambientata l’avventura, è uno dei problemi principali del gioco. La scelta di ambientare tutto il gioco all’interno di un’unica città, per giunta poco ispirata e originale, già di per sé, è un fardello pesante, che dal mio punto di vista ha giocato un ruolo importante nella buona riuscita del progetto, e anche nella mia valutazione complessiva. Se a questo, poi, si aggiunge che Luminopoli è anche l’epicentro di una storia piuttosto banale, con tanti riferimenti al passato glorioso della serie, gettati nel calderone per cercare di far sentire il più possibile a casa i giocatori di vecchia data. Sia chiaro, Luminopoli nasconde un bel po’ di segreti e la sua superficie, per quanto oggettivamente contenuta, sa essere ben più ricca e strutturata di quanto possa sembrare, ma è innegabile che si poteva e doveva fare di più, anche perché il level design a volte è veramente ottimo ed è un vero peccato il fatto che sia stato sfruttato così poco. Tra tunnel, strade nascoste, palazzi da “scalare” e via dicendo, la città mi ha saputo trasmettere un buon senso di esplorazione e verticalità, ed è un peccato che poi, a conti fatti, tutto questo sia stato in larga parte vanificato da una ripetitività di fondo impressionante. Luminopoli è un po’ il simbolo del “vorrei ma non voglio” che attanaglia la serie da anni.

La città è il teatro di un’avventura fatta di cliché e luoghi comuni, tipici della serie, talvolta anche divertenti e fuori di testa, ma è anche un amplesso ludico troppo misero. Ancora una volta, però, è doveroso rimarcare quanto Game Freak sia stata comunque molto abile a mascherare e a minimizzare questo problema. Come? Riempiendo la città di Pokémon. La loro presenza è inebriante, e chi dice il contrario, onestamente, sta mentendo sapendo di mentire. Mai come in questo caso, al centro di tutto ci sono loro, quelli che dovrebbero essere i protagonisti di tutto, ossia i Pokémon che, magari anche con le sembianze di una vistosissima marchettata, salvano indubbiamente la baracca. Leggende Pokémon Z-A, paradossalmente, pur rinunciando a una delle cose più importanti e centrali per un gioco Pokémon, ossia l’esplorazione di ambienti diversi, i potenziali habitat dei nuovi compagni di viaggio, ha saputo rendere questo passaggio meno traumatico, proprio ponendo i Pokémon al centro di tutto. Luminopoli è una città, una location, con poco appeal, e questo non cambia, ma la presenza massiccia di creaturine a ogni angolo, per giunta con un’ottima contestualizzazione visiva e “storica”, da un sapore nettamente diverso a un piatto che, altrimenti, avrebbe avuto un gusto decisamente meno accattivante.

Andare a caccia di Pokémon rimane dannatamente divertente.

Un mondo senz’anima

Luminipoli è uno dei problemi principali del gioco. L’ho detto prima e voglio ripeterlo, perché è veramente così ed è evidente. Se da un punto di vista narrativo è anche valida, perché richiama X e Y e ne rappresenta un po’ una sorta di “sequel” spirituale, il problema principale è la struttura ludica e culturale che lega il gioco alla città. L’ambientazione unica, in primis, compromette la libertà d’azione e la voglia di lasciarsi trasportare dalla ricerca. Le aree di lotta, sia quelle con gli allenatori sia quelle dedicate ai nuovi Pokémon da catturare, sono circoscritte, sono ben visibili, il che va – letteralmente – a distruggere tutto ciò che la serie è stata finora. D’accordo, le novità non devono essere per forza viste come un affronto al passato o ai giocatori di vecchia data, ma trovo che quando poi si sfocia negli eccessi c’è sempre qualcosa di sbagliato alla base. La città è vuota, gli NPC si contano sulle dita delle mani, sono completamente (o quasi) inutili e anche le attività secondarie, in realtà numericamente imponenti, rappresentano un riempitivo d’altri tempi, delle quest in stile MMO che si limitano alla consegna di oggetti, a qualche battaglia e così via. Tutto questo è, ancora una volta, pensato per rendere il gioco più frenetico e immediato, anche più semplice nelle dinamiche, ma è indubbiamente un calcio pesante a quella profondità tattica, strategica e strutturale tipica della serie. Luminipoli è una città troppo piccola, e per quanto riesca a nascondere anche tanti segreti e si apra parecchio grazie ad un buon level design, rimane un limite importante per la buona riuscita del progetto.

Girando per la città si ha la sensazione di perdersi sempre, di non avere un vero scopo, di essere praticamente un estraneo (che poi, è anche vero) e non si riesce a respirare quella sensazione di voler fare tutto, vedere ogni cosa, prendere tutto e diventare il centro della storia. Questo, ovviamente, è fortemente legato alla scelta della mappa unica che, per giunta, anche narrativamente viene contestualizzata in maniera molto blanda. La missione “finale” c’è, e funziona anche, ma sono proprio gli attori coinvolti a non riuscire a risultare una giusta spalla, una spinta valida per volere di più e per vivere l’avventura in maniera più profonda. Leggende Pokémon Z-A manca di stimoli, e lo si capisce proprio osservando la mappa di Luminpoli, che è lo specchio perfetto di quanto detto finora. Questo, però, non vuol dire che il gioco non sia divertente. Anzi. Leggende Pokémon Z-A diverte anche più di quanto avrei immaginato, ma il merito è dei Pokémon e della loro identità, e non di questo specifico capitolo della serie targata Game Freak. Ci sarebbe tanto da dire, partendo dalla pigrizia generale finendo all’annosa mancanza del doppiaggio, ma credo che questo sia un discorso molto più ampio, da non circoscrivere unicamente a Z-A, che è un po’ il parafulmine di un’identità smarrita. Qualche buona idea di fondo c’è, ripeto, ma il tutto necessita di un cambio di rotta veramente deciso.

La città offre poche attrattive.

Un combat-system rinnovato e divertente… ma piacerà a tutti?

Una delle novità più importanti, anche in fase di presentazione, che ha, di fatto, monopolizzato parecchio anche tutta la fase di marketing, è il gameplay. Il passaggio dal classico sistema a turni al combattimento in tempo reale è un precedente importante, specialmente per una saga così longeva e gloriosa, e non a tutti è andato a genio. Ma è anche vero che in molti avevano grandi aspettative al riguardo. Io stesso, ad essere onesto, avevo molta curiosità in merito, perché trattatosi di Pokémon, considerando quanto spettacolare, ricco, variegato e intimamente colorato e ispirato sia il loro modo di combattere, si sarebbe potuto creare qualcosa di veramente clamoroso. Ma, seppur tante cose funzionino, non è esattamente così. Partiamo col chiarire un aspetto che, secondo me, è a dir poco fondamentale. Leggende Pokémon Z-A è un titolo maledettamente assuefacente. Il suo gameplay loop, a dirla tutta ordinario, ripetitivo e se vogliamo anche banale, funziona a dir poco bene, anzi benissimo. Il gioco, considerando anche le già citate diramazioni narrative, decisamente più circoscritte rispetto al passato, offre molta meno varietà, anche sotto proprio il profilo delle attività disponibili, che si riducono, fondamentalmente, a poche variabili, ma nonostante questo riesce ad imbrigliare il giocatore, che può lasciarsi trascinare da lunghe sessioni di gioco in maniera quasi ipnotica. E questo, ovviamente, è anche merito del nuovo sistema di combattimento.

Questa nuova impostazione va a impattare, ad essere onesti, molto positivamente sul ritmo degli scontri. Come ogni gioco Pokémon che si rispetti, del resto, anche in Leggende Z-A il farming, il grinding spietato e il collezionismo compulsivo sono il fulcro dell’esperienza di gioco, e tutto questo si sposa molto bene con il nuovo sistema ludico, decisamente più veloce e immediato. Le battaglie in tempo reale rendono tutto questo, se vogliamo, ancor più assuefacente, spingendo in maniera quasi naturale il giocatore nelle braccia di un grinding che, onestamente, mai come in questo caso rappresenta il fiore all’occhiello del pacchetto. Il rovescio della medaglia, però, è la perdita di profondità nelle azioni. Con questo sistema ludico va un po’ a scemare tutto quell’approccio tattico geniale, calmo e riflessivo, fatto di azioni attentamente valutate e soppesate, quella profondità che ha reso così amata la serie, al di là di quella immediatezza che potrebbe trasparire ad un occhio più superficiale. Con Leggende Z-A l’approccio è totalmente differente. I combattimenti in tempo reale offrono più emozioni, danno al giocatore quella sensazione di pericolo continuo, un’immersività totalmente rinnovata, ma al contempo vanificano l’aspetto ruolistico storico della serie, che non trova molto meno spazio in questo nuovo contesto videoludico.

Il nuovo sistema di combattimento è molto divertente.

Leggende Pokémon Z-A: peggiorare migliorando?

Dunque, siamo sempre lì: qualche – timido – passo avanti e tanti passettini indietro. C’è una situazione di stagnazione spaventosa quando si parla di Pokémon, e Leggende Z-A ne è l’esempio perfetto. Il nuovo gameplay loop, come detto poco sopra, funziona molto bene. Risulta stimolante e invitante, ma la verità è che tutto questo non è veramente merito del gioco in sé. Quel che funziona di più è l’elemento base della serie, ossia la cattura e la crescita, che però viene spinta verso un piano più amichevole e meno tedioso, e soprattutto veloce, con questa nuova iterazione. Questo aspetto è molto delicato perché, anche funzionando piuttosto bene, indubbiamente si espone a un numero smisurato di critiche, tutte – più o meno – giuste. In primis, come detto poco fa, il nuovo sistema di combattimento vanifica parecchio quella profondità ludica della serie. Non giriamoci intorno: le skill con il cooldown, la capacità di poter immagazzinare tutte le abilità senza rinunce, le catture “semplificate” (anche dal fatto che l’esaurimento dei punti salute dell’avversario non è un danno per esse, anzi un aiuto) con la last chance, le Pokèball “infinite” (dato il prezzo davvero esiguo e la smisurata quantità di denaro a disposizione sin da subito) e tutto il resto, sono aspetti molto problematici. Game Freak ha lavorato parecchio sul rendere l’esperienza più semplice, con buone motivazioni, ma nel farlo ha stravolto fin troppo l’identità del gioco, rendendolo forzatamente ed eccessivamente troppo semplice e con pochi, veri, stimoli.

Questo aspetto si avverte ancor di più con le battaglie “ufficiali”. Gli scontri con gli altri allenatori sono a dir poco caotici, con skill che partono a raffica e con pochissimo controllo su ciò che accade veramente in campo, e soprattutto tutto si riduce velocemente a un più comodo e remunerativo button-mashing ossessivo, che si sposa bene anche con lo stile del gioco. Ripeto: tutto questo potrebbe anche piacere a qualcuno, ma sono convinto che gli appassionati di vecchia data non potranno, per forza di cose, apprezzare appieno un cambio di rotta così evidente e di “rottura”. Non ho apprezzato più di tanto nemmeno il ritorno delle Megaevoluzioni. Per quanto il loro impatto sia importante, specialmente da un certo punto in poi della storia, le ho trovate troppo sbilanciate e forzate. Il loro impiego, volutamente esasperato, diventa, infatti, l’ennesimo problema di un gioco con tante buone idee, ma che finiscono per diventare tanti piccoli pesetti che si trascina dietro con fatica. Per farla breve, le Megaevoluzioni – a un certo punto – ti spingono a usare determinati Pokémon, vanificando anche quella voglia di sperimentare, di riflettere con attenzione sulle possibili skill più efficaci contro un determinato nemico, sul come e quando sfruttarne debolezze e punti di forza, sul mandare in campo il proprio mini-alleato preferito, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di profondità e longevità.

Leggende Pokémon Z-A
Combattere nelle Zone Lotta è sempre molto remunerativo.

I soliti problemi tecnici (e artistici)

L’annosa questione legata al comparto tecnico e artistico della saga Pokémon e, ovviamente, anche di Leggende Z-A, divide il pubblico tanto quanto tutto il resto, e forse anche di più. Da una parte, all’interno di una bella fetta d’utenza a dire il vero, c’è chi – storicamente – ci passa sempre sopra, e chi, invece, proprio non riesce a tollerare la deriva a cui la serie è giunta da ormai tanto, troppo tempo. Leggende Pokémon Z-A, a dirla tutta, compie un mezzo miracolo: unisce tutti, in un senso comune di appartenenza tutto nuovo, nei confronti di qualcosa che, ormai, oggettivamente non è più difendibile o comprensibile. Sia chiaro, non è assolutamente tutto da buttare. Anzi. Ho apprezzato parecchio, sul piano artistico e tecnico, il design dei Pokémon, ad esempio, che trovo uno dei più curati degli ultimi capitoli. Pur senza colpi di genio e rivoluzioni, che in questo gioco troverete veramente molto raramente, lo stile delle creature mi è piaciuto tanto, anche perché sembra strizzare di più l’occhio a quello stile da cartone animato che, indubbiamente, anche per un valore affettivo, sembra funzionare maggiormente. Ho trovato molto spettacolari anche le mosse: con la nuova impostazione del combattimento è anche più facile notarle, e devo ammettere che, sotto questo aspetto, è stato fatto un buonissimo lavoro.

I “plus”, però, onestamente, finiscono qui. Leggende Pokèmon Z-A è un titolo, soprattutto visivamente, a dir poco arretrato. Non lo si può negare, né si può cercare di indorare la pillola. Game Freak, notoriamente sempre molto poco attenta a questo aspetto, stavolta – anche considerando l’arrivo su Nintendo Switch 2 – ha fatto veramente troppo poco. La location unica di Luminipoli avrebbe potuto, in qualche modo, rendere il tutto meno amaro, ma invece è un po’ il simbolo di quanto la software house abbia deciso di lavorare con i freni tirati. Tra texture in bassa risoluzione, elementi paesaggistici spiaccicati con forza insieme alle altre cose, un rumore fortissimo di alcuni oggetti dello scenario e, più semplicemente, un comparto tecnico veramente fin troppo arretrato, il risultato finale, leggermente meno traumatico su Switch 2, è sicuramente deludente. A questo si aggiungono anche diversi glitch, come pop-in e pop-up, Pokémon che si incastrano ovunque tra le strade, salti nel vuoto e via dicendo. Niente da dire, invece, sulle prestazioni. Durante le mie sessioni su Switch 2, non ho praticamente mai assistito a cali o instabilità, tanto in modalità TV quanto in compagnia della console, magari sul divano o sul letto. E già questo è un piccolo traguardo.


Leggende Pokémon Z-A non riesce a invertire la rotta intrapresa, con risultati non proprio memorabili, durante gli ultimi anni. Sia chiaro, il brand rimane florido e i numeri continuano a dare ragione sia a Game Freak sia a Nintendo ma è chiaro che qualcosa, prima o poi, andrebbe rivisto. La formula artistica e visiva va sicuramente svecchiata, così come alcune annose mancanze hanno bisogno di un attenzione finalmente maggiore e doveroso, specialmente considerando i fondi e le possibilità, oltre al potenziale infinito, di un marchio del genere. Rimane sicuramente un titolo divertente ed assuefacente da giocare, seppur ripetitivo in diversi aspetti, e sono sicuro che tutti gli appassionati ci passeranno centinaia di ore in compagnia, ma è ormai lecito aspettarsi qualcosa in più, magari già col prossimo capitolo.