I precursori di Oculus Rift

dataglove

Per ogni progetto riuscito, ce ne sono sempre tanti altri falliti alle spalle. Per raccontarvi alcuni delle più interessanti interfacce per la realtà virtuale prima dell’avvento di Oculus Rift, occorre tornare un po’ indietro con gli anni e indagare sulle segrete ricerche tecnologiche svolte dalla NASA ( Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche) e dall’esercito americano.

Erano gli anni della rivoluzione giovanile, ma anche quelli in cui iniziava ad intravedersi la fine della guerra fredda, erano gli anni della musica elettronica e quelli in cui anche l’industria videoludica iniziava ad avere i migliori risultati dal punto di vista commerciale… insomma, erano gli Anni Ottanta. Una delle prime periferiche a suscitare interesse per la NASA fu il Dataglove. Si trattava di un vero e proprio guanto dotato di sensori in grado di registrare il movimento della mano e delle dita e di inviare al computer le relative informazioni. Accompagnato da un software in grado di interpretare questi dati, il Dataglove risultava essere un’interfaccia che si adattava ai movimenti compiuti dall’utente. Il primo modello sviluppato fu quello della VPL Research di Jaron Lanier, intorno alla metà degli Anni ’80. L’azienda americana fu una delle prime nate per lo sviluppo di periferiche di realtà virtuale e riscosse l’interesse della NASA la quale contribuì economicamente allo sviluppo di questo progetto…e non solo. La VPL Research iniziò la produzione di altre periferiche per la realtà virtuale: esempi sono l’EyePhone, che ovviamente non è il bisnonno dei prodotti Apple, ma uno dei prototipi di HMD (head mounted display) e, guarda caso, sviluppato dopo i primi tentativi dell’esercito americano negli Anni ’70 di utilizzare questo tipo di periferica per il puntamento dei missili in guerra… alquanto curioso! Inoltre l’azienda ha progettato il pacchetto completo di interfacce per creare la miglior esperienza di realtà virtuale per l’epoca: l’AudioSphere, una unità che tentava di riprodurre l’illusione del suono in 3D e il Body Electric, un programma che gestiva tutte le periferiche nate in azienda relative alla realtà virtuale e supportato dal motore 3D Isaac, e anche questo non è un lontano parente dell’Isaac di Dead Space… ma anche questa coincidenza sembra piuttosto curiosa!


virtuality

Dato l’elevato costo, queste interfacce non potevano essere commercializzate ma utilizzate solo a livello militare o governativo. Dal progetto del Dataglove nasce il famosissimo PowerGlove della Mattel per il NES, la prima console da casa Nintendo a cartucce intercambiabili, che riduce il costo di produzione di quasi dieci volte e permette ai fan dell’azienda nipponica di sperimentare una periferica per la realtà virtuale.

Ma andiamo avanti. Sono finiti gli Anni ’80 e, nel 1991, ci sono ben due nuovi esperimenti da segnalare: il Virtuality e il Sega Virtual Reality.

Il Virtuality, il cui motore era quello dell’Amiga 3000,  è una postazione di gioco per la realtà virtuale nata dalla W-Industries in Inghilterra. Furono costruite e vendute solo 250 unità e nel 1994, per gli elevati costi, uscì fuori produzione. In Italia nel 1992 arrivarono alcuni esemplari di cui uno al R&C Elgra di Palazzolo Milanese e l’altro al Virtuality Centre di Napoli. Le immagini ci mostrano una postazione completa in cui poter usufruire di un visore (di nome Vi-sette), un joystick e un’unità multiplayer. Come detto, dopo un iniziale successo, la postazione scomparve dalle sale che l’avevano ospitata… puff! Solo chi ha avuto la fortuna di provarla, può raccontarci l’esperienza del Virtuality.

Discorso un po’ diverso per la Sega, che sempre nel 1991, provò a entusiasmare gli animi dei suoi fan con ben due periferiche per la realtà virtuale. La prima, il Sega VR,un add-on per il Sega Megadrive. In pratica un HMD con schermo LCD e sensori che avrebbero dovuto reagire ai movimenti della testa del giocatore. Abbiamo detto “avrebbero” perché l’ultima volta che è stato visto è stata a un’esposizione del 1993 e secondo quanto dichiarato dalla stessa Sega il progetto è rimasto solo un prototipo a causa di problemi nello sviluppo: gli crediamo?

SONY DSC

La seconda periferica, lo StuntMaster, fu sviluppata dalla Victormaxx per il Sega Mega Drive e per lo SNES e rilasciato solo in Nord America. Non è altro che un grosso paio di occhiali con uno schermo per ogni occhio e funziona essenzialmente come una TV in cui sono implementati gli effetti 3D. La cosa interessante è che era talmente pesante che fu istallato un supporto per far in modo che la periferica di realtà virtuale avesse un appoggio anche sulle spalle per non appesantire troppo la testa… Inoltre era talmente difficile da configurare che il suo manuale di istruzioni divenne un vero e proprio cimelio per i suoi possessori!