Dragon Quest I & II HD-2D Remake Recensione: il male è tornato

Nintendo Direct Dragon Quest I & II HD Remake

C’erano un tempo i JRPG, e sebbene Dragon Quest non sia il primo esponente del genere (merito appartenente a Dragon Slayer, 1984), la serie ideata e creata da Yuuji Horii resta senza dubbio quella che lo ha ampiamente consolidato, marchiando a fuoco una certa espressione videoludica ed artistica. C’è un prima e un dopo Dragon Quest ed oggi andremo a riscoprire l’origine di tutto: quei primi due capitoli che hanno segnato l’industria grazie a meccaniche – ancora allo stato grezzo – che sarebbero diventate di lì a poco uno standard assoluto, determinando de facto il videogioco di ruolo giapponese così come lo conosciamo oggi. Proseguendo con la scia dei remake avviata con il terzo episodio (qui la recensione), Square Enix porta avanti l’epopea di Loto (Erdrick nella versione occidentale) e della sua discendenza, regalandoci il pacchetto Dragon Quest I & II HD-2D Remake (proprio come su Super Famicom nel 1993), chiudendo così il cerchio di questa grandissima trilogia.

Dragon Quest I & II HD-2D Remake
La schermata iniziale del gioco.

I continenti di Alefgard e Torland sotto una nuova luce

Ciò che balza subito all’occhio dei rifacimenti indotti da Square Enix è indiscutibilmente il nuovo stile grafico, colorato e ricco di vita, donando maggiore espressività ai personaggi e ai mondi nati originariamente su Famicom/NES sul finire degli anni ’80. Peccato si tratti però di una scelta estetica che comincia a diventare un pelo stantia e ridondante, specie considerando che è stata adottata in origine da Octopath Traveler e riversata sui suoi sequel così come sul remake di Live-A-Live ed altri titoli, tra cui il remake di Dragon Quest III. Questo va dunque a creare una sorta di effetto collante che non contraddistingue le opere tra loro, facendole sembrare così appartenenti ad uno stesso filone (quando si tratterebbe invece di produzioni tutte diverse, escludendo Dragon Quest). Sebbene la scelta dell’HD-2D fosse da un lato ovvia per dare continuità a Dragon Quest I & II col terzo capitolo, dall’altro li rende davvero troppo simili, risultando difficile riconoscere la singola opera da un banalissimo screenshot. Non che gli originali vantassero chissà quali differenze esponenziali dal punto di vista grafico e tecnico, però una sorta di evoluzione la si intravedeva in parte. Fortuna che con Dragon Quest VII: Reimagined ci sia stata volontà di cambiamento, segno che anche Square Enix abbia appurato che perseguire ulteriormente tale scelta stilistica avrebbe reso i rifacimenti fin troppo monotematici.

I mondi di Dragon Quest I & II – questa volta estesi e con anche qualche area aggiuntiva inedita – restano comunque una gioia audiovisiva, regalandoci panorami meravigliosi e scorci mozzafiato per tutta la durata dell’avventura; l’aggiunta delle nuove cut-scene evolve inoltre in maniera pregevole l’impianto registico delle due opere. L’entusiasmo viene tuttavia smorzato non appena si naviga tra le impostazioni, ritrovando con sommo dispiacere l’immancabile selettore: ‘grafica’ e ‘prestazioni’. Un limite che su una console next gen come PlayStation 5 (piattaforma su cui abbiamo testato il gioco; vale lo stesso discorso per Xbox Series X) lascia davvero molto a desiderare, soprattutto se teniamo conto della natura del progetto; richiederà senz’altro risorse hardware, ma non così tante da non permettere il famigerato ed ambito 4K | 60fps. Nulla da dire invece sui riarrangiamenti musicali registrati dalla Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra sulla base delle partiture realizzate dal maestro Kouichi Sugiyama prima della sua scomparsa. Stesso discorso si può applicare sulla direzione artistica intrapresa nella realizzazione dei personaggi e dei mostri, perfettamente in linea con la visione del compianto Akira Toriyama, tanto che anche il tono dell’HD-2D è comunque stato in parte rivisitato per evitare di snaturare il design originale.

Dragon Quest I & II HD-2D Remake
Durante l’avventura è possibile imbattersi in sequenze narrate accompagnate da questi splendidi artwork.

Dragon Quest I & II HD-2D Remake: inseguendo le orme di Loto (Erdrick)

La trama del primo Dragon Quest ruota moltissimo attorno alla figura dell’eroe leggendario Loto/Erdrick (le cui gesta vengono compiute dal giocatore nel terzo capitolo) e i punti di collegamento sono molteplici, ampliati maggiormente ed ancora più evidenti attraverso la trilogia remake. Nelle versioni originali Famicom risultavano più indiretti ed impliciti (con un legame di tipo testuale), mentre nei primi rifacimenti per Super Famicom il buon Horii aveva inserito riferimenti più chiari, con tanto di cut-scene e dialoghi a riprova. Dragon Quest III è il principale punto di contatto con il primo episodio, dal momento in cui si comprende l’origine del Dragonlord che rapirà la principessa Gwaelin, figlia del re Lorik, ed entrerà in possesso della Sfera di Luce sottratta dal castello di Tantegel, seminando così caos nel mondo. Il secondo capitolo, ambientato circa un secolo dopo il suo predecessore, si ricollega alla dinastia di Loto/Erdrick e ritroviamo i diretti discendenti dell’eroe del primo Dragon Quest (il Principe di Midenhall, il Principe di Cannock e la Principessa di Moonbrooke; quest’ultima resa personaggio giocabile con l’attuale remake), i quali dovranno sventare una nuova minaccia legata in qualche modo all’origine del male che non è morto.

Un viaggio epico che trova la sua degna conclusione in Dragon Quest II. Pur trattandosi di tre titoli godibili anche stand-alone, la continuità che li accomuna (decisamente più forte con i rifacimenti HD-2D) rende l’esperienza più godibile e completa se vissuti come un’unica grande avventura. Square Enix suggerisce l’ordine III, I e II, ma pure quello cronologico “originale” può andar bene, dopotutto.

Dragon Quest I & II HD-2D Remake
Uno dei primi momenti di Dragon Quest II in cui assistiamo alla dipartita di un soldato di Moonbrooke e il tutto è più straziante grazie alla presenza del doppiaggio.

Novità e differenze rispetto al passato

Dragon Quest I & II HD-2D Remake ha ricevuto svariate aggiunte nonché migliorie alla quality of life, seppur non manchino le solite scelte discutibili di accessibilità tra cui una modalità facile con tanto di selettore di invincibilità e la possibilità di attivare un indicatore sulla mappa per raggiungere l’obiettivo senza perdersi. Ovviamente è possibile disabilitare queste opzioni (e già lo sono di default), tuttavia permane il solito problema che un videogiocatore alle strette potrebbe essere tentato ad utilizzare questi aiuti per superare un punto o una fase più complicata, senza preoccuparsi di pianificare una strategia precisa che è un po’ il core dei J-RPG. Restano invece immutati gli scontri casuali, sebbene ci sia la possibilità di incrementare la velocità di movimento nell’esplorazione e nelle battaglie.

I nuovi contenuti sono davvero tanti e la storia è stata espansa a dismisura, presentando nuovi NPC e personaggi che andranno ad arricchire la trama dei due giochi e non mancheranno numerosissime cut-scene inedite e dialoghi aggiuntivi. Ciò regala qualche chicca ma al contempo degli scivoloni non indifferenti: se da un lato l’approfondimento narrativo permette di avere più punti di contatto con Dragon Quest III, dall’altro ritroviamo fasi allungate più del necessario e con qualche calo nel ritmo. Alcune scelte rendono inoltre il tono del viaggio un po’ più bambinesco/infantile rispetto alla visione originale, caratterizzata da un’avventura con sì meno linee di testo ma complessivamente più efficaci ed epiche nel loro semplicismo. Fortunatamente le due opere sono state doppiate quasi per intero e grazie ai dialoghi parlati ed interpretati le scene più significative acquisiscono maggior enfasi ed intensità (settando audio giappo). Per noi italiani è anche la prima volta che i due giochi (insieme al III) vengono tradotti nella nostra lingua.

Nonostante la presenza di una modalità difficile (che si avvicina all’esperienza autentica degli originali), il bilanciamento non è dei migliori; tra picchi di facilità estrema e difficoltà elevata dove nemmeno lo switch tra hard e normal risolve molto. Problema maggiormente riscontrabile nel primo episodio poiché l’eroe (unico personaggio giocabile) non affronta più un nemico alla volta, bensì interi gruppi, e per quanto vi siano nuove armi, incantesimi e possibilità atte a non rendere troppo frustranti i combattimenti, si percepisce che dal punto di vista concettuale il prodotto non fosse pensato per essere approcciato in questa maniera.

L’esplorazione rimane invece uno degli aspetti più riusciti dei due giochi (ritroviamo pure porte chiuse da aprire con le rispettive chiavi nascoste in giro per il mondo) e grazie ai perfezionamenti vari e all’introduzione di nuovi NPC, piccole aree segrete, dungeon più complessi (sempre in linea con il level design semplicistico tipico di quei tempi) e delle – oramai immancabili – mini-medaglie c’è davvero tanto in più di cui godere. Unico appunto è relativo alla torcia che in questi remake non ha più la sua funzione nativa: negli originali era un oggetto consumabile, determinante per esplorare i luoghi bui ed illuminava soltanto una piccola area intorno al personaggio/party, predisponendo il videogiocatore a fare più attenzione durante il cammino. Allo stato attuale è invece un mero elemento estetico che non aggiunge nulla ai fini ludici. Grazie ai nuovi segmenti narrativi e al maggior numero di contenuti, la durata delle due avventure regala un bel po’ di ore in più rispetto al passato, il che è senz’altro cosa gradita.


Dragon Quest I & II HD-2D Remake è un’operazione tutto sommato rispettosa del materiale originale che, pur soffrendo di qualche deficit di scrittura (guadagnando al contempo con l’introduzione del doppiaggio), amplia e caratterizza l’epopea della dinastia di Loto/Erdrick con succose aggiunte e novità che vanno a chiudere perfettamente il cerchio con il meraviglioso terzo capitolo. I nuovi contenuti e i miglioramenti della quality of life ampliano senza dubbio il target dei due prodotti; ciononostante rimane un’operazione indirizzata maggiormente al pubblico di appassionati del genere che potrà ritrovare in queste due esperienze tutto ciò che sempre più raramente è presente in un gioco di ruolo di matrice nipponica. I Dragon Quest più embrionali nel battle-system considerando che i remake sono assai conservativi, non i migliori, ma di sicuro un ottimo biglietto d’ingresso per chi volesse decidere di avvicinarsi al brand targato Square Enix.