Inazuma Eleven Victory Road Recensione: come un fulmine nell’oscurità

Di solito quando scrivo una recensione cerco di approfondire il più possibile la storia dietro alla nascita dello studio o del franchise che sarà al centro dell’articolo, nel tentativo di avvicinarmi il più possibile alla visione artistica dello studio prima di poterla giudicare da un punto di vista critico. Ma cosa succede quando ti viene assegnata una serie che conosci più del palmo della tua mano? Succede che il più delle volte il punto di vista “critico” viene appannato dal filtro del fanatismo e nel caso di Inazuma Eleven Victory Road stavo per cadere in quella trappola insidiosa e senza uscita. Un po’ perché ormai dopo 9 anni di agonia e development hell il mio interesse verso la serie si è riacceso ed è cresciuto in maniera proporzionale all’hype, e un po’ perché si tratta del titolo che più di tutti attendevo all’interno del vasto calendario d’uscite di questo 2025. Sembra una bestemmia, visto che quest’anno abbiamo visto bombe come Clair Obscur Expedition 33 (il GOTY di Vgmag), Donkey Kong Bananza, Hollow Knight: Silksong, Metroid Prime 4: Beyond e tantissimi altri titoli anche tra i lidi del giro indipendente… quindi perché impuntarsi verso una serie comunque piuttosto modesta? Per lo stesso motivo per cui me ne innamorai 15 anni fa: il suo essere completamente fuori di testa nel mescolare la formula spokon di altre opere come Captain Tsubasa con la tamarraggine documentata per la prima volta in quel capolavoro della storia del doppiaggio trash “all’italiana” che è Shaolin Soccer (2001) di Stephen Chow. Ma saranno riusciti Akihiro Hino ed il suo team a portare il calcio ultradimensionale verso una nuova generazione?

Inazuma Eleven Victory Road
Keyart promozionale del gioco

Inazuma Eleven e la Maledizione delle Stelle

Prima di scendere in campo e “toccare l’erba” di Inazuma Eleven: Victory Road, cerchiamo di recuperare una timeline degli ultimi 10 anni, partendo dall’ultimo titolo uscito al di fuori del Giappone nel 2015. Inazuma Eleven GO Chrono Stones arrivò nel mercato europeo dopo 3 anni dal suo arrivo in Giappone, in un momento in cui l’intero brand stava vivendo un periodo di affaticamento. Per quanto l’avventura di Arion Sherwind (o Matsukaze Tenma, se dovessimo interpellare il suo nome originale) nello spazio-tempo potesse risultare effettivamente interessante e un notevole passo avanti nello sviluppo del gameplay, l’arrivo di Armature e Trasformazioni Mixi-Max e il farming incessante per permettere a queste meccaniche di esprimersi al meglio portarono ad una bulimia generale nei contenuti che risultò alla fine dei conti indigesta e che avrebbe fatto da antipasto per un Inazuma Eleven GO Galaxy che avrebbe portato tutto questo al livello successivo, con un titolo che non solo ribilanciava la formula e aggiungeva ulteriori estensioni e meccaniche di gioco, ma anche un endgame che con i vari aggiornamenti portava la difficoltà a livelli estremi, rappresentando un po’ la summa definitiva della serie. Ma ormai l’interesse verso il brand era giunto ad un minimo storico preoccupante e le vendite dell’ultimo capitolo riuscirono a fatica a raggiungere il mezzo milione di copie in madre patria. Serviva una rivoluzione, un rimescolamento delle carte ed un ritorno alle origini.

L’anno dopo, durante il Level-5 Vision 2016, Akihiro Hino presentò al mondo la prossima incarnazione del franchise di “fantacalcistico”: Inazuma Eleven Ares, un soft-reboot che avrebbe re-immaginato gli eventi di Endou Mamoru (Mark Evans) dopo la vittoria della Raimon al Football Frontier, raccontando nuove storie e incentrandosi sulle vicende di Inamori Asuto e la Inakuni Raimon, una nuova squadra di dilettanti iscritta alla successiva edizione del torneo e con l’obiettivo di ergersi al top di un calcio giovanile giapponese pronto ad aprirsi al panorama mondiale. Un progetto cross-mediale che tra anime, giocattoli e cabinati avrebbe anche incluso un videogioco in uscita su console e mobile, sviluppato da CyberConnect2. Uno scope che ne avrebbe purtroppo segnato il travagliato sviluppo. I mesi arrivavano e col tempo l’annuncio di Inazuma Eleven Ares divenne un lontano ricordo, con i primi trailer di gameplay che però mostravano un prototipo dalla qualità discutibile e che faceva nascere più dubbi che certezze: sarebbe ancora stato un titolo RPG o Level-5 avrebbe puntato ad un gameplay arcade? Difficile saperlo con certezza, visto che Ares non uscì mai da quella fase prototipale, con l’intero progetto che venne cancellato nel 2020, addirittura un anno dopo la fine del suo sequel animato Inazuma Eleven Orion, con la software house che ricominciò lo sviluppo del gioco come Inazuma Eleven: Heroes of Great Road. Un titolo celebrativo, che avrebbe compreso ogni protagonista e personaggio di rilievo dei vari titoli della serie, assieme ad una nuova storia ed un nuovo protagonista. Lo scheletro di quello che – tra congelamenti, crisi creative e focus su titoli gacha in stile subuteo – sarebbe poi stato rielaborato nel 2022 nella sua forma finale, ovvero quell’Inazuma Eleven Victory Road che oggi rappresenta un vero e proprio miracolo che lo rende già di per sé un titolo unico nel suo genere.

Ogni devblog rilasciato in quegli anni risultava confusionario o comunque poco concentrato sulla definizione di un’esperienza di gioco specifica

Tanta “nostalgIA” a discapito delle novità

Partiamo dal presupposto che tecnicamente Inazuma Eleven: Victory Road si pone come un gioco indietro di almeno due generazioni di console, con un comparto grafico fatto di modelli poligonali spigolosi, mancanza di profondità nelle ombre e nel come esse si mescolano assieme alle texture, al punto da dare l’impressione che i personaggi “levitino” sull’erba e accentuando il senso di anacronismo generale della produzione. A questo si aggiunge un massiccio riutilizzo di asset ed animazioni provenienti dalle varie piattaforme che hanno ospitato la serie, quindi Nintendo 3DS, Wii e addirittura DS e un upscaling generale delle texture dei vari giocatori attraverso intelligenza artificiale. Una pratica che, oltre ad essere stata saggiamente annunciata e comunicata con le giuste premesse dal CEO di Level-5 Akihiro Hino in varie interviste promozionali, soprattutto in un periodo in cui il dibattito sull’uso dell’AI Art nel mondo dello sviluppo ha portato a non poche controversie e che in questo caso specifico porta con sé tanti pregi e altrettanti difetti, anche considerando lo scope principale di Inazuma Eleven: Victory Road, ovvero permettere ai propri utenti di creare la squadra dei propri sogni prendendo spunto da un roster di più di 5000 personaggi reclutabili. Un’impresa che per quanto faccia impallidire qualsiasi altro titolo di “monster collecting” per l’enorme mole di modelli a modo loro unici è anche segnata da una disparità visiva simile a quanto visto nelle iterazioni più moderne di Gran Turismo. Perché laddove nei titoli di ultima generazione del simcade di Polyphony gli utenti hanno imparato a conoscere le gioie e soprattutto i dolori delle varie nomenclature “Standard”, “Premium” e “Super Premium”, nell’ultimo titolo di Level-5 abbiamo giocatori dalle texture ridefinite e soprattutto coerenti con il materiale originale ma anche vari orrori di rara bruttezza per tutti quei giocatori minori che non godono dello status di “personaggio rilevante“.

Per quanto riguarda le animazioni bisogna fare un discorso diverso, perché se su Nintendo DS queste rappresentavano un vero e proprio miracolo tecnico e su 3DS Level-5 portò quell’eccellenza verso la stereoscopia in modo ottimale, con Inazuma Eleven: Victory Road assistiamo ad una lieve battuta d’arresto. Il nuovo arco narrativo vede la comparsa di nuove tecniche speciali e Keshin, ma il più delle volte stiamo parlando di “nuove” tecniche create attraverso un collage molto astuto di animazioni già comparse in precedenza, con il totale di tecniche veramente originali che scende drasticamente fino ad essere quantificabile con un solo paio di mani. Una scelta che non sorprende, chi ha giocato la serie in passato saprà che la presenza di recolor e restyle erano all’ordine del giorno, ma che non aveva mai raggiunto i livelli di asset flip presenti in Victory Road nonostante stiamo comunque parlando di un titolo con oltre 700 tecniche speciali utilizzabili dal Day One e con la prospettiva di potersi aspettare – attraverso aggiornamenti futuri già ampiamente spoilerate da datamining esterni – un incremento sostanzioso di questo totale una volta aggiunte le restanti tecniche della prima trilogia, del capitolo “Go Galaxy” e dei “soft-reboot” Ares ed Orion, con questi ultimi due che a quanto pare presentano animazioni praticamente ripensate da zero nelle loro coreografie. Insomma, un lavorone impressionante che fa da cerotto per una presentazione tecnica discutibile.

Inazuma Eleven Victory Road
Nonostante l’anacronismo tecnico, Level-5 ha lavorato molto nel mantenere la presentazione il più accurata possibile all’anime

Inazuma Eleven Victory Road: insieme contro il Mostro del Calcio

Compiendo degli incredibili “Guizzi Aerei” e passando da un estremo all’altro, uno degli elementi più sorprendenti di Inazuma Eleven: Victory Road è la sua Modalità Storia, quella che tra le cinque principali è stata grande fonte di aspettative ed ansie. E qui è lecita l’ennesima premessa: la serie non ha mai brillato per quanto riguarda la scrittura dei propri copioni, anche a causa della volontà da parte degli autori di alzare sempre di più l’asticella del surreale raggiungendo apici di “trash” e “tammarraggine” inauditi con ogni nuovo capitolo. Certo, ci sono indubbiamente stati dei picchi in cui – spesso nella controparte animata più che nel gioco – la narrazione prendeva pieghe piuttosto cupe e profonde, in particolare per quanto riguarda la caratterizzazione e scrittura dei personaggi principali, ma il tutto veniva comunque risolto con il solito “tarallucci e vino” e con una buona dose di follia. Soprattutto con il suo momentaneo finale in Inazuma Eleven Go Galaxy, in cui questa volta gli alieni erano effettivamente in grado di giocare a calcio, le persone tornavano in vita come nelle peggiori telenovele spagnole e i protagonisti si facevano guidare più dagli ormoni che dal proprio percorso, era ormai diventato più che palese che all’interno del grande disegno di Inazuma Eleven la trama era una componente piuttosto secondaria. Chiaro, gran parte di tutto questo era anche dovuto al posizionamento come “kodomo”, genere d’animazione giapponese dedicato ad un pubblico infantile e che risultava il target ideale per Level-5 all’epoca, assieme alla necessità di sfornare un nuovo titolo in poco più di 12 mesi. Tuttavia ad oggi dopo 17 anni la serie ha compiuto il passo verso una dimensione più matura al punto da risultare sorprendente e al tempo stesso disorientante. Tolta infatti la premessa “sovrannaturale” del vedere dei ragazzini delle medie effettuare tecniche speciali incredibilmente complicate, la trama generale dello scenario Victory Road è quanto di più basilare e rinfrescante ci possa essere. La base dello spokon: due personaggi agli antipodi ma che comunque instaurano una forte rivalità e amicizia attraverso il calcio.

Da un lato Sasanami Unmei, un genio del pallone mancato afflitto da una malattia al cuore che l’ha costretto ad abbandonare la disciplina, ripudiandola al punto da trasferirsi nell’unico istituto in tutto il Giappone senza un club di calcio giovanile: la Nagumohara Jr. High. Dall’altro lato abbiamo Endo Haru, figlio del leggendario portiere e trascinatore della Raimon Endo Mamoru e bomber della Ouja Raimon, la squadra più forte tra le partecipanti del Football Frontier. Quello che potremmo definire “un talento che nasce ogni 10 anni” ma al tempo stesso svogliato e senza alcuno stimolo legato a questo sport. Una coppia atipica e meno romantica verso la disciplina rispetto al passato, ma arricchiti da una spruzzata di tridimensionalità e soprattutto realismo, avvicinando le dinamiche della serie ad altre opere del genere sportivo come Hungry Heart (La Squadra del Cuore) e Giant Killing. Questo si traduce in un’avventura sportiva da manuale, incredibilmente coinvolgente e soprattutto accessibile anche ai nuovi arrivati. Per quanto siano presenti alcuni rimandi a personaggi, tecniche speciali e momenti storici della serie, questi appaiono per brevi minuti e non sono mai il focus generale della narrazione. Una narrazione fondata principalmente sui percorsi personali dei protagonisti principali e del messaggio finale dell’opera: un messaggio di Akihiro Hino a se stesso e una poetica lezione di vita nata proprio dal tortuoso percorso di sviluppo affrontato in questi 8 lunghi anni. Sebbene lo scontro finale tra Nagumohara e Raimon fosse già stato ampiamente spoilerato dalla campagna promozionale, il cammino della piccola e sconosciuta squadra di Fukuoka rimane godibile dall’inizio alla fine, anche grazie al lavoro d’animazione fatto da MAPPA e alla suddivisione “Episodica” dei vari capitoli. Come se stessimo assistendo a 30 ore di un nuovo anime legato alla serie, con tanto di Opening all’inizio e a metà stagione cantate dai sempreverdi T-Pistonz. A conti fatti, una volta arrivati ai titoli di coda, posso dire con certezza che la Modalità Storia verrà ricordata come la migliore storia raccontata dalla serie… ad eccezione degli extra inclusi nell’inesistente post game (o “Storia Estesa”) in cui una certa squadra basata sull’antica Grecia agisce da super boss dell’intero gioco, ma senza una particolare rilevanza o aria di novità. L’unico vero fastidioso dosso lungo una Via della Vittoria incredibile.

Inazuma Eleven Victory Road
Incredibile come in una serie che ruota attorno all’assurdo, la parte migliore è rappresentata dall’immedesimazione verso i personaggi e le loro vicende personali

Modalità Cronache: sulle orme della leggenda

Altrettanto corposa, se non forse ancora più vasta della Modalità Storia, la Modalità Cronache di Inazuma Eleven: Victory Road presenta alti e bassi che hanno sempre caratterizzato le “Taisei Route”, ovvero i percorsi affrontabili all’interno dei contenuti opzionali presenti in ogni capitolo canonico della serie. Questa volta però, la necessità di includere ogni squadra comparsa in quasi 20 anni di franchise ha dato la possibilità a Level-5 di presentare queste sfide con uno spin narrativo che al suo annuncio mi lasciò di sasso. Stiamo infatti parlando di un “sequel” di Inazuma Eleven GO Chrono Stones, ripartendo proprio da quel futuro improbabile in cui la Raimon Rivoluzionaria fermò la rivolta degli Ultra Evoluti in un torneo in grado di trascendere lo spazio-tempo. E se questa premessa vi sembra assurda per una serie che parla di ragazzini che giocano a calcio, allora preparatevi: in questo nuovo arco narrativo, il mondo del futuro è stato invaso dai Divoratori di Menti (Mind Eater), creature provenienti da un altro piano dell’esistenza, immuni a qualsiasi arma e con il potere di cancellare gli esseri umani, portandoli a rischio di estinzione. Una crisi che costringe un adulto Fei Rune e il Dr. Cryptix ad escogitare un piano disperato: violare le leggi sui viaggi temporali e creare la migliore squadra di calcio possibile utilizzando i talenti del passato e creare il Keshin definitivo, l’unica arma spirituale in grado di scalfire la minaccia interdimensionale. Ci siamo? Facciamo un bel respiro e prendiamoci qualche secondo per riflettere su quanto appena letto. Se con la storia di Sasanami Unmei e la Nagumohara la narrativa era rimasta su una dimensione “plausibile”, fatta eccezione per le side-quest che ricalcano gli assurdi canovacci dei titoli della serie Yakuza, la Modalità Cronache spinge sull’acceleratore della follia per aprire quello che è in fin dei conti un grosso tributo alla serie, oltre che il fulcro di tutta l’esperienza endgame di Inazuma Eleven: Victory Road.

Mescolando la struttura classica delle già citate Taisen Route con la premessa di proporre gli scontri più iconici della serie come nelle Legend Taisen di Inazuma Eleven GO Galaxy, la progressione all’interno della Modalità Cronache avviene tramite due tipi di partite: la prima, definita “Cronaca” non è altro che un racconto riassuntivo e più o meno coerente delle partite messe in scena nella serie animata originale, con obiettivi da raggiungere per mantenere la coerenza storica degli eventi e rimanere in sincronia con la linea temporale. La seconda sfida invece è una partita per lo “Sblocco della Rotta Temporale” in cui il giocatore utilizzerà la propria squadra dei sogni contro quelle stesse squadre già affrontate poco dopo. Una tappa obbligatoria ma che purtroppo durante le prime settimane non offriva nulla al di fuori di un po’ di punti esperienza e qualche spirito da evocare per reclutare nuovi giocatori, al punto da rendere l’intera esperienza un laborioso e lungo farming. Un problema che è stato parzialmente arginato a partire dalla patch 1.4.1 con l’introduzione della Vittoria con Vantaggio nel momento in cui alla fine del primo tempo il vantaggio accumulato sulla CPU arrivi o superi 4 gol. In questo modo, l’unica vera bega rimane il farming di oggetti rari e Stelle Legame, necessarie per l’ottenimento di tecniche e spiriti sempre più potenti attraverso scambi all’interno del negozio in-game (privo di microtransazioni, per quanto ci siano le premesse per lucrarci all’infinito) e i maledetti gacha all’interno di diverse Costellazioni dal pullrate criminale per i giocatori dalle rarità maggiori. Tutto sommato, stiamo parlando di una modalità che svolge bene il proprio dovere: tenere i giocatori incollati allo schermo per ore e ore e ore di gioco. Sia per curiosità, nostalgia o necessità per poter primeggiare nella Modalità Competizione.

Inazuma Eleven Victory Road
Se ci pensiamo, nella timeline di Inazuma Eleven ci sono almeno 3 viaggiatori del tempo che si incrociano tra di loro. Follia, se consideriamo il fatto che stiamo parlando di una serie sul calcio.

Modalità Competizione: Possibilità tanto infinite quanto confuse

Piuttosto che ricorrere all’approccio da “foglio illustrativo” per descrivere il gameplay nudo e crudo di Inazuma Eleven: Victory Road – cosa che tra l’altro abbiamo già fatto lo scorso anno parlandovi della sua Open Beta, dalla quale si discosta attraverso lievi migliorie alla velocità di gioco, la visibilità dell’azione di gioco e la riduzione della comparsa di colpi critici in porta – preferisco utilizzare questo capitolo per mettere tale formula in relazione alle sue capacità competitive e sui problemi sorti durante la costruzione del mio dream team. Prima di tutto, la possibilità di ingaggiare più di 5400 calciatori ingaggiabili potrebbe far emergere alcune perplessità sull’effettiva qualità della maggior parte del cast selezionabile, ma da quanto visto fino ad ora sembra che Level-5 abbia trovato la formula perfetta: ogni personaggio al di sotto delle varianti “Eroiche” può essere personalizzato come più ci aggrada. Dalle tecniche speciali, fino alle skill passive, ogni elemento e parametro può essere sostituito all’interno di uno skill tree molto simile alla sferografia di Final Fantasy X e suddivisibile in due branch, in modo da creare due set di un singolo personaggio da poter richiamare al volo a seconda del ruolo che si vuole impostare per quel singolo giocatore. Questo si traduce in possibilità di team building praticamente infinite, applicabili addirittura agli allenatori e manager reclutabili, permettendo quindi a tutti di diventare un bomber inarrestabile o un regista nato. E al di là di alcune abilità innate di personaggi specifici come il MixiMax o il Cambio di Modalità, ogni personaggio potrà controbilanciare questa mancanza utilizzando una delle varie Ipertecniche disponibili e che spaziano dai Keshins evocabili a potenziamenti speciali e Trasformazioni Legame con questi ultimi gestibili all’interno dei Vincoli Legame, un albo dei ricordi dove non solo è possibile fissare le istantanee fatte con la Modalità Foto durante le partite, ma si ha la possibilità di impostare i beniamini che eseguiranno le proprie tecniche combinate. In aggiunta, tale funzione aumenterà anche la percentuale Legame in grado di potenziare le nostre conclusioni a rete e che rappresenta una delle tante complessità nascoste di un gameplay che però al momento è tutt’altro che “competitivo”.

Al di là della quantità immensa di ore da investire nella creazione di un team efficace una volta raggiunto il massimo livello di gioco e che ovviamente dovrà andare incontro alla volontà del giocatore di includere i suoi beniamini preferiti nella loro massima rarità e al tempo stesso coinvolge l’ottenimento ed uso di migliaia di “fagioli d’allenamento” attraverso i minigiochi proposti per aumentare le loro statistiche, al momento Inazuma Eleven: Victory Road ha due grosse lacune che lo rendono tutt’altro che un titolo che può essere preso sul serio. Da un lato hai un sistema di reclutamento che riesce ad essere migliore e al tempo stesso peggiore delle alternative del passato: perché è bello trovare finalmente quel giocatore in particolare che vogliamo aggiungere alla rosa, ma nella maggior parte dei casi – proprio per come funziona la suddivisione in rarità ed il fatto che ognuna di loro offre diverse skill passive gestite attraverso una distribuzione casuale, che nel caso delle tre rarità eroiche possono addirittura cambiare nello stile di gioco – non si avrà mai la certezza di avere un giocatore al top della propria condizione e build, in quanto la già citata sferografia risulta insufficiente nei confronti di un min-maxing ottimale. Ma ciò che è peggio è che gran parte delle meccaniche di gioco – dalle evoluzioni delle tecniche alle tattiche speciali, dai Keshin ai Risvegli fino anche solo alla gestione dei legami e delle varie parametri – vanno a quel paese nel momento in cui si mette in pratica uno stile di gioco aggressivo e votato ad interventi in scivolata e scatti travolgenti che non solo ignorano gli scontri diretti tra giocatori, ma risultano meno suscettibili ai fischi dell’arbitro. La stamina limitata va a minimizzare il rischio di abusi, ma siamo ancora ben lontani dal definirlo “pronto” per l’inizio dei tornei ufficiali nel 2026.

Inazuma Eleven Victory Road
La quantità di valute da farmare e tenere in conto rasenta l’assurdo ed il fatto che non ci abbiano monetizzato lo è ancora di più. E va bene così!

Inazuma Eleven Victory Road: divertimento in continua evoluzione

Ci stiamo avvicinando alla fine di questo viaggio e dopo aver tessuto le lodi e segnalato i fuorigioco di questo Inazuma Eleven: Victory Road in (quasi) tutte le sue salse – perché si potrebbe parlare della Kizuna Town che va ad introdurre un aspetto social in stile Animal Crossing ed incrementare ULTERIORMENTE il farming di risorse per migliorare la nostra formazione e la BB Arena che è di fatto una modalità arcade che riprende dalla serie spin-off Strikers la possibilità di sfidarsi in multiplayer con delle squadre precostruite, ma che dal punto di vista ludico arricchiscono il giusto – cosa rimane da discutere? Di sicuro Level-5 si merita un plauso per il supporto offerto fino ad ora, ma ancora prima dell’uscita ufficiale del gioco.

Con la prima fase di Beta Testing, la software house aprì uno strumento unico nel suo genere per quanto riguarda i progetti con modello live service: l’InaPost, una cassetta delle lettere virtuale con il quale inviare feedback, suggerimenti o proporre cambiamenti al gioco. Una grande iniziativa e vicinanza alla community che ha permesso ad Inazuma Eleven: Victory Road di elevarsi ad un titolo che – pur con ancora qualche bug di troppo – si propone come l’esperienza definitiva legata al Calcio Ultradimensionale, un vero e proprio miracolo che speriamo sia il primo di una lunga lista di successi per la software house nipponica e che speriamo si replichi non solo con i prossimi aggiornamenti in futuro, ma anche con le loro prossime produzioni.


Trovare delle parole conclusive per Inazuma Eleven: Victory Road è risultato più arduo dell’intera scrittura di questa recensione e spero che per quanto prolisso questo lungo viaggio all’interno di poco più di 100 ore di gameplay sia riuscito a trasmettere non solo i pregi ed i difetti di un titolo che finalmente riporta il brand sulla cresta dell’onda e lo celebra degnamente con un’esperienza che per come è proposta definisco “miracolosa”. Non è un titolo esente da difetti, che soprattutto nel momento in cui si esplorano le sue profondità ludiche tendono a soverchiare il giocatore con una mole di opzioni e obiettivi soverchianti. Ciononostante, questo capitolo mastodontico della serie calcistica targata Level-5 riesce finalmente a raggiungere quell’obiettivo che per 9 anni sembra essere un’utopia: essere un videogioco divertente in grado di appassionare i nuovi arrivati e riaccendere la passione nel Calcio Ultradimensionale nei cuori di quei vecchi bacucchi come il sottoscritto, con la prospettiva di continuare a “giocare a calcio” ancora per molto, molto tempo.


Game Designer e scrittore, alla fine si è deciso ad aggiornare la propria bio dopo 50 anni di muffa. Perché va bene l'essere "cresciuti a pane e Tekken 2", ma a una certa arriva il momento di "voltare pagina". Non chiedetegli quale sia il suo Final Fantasy o gioco Mega Ten preferito: non ne uscireste vivi!