The Silver Case 2425 Recensione: a volte ritornano!

The Silver Case 2425 Recensione | Il mondo del videogioco è colmo di corsi e ricorsi, piccole e grandi storie di fortuite coincidenze e sfortunati incidenti che finiscono per ripercuotersi – a volte dopo anni – nelle cronache e nei movimenti di massa del nostro settore, in certi frangenti anche in modi strambi o amorevoli. Si tratta sicuramente del caso di quest’oggi, in cui dedichiamo la giusta attenzione ad un classico di un autore oramai affermato: Gōichi Suda, in arte SUDA51, autore fra gli altri di No More Heroes, Lollipop Chainsaw e Killer Is Dead. Parleremo di The Silver Case 2425, doppia raccolta di visual novel sbarcata di recente su Nintendo Switch contenente sia il classico The Silver Case e il suo seguito postumo, The 25th Ward. L’occasione è il rilascio di questa nuova edizione a distanza di un ventennio dai titoli originali, una vera festa per i fan dell’autore e delle sue opere ed un’occasione per riflettere proprio su come a volte nel comparto videoludico i sogni possano divenire realtà. Cominciamo subito!

Una storia lunga 22 anni

Le vicende di The Silver Case 2425 sono lunghe ben ventidue anni: è passato molto tempo da allora, ma certe cose non cambiano mai, prima fra tutte la creatività prorompente di Suda51 che in qualsiasi progetto investa si fa sempre notare, con uno stile distintivo che trova sbocco in diversi comparti delle sue produzioni con una missione unitaria – rompere le convenzioni videoludiche in qualsiasi maniera. E fin dal suo lancio, dapprima solo in Giappone, The Silver Case fece proprio questo, lodato fin da quei tempi per una storia molto profonda e con tematiche interessanti narrata e presentata al giocatore in modo interessante, come ci renderemo conto presto proseguendo la sua analisi.

Stessa cosa accadde per The 25th Ward, ma c’è un dettaglio che stride con questi rapporti dal paese dal Sol Levante: perché dei nerd incalliti come noi non ne sono venuti a conoscenza prima? Presto detto – chiunque sia un appassionato di Giappone o giochi giapponesi sa bene che quel luogo ha una cultura distintiva, per certi versi anche affascinante; ma rimane pur sempre una cultura proverbialmente chiusa e reticente. Possiamo dire lo stesso anche per le trasposizioni internazionali delle produzioni nipponiche, sempre state fino a poco tempo fa carenti e piuttosto tarde, con grandi assenti e mancanze ingiustificate, un vero e proprio peso di cui il mercato nipponico si è finalmente libertato. Le due visual novel arrivarono dalle nostre parti ben quattordici anni dopo, che è una grande distanza temporale, se ci pensiamo.

The Silver Case 2425

Tra il disturbante e il sorprendente

The Silver Case 2425 è innanzitutto una storia di investigazione – ambientata nel lontano 1999 (anno in cui è nato chi vi scrive!), ci parla di due casi dai contorni hard boiled e tremendamente angoscianti che hanno sconvolto una Tokyo dalle pieghe dark e distopiche. C’è qualcosa di strano e bizzarro negli omicidi che si verificano in numerosi distretti della famosa città nipponica, e le coincidenze e i ricorsi fra ogni triste evento sono troppi per venir relegati al lavoro degli agenti regolari. Una trama canonica ma speciale sia per narrazione che caratterizzazione dei personaggi, che vede gli investigatori dell’unità 24 Wards, un unità speciale allestita proprio per questi eventi sulle costanti tracce di un serial killer efferato: il malvagio Kamui Uehara.

Questo serial killer sarà al centro delle vicende di The Silver Case 2425, mostrandosi spesso sfuggente e difficile da seguire da parte dei nostri protagonisti, che di certo non si lasciano sfuggire dettagli mondani. Una visual novel con poche scelte e ridotti momenti di gameplay interattivo, in cui è una storia forte ed incalzante a farla da padrona indiscussa, in un’opera che risulterà molto appetibile per coloro che valorizzano una forte caratterizzazione dei personaggi sopra alle vicende generaliste in sé. Proseguendo con la trama, scopriremo che il nostro avversario sta covando qualcosa, e a fornire una coerenza episodica e una maggiore longevità al gioco ci penserà il sequel già incluso nel titolo, ovvero The 25th Ward, in cui assistiamo ad un salto temporale di cinque anni per seguire un revival delle indagini grazie alla nuova unità investigativa, la venticinquesima, per l’appunto.

The Silver Case 2425

Un’estetica che rompe gli schemi

Riflettendo su The Silver Case 2425 non si può non citare il proverbiale taglio autoriale di Suda51, che si riflette su due cardini chiave dell’intera esperienza – la trama in sé, che tocca anche situazioni scabrose e tematiche sorprendenti per una produzione di questo tipo, e l’estetica dell’opera, oscura, inquietante in certi frangenti, ma anche squisitamente retrò e nostalgica, perfetta per chi ha nel cuore l’età dell’oro del videogame. Una fusione di grigio e colore, pixel art e 3D unità ad una interfaccia metodica ma fortemente creativa ed ispirata, che sorprendentemente, fa egregiamente il suo lavoro. Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio proprio questo comparto, ovvero, quello visivo.

La produzione è egregiamente ispirata in questo frangente, con la scelta azzeccata di alternanze di cutscenes in CGI low-fidelity a cui si susseguono immagini in stili ed animazioni differenti, ma tutte piuttosto antiquate e riconoscibili per chi ha posseduto un sistema informatico nei primi anni 2000. A fare da regina di tutto quanto è una sequela di testo, perché sì, leggere è ciò che faremo nella stragrande maggioranza del tempo. Una serie di dialoghi molto fitti e secchi che potrebbero piacere come no, questo dipenderà da quanto la storia ci catturerà e sarà capace di guidarci nel mondo di The Silver Case 2425. Ma una cosa è certa, anche se la trama non dovesse piacerci, difficilmente ci dimenticheremo di questo gelido e sinistro giappone pixelato che ci viene mostrato in gioco.

The Silver Case 2425

Le limitazioni di un vecchio cult

The Silver Case 2425 è un atto d’amore di Gōichi Suda verso coloro che fin dal suo esordio con Grasshopper Manufacture lo hanno seguito, supportandolo ed apprezzando il suo modo unico di guardare al videogioco, ma non solo – si tratta di uno dei suoi primi passi nella carriera che lo ha visto conquistarsi un posto nel cuore di numerosi fan. Un titolo con la sua età e come c’è da aspettarsi invecchiato, con delle limitazioni visibili fin dai primi momenti di gioco. Innanzitutto, si tratta di un titolo con una trama svincolata da una sequenza lineare – gli eventi si susseguono alternando onirico a reale, flashback ad anticipazioni, e si avverte senza dubbio una certa ripetizione nei piccoli puzzle testuali che si ripercorrono per tutta l’opera.

Un titolo che potrebbe non convincere chi si avvicina da novizio, non conoscendo la produzione e le particolarità del suo autore, e che al contempo potrebbe lasciare scontenti anche gli appassionati di visual novel per le tematiche oppure per le sue particolarità stilistiche. Un ulteriore scoglio potrebbe essere la mancata localizzazione italiana – e sappiamo bene che solitamente i giapponesi hanno un rapporto salato con l’inglese. Ma il modo migliore per approcciarsi a The Silver Case 2425, in verità, è quello di mettere da parte i pregiudizi e ogni smania da videogiocatore pornografo ossessionato dal gameplay, per immergersi in una novel che difficilmente dimenticheremo.

The Silver Case 2425 è una pietra miliare della produzione di SUDA51 – una raccolta che i suoi fan non possono perdersi, in cui riviviamo a distanza di ben 22 anni le vicende di un lavoro che in molti di noi si sono persi. Verrà certamente ricordato dagli appassionati e dagli esperti della narrazione videoludica, sia per la trama e i suoi contenuti, presentati in una veste ludica fortemente autoriale e dissimile dai competitor, sia per uno stile unico e riconoscibile che in verità è il maggior ostacolo del prodotto assieme ad una scarsa interattività frutto dell’epoca da cui proviene.