Africa Games Week e il futuro possibile del videogioco

Ci sono eventi che non sono solo fiere, ma segnali. Segni in controluce di un mondo che cambia, spesso lontano dai riflettori, in quell’intercapedine narrativa che l’Occidente fatica a vedere perché troppo abituato a considerare se stesso il centro permanente del racconto. L’Africa Games Week 2025 (questo il sito dell’evento), in programma dal 1 al 4 dicembre a Città del Capo, appartiene a questa categoria. Non è soltanto un appuntamento professionale, è il termometro di un continente che sta provando a definire la propria identità videoludica e a rivendicare un posto nel discorso globale. Il gaming, per l’Africa, non è un lusso: è un linguaggio, un possibile motore di sviluppo, una promessa di autonomia. E noi, che spesso ci consideriamo gli interpreti più maturi del medium, dovremmo imparare a leggere meglio questo segnale.

Africa Games Week

Africa Games Week: un ecosistema giovane che corre più veloce del previsto

L’Africa Games Week è oggi il principale hub per studi di sviluppo, publisher, investitori e creativi del continente. L’edizione 2025 avrà luogo all’interno del complesso Workshop17, nel cuore del V&A Waterfront di Città del Capo, un distretto vitale che unisce coworking, tecnologia e cultura. L’evento si articola su quattro giorni: il 1 dicembre una giornata VIP ospitata dal SAE Institute e riservata a investitori, istituzioni e partner; il 2 e 3 dicembre panel, workshop, pitch, incontri B2B e momenti di networking al Workshop17; il 4 dicembre discussioni su policy, regolamentazione, programmi di sostegno all’industria e la cerimonia degli Africa Games Awards. Il tema dell’edizione è chiaro: Shaping Our Future in Games.

A confermare la statura dell’evento è la lista degli speaker attesi, che riunisce figure chiave dell’ecosistema africano insieme a ospiti internazionali. Dalle principali associazioni di settore ai fondatori di studi emergenti, dai professionisti della distribuzione mobile ai rappresentanti di realtà globali come Epic Games e Xbox, il parterre racconta un’Africa videoludica che vuole dialogare con il mondo, non più ai margini ma al centro di uno scambio paritario. In mostra ci saranno anche i progetti degli studi indipendenti africani più promettenti, che sempre più spesso attirano interesse internazionale grazie a una identità visiva e narrativa inconfondibile.

Le sfide invisibili e la forza di un nuovo immaginario

Ma la crescita, per ora, resta delicata. Molte regioni soffrono ancora infrastrutture inadeguate, la connessione è discontinua, i server locali insufficienti, la formazione professionale procede tra slanci e carenze, e il sostegno pubblico non è uniforme. Eppure, proprio nella fragilità si manifesta un potenziale enorme: sviluppatori che lavorano tra Lagos, Nairobi, Accra e Il Cairo senza temere il confronto globale; community che chiedono rappresentazione autentica; nuovi immaginari che uniscono folklore, modernità urbana, memoria e futuro. È un videogioco che non copia: reinventa. Che rielabora le eredità culturali del continente e le trasforma in linguaggio interattivo.

Il dovere dell’Occidente: fare i conti con la storia

A questo punto dobbiamo però fermarci su una verità scomoda. L’interesse occidentale verso il gaming africano rischia di essere, ancora una volta, monco: attratto dal mercato, ma cieco di fronte alla storia. L’Africa è stata terra di conquista, colonizzazione, sfruttamento, e poi di un neo-colonialismo economico che ha lasciato segni profondi. Il digitale potrebbe replicare vecchie dinamiche: outsourcing a basso costo, appropriazione culturale, talenti aspirati all’estero, iniziative calate dall’alto con la retorica dell’aiuto. Se non vigiliamo, l’industria del videogioco non sarà diversa dalle altre industrie che hanno guardato all’Africa senza vederla davvero.

Per questo Africa Games Week va interpretata non come una vetrina, ma come un momento politico. Dovremmo riconoscere il nostro debito. Non in termini astratti, ma concreti. L’Occidente ha l’obbligo etico di sostenere la crescita di un’industria videoludica africana autonoma. Non come gesto caritatevole, ma come giustizia. Non come missione civilizzatrice, ma come restituzione. Significa investire senza colonizzare. Mettere competenze senza sostituirsi. Attivare scambi senza guidare dall’alto. Accettare che il prossimo linguaggio rivoluzionario del videogioco potrebbe nascere proprio lì, dove per decenni abbiamo voluto vedere solo mancanze.

Una possibile via: umiltà, ascolto, partnership vere

Serve un cambio di sguardo. Non paternali, ma partnership autentiche. Progetti condivisi, infrastrutture costruite insieme, programmi di formazione bilaterali. L’Africa non è un mercato da aprire, ma un co-autore del futuro del gaming. Africa Games Week rappresenta la piattaforma ideale per innescare questo dialogo: lì, tra panel e showcase, tra incontri informali e presentazioni, si costruiscono relazioni che possono avere effetti reali sull’ecosistema. Chi arriva dall’Europa o dagli Stati Uniti dovrebbe farlo con un atteggiamento diverso: non di conquista, ma di ascolto. Ascolto vero. Umile. Costruttivo.

Africa Games Week: verso un nuovo capitolo del videogioco globale

L’industria dei videogiochi ha una funzione culturale che spesso fingiamo di non vedere: è un’industria che modella immaginari, opportunità, identità. Africa Games Week non è solo un evento, ma una chiamata alla responsabilità. La geografia del videogioco sta cambiando, e se vogliamo che cambi in una direzione più giusta, il primo passo è riconoscere il valore di ciò che sta accadendo nel continente africano. Se l’Africa avrà la forza di raccontarsi e se noi avremo l’umiltà di sostenere questo processo senza riprodurre vecchi modelli di dominio, allora il videogioco globale potrà diventare più ricco, più vero, più giusto.

E forse, un giorno, guarderemo ai giorni di dicembre del 2025 a Città del Capo come a un inizio. Un punto di svolta. Una di quelle rare occasioni in cui un medium, per un attimo, smette di ripetere se stesso e sceglie finalmente di evolvere.