Jujutsu Kaisen 3 First Look: il ritorno delle maledizioni e del caos

JUJUTSU-KAISEN

Ci sono stagioni anime che attendi con interesse, altre che aspetti con hype. E poi c’è Jujutsu Kaisen: la serie che torni a guardare come chi sa perfettamente che verrà emotivamente devastato, ma firma comunque la liberatoria con largo anticipo perché, diciamolo, ormai siamo tutti dipendenti da questa macchina narrativa di tragedia e meraviglia. Con l’arrivo della Stagione 3 l’8 gennaio 2026 su Crunchyroll, ogni giovedì si prospetta come una nuova sessione terapeutica gratuita (o devastante, dipende dai punti di vista). Grazie a un’anteprima dei primi due episodi, possiamo già intuire la direzione di questo nuovo arco, e possiamo affermarlo con serenità: JJK non ha nessuna intenzione di rallentare. Anzi. Ricomincia da dove aveva lasciato: con il piede sull’acceleratore, il volante staccato e l’auto in piena imboscata di maledizioni.

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Una cosa è subito chiara: Jujutsu Kaisen non conosce la parola “assestamento”. Non c’è un tranquillo episodio introduttivo, nessuna pausa narrativa, nessun “come eravamo” per rinfrescare la memoria degli spettatori. No, la Stagione 3 parte come se avesse passato l’estate a caricarsi di caffeina e vendetta. Fin dai primi minuti, l’episodio ci ricorda la filosofia-base della serie: nessuno è al sicuro, tutto fa male, continua a guardare. La regia sceglie un ritmo serrato ma non caotico, con una costruzione graduale che prepara alla nuova struttura narrativa senza sommergere il pubblico di nomi, regole o aggiornamenti sulla lore. Il primo episodio è dominato da tre elementi cardine:

Il tono generale: più maturo, più cupo… e sorprendentemente più intimo. Se la Stagione 2 ci aveva mostrato il disastro, la caduta, il crollo emotivo dei personaggi, la 3 sembra voler affrontare le conseguenze. Non siamo davanti a un semplice arco narrativo successivo: siamo nelle macerie, e le macerie parlano. L’atmosfera è più pesante ma meno isterica, più concentrata sul mondo che tenta di metabolizzare ciò che è accaduto e su come gli stregoni cerchino, con risultati altalenanti, di adattarsi. La novità importante? Il tono intimo. La serie si apre con momenti di silenzio, sguardi lunghi, dettagli apparentemente innocui che suggeriscono un enorme peso emotivo sotto traccia. E proprio quando inizi a pensare che forse, stavolta, ci sarà un po’ più di umanità… La puntata ti attacca alle spalle. Naturalmente.

La gestione dei personaggi: meno show, più crescita. I primi due episodi non puntano sulla spettacolarità visiva (arriverà, oh se arriverà). Qui vogliono farci ricordare chi sono i personaggi, cosa hanno perso e dove stanno andando. Il protagonista assume un ruolo meno impulsivo, più riflessivo, quasi segnato. Le interazioni con gli altri studenti sono più contenute, non si percepisce più la leggerezza della prima stagione. Non c’è più nessuno che lancia battute solo per alleggerire la tensione: ogni dialogo è intriso di un sottotono malinconico, come se tutti sapessero che il mondo non tornerà mai com’era. Eppure, ironia della sorte, proprio questa nuova consapevolezza rende i personaggi molto più vivi.

La costruzione del nuovo arco narrativo. Non possiamo entrare nei dettagli (spoiler alert e rispetto per chi guarderà), ma possiamo dire che la serie imbocca una direzione molto più politica. Le fazioni iniziano a delinearsi, il mondo degli stregoni appare più frammentato che mai e le implicazioni morali sono ovunque. JJK Stagione 3 non racconta solo la guerra contro le maledizioni: racconta la guerra interna. Quella delle istituzioni, dei principi e delle alleanze che non funzionano. L’episodio 1 pone le fondamenta con intelligenza: non entra subito nell’azione, ma costruisce tensione, creando la netta sensazione che qualcosa di enorme stia per esplodere.

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Episodio 2: il vero benvenuto nella Stagione 3

Se il primo episodio è lo schiaffo emotivo, il secondo è il pugno narrativo. Qui il ritmo aumenta, la costruzione si intensifica e soprattutto fa il suo ingresso la componente più iconica di JJK: l’inquietudine. Non il jump-scare, non la violenza grafica, parliamo di quella sensazione di “qualcosa di terribilmente sbagliato sta succedendo e non posso farci niente”. La serie introduce una nuova tipologia di minaccia che, pur non essendo visivamente eclatante, comunica immediatamente un concetto chiaro: le maledizioni stanno evolvendo e gli stregoni, no. È come se l’universo narrativo stesso fosse stanco della guerra e avesse deciso di sradicare gli esseri umani con maggiore creatività. Il secondo episodio mette in scena un paio di sequenze che giocano con la tensione psicologica più che con lo scontro fisico. Un dettaglio importante da segnalare: la fotografia cambia. La colorimetria, più fredda, più neutra, intercetta perfettamente il tono emotivo della stagione. Dove eravamo abituati a contrasti violenti, ora il mondo sembra pallido. È una scelta estetica voluta, una metafora dello sfinimento globale.

La Stagione 3 sembra intenzionata a valorizzare figure finora rimaste in disparte. Il secondo episodio mette sotto i riflettori personaggi che, nelle stagioni precedenti, erano stati utilizzati quasi esclusivamente come supporto. È una scelta coraggiosa: l’anime non vuole solo raccontare le gesta degli eroi principali, ma mettere in luce il sistema nel suo complesso. In questo primo assaggio, i personaggi secondari non riempiono “lo spazio morto”: hanno un ruolo tematico, aiutano a definire meglio il mondo e contribuiscono a far emergere nuovi conflitti. MAPPA mostra una regia più matura, più attenta ai dettagli e meno dipendente da effetti visivi e animazioni esplosive. Non che manchino, quel trailer che tutti abbiamo visto lo conferma, ma in questi primi due episodi la priorità è creare tensione narrativa, non mostrare scontri epici. Le inquadrature sono statiche, ravvicinate, con focus sui volti e sugli occhi. È una scelta che funziona: Jujutsu Kaisen non cerca di sovraccaricare lo spettatore fin dal primo minuto. Vuole fargli capire che questa stagione avrà identità, tono e peso emotivo propri.

Fushiguro, uno dei protagonisti

Jujutsu Kaisen 3: Una stagione che vuole far male

Da questi due episodi emergono chiaramente alcuni temi portanti: La colpa, sottile ma onnipresente. Gli stregoni non sono più guerrieri spensierati: sono testimoni di un fallimento collettivo. C’è un senso di responsabilità che permea ogni battuta, ogni sguardo, ogni scelta. Non viene dichiarato a parole, ma la messa in scena è eloquente. L’evoluzione (o involuzione): le maledizioni cambiano, gli stregoni cambiano, il mondo cambia, ma nessuno sembra pronto a fare il passo successivo. L’isolamento è il tema più forte, più maturo e, probabilmente, più doloroso. I personaggi agiscono insieme, ma sono emotivamente isolati e l’eco della Stagione 2 è ancora forte: tutti hanno perso qualcosa. C’è un conflitto tra dovere e identità ricorrente, centrale, ben sviluppato. È chiaro che questa stagione giocherà molto con il concetto di cosa significhi davvero essere uno stregone, e cosa significhi scegliere di continuare a esserlo.

Riguardo l’ aspetto tecnico: troviamo uno Jujutsu Kaisen diverso dal solito. L’animazione non è ancora al suo massimo, e non vuole esserlo. La serie punta più sull’atmosfera che sui combattimenti. Gli scontri arriveranno e saranno, da quanto visto nei trailer, mostruosi, ma per ora la produzione investe molto nella resa emotiva. La colonna sonora è strepitosa: la OST fa esattamente quello che una buona OST deve fare: aggiunge tensione senza rubare la scena. Il doppiaggio è impeccabile. Gli attori vocali hanno più materiale drammatico e lo interpretano con intensità sorprendente. La regia è più autoriale a questo giro, meno “anime da combattimento classico”: un’ottima scelta.

Dopo questi primi due episodi è possibile delineare un quadro piuttosto chiaro: la stagione sarà più politica, più strutturata. Gli scontri sicuramente non mancheranno, ma saranno emotivamente più pesanti. Le dinamiche interne del mondo degli stregoni saranno centrali e alcuni personaggi secondari emergeranno come protagonisti reali. Ci sarà molta più introspezione e meno leggerezza, che porterà ad avere un ottimo ritmo narrativo, accompagnato da un’atmosfera cupa e coerente. Sicuramente in molti noteranno la pochissima azione nei primi due episodi (ma è voluto).  Alcuni spettatori potrebbero percepire il tono troppo pesante, perchè la trama politica richiederà più attenzione. E al momento non vi è nessun vero momento di comicità per bilanciare.

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Se questi primi due episodi sono indicativi della direzione della Stagione 3, possiamo aspettarci un arco narrativo più adulto, più drammatico e più strutturato rispetto alle stagioni precedenti. Jujutsu Kaisen non vuole solo stupirci con animazioni folli o combattimenti iconici. Vuole farci vivere le conseguenze, la realtà del mondo delle maledizioni, la fragilità di chi tenta di mantenere in equilibrio qualcosa che sta inevitabilmente crollando. La Stagione 3 non è un sequel qualunque: è una risposta. Una risposta al caos, al dolore, al fallimento, alle aspettative. E se il buongiorno si vede dal mattino… aspettatevi un inizio anno di giovedì particolarmente intensi.