Tecnofobia e terrore al quadrato
Abbiamo già visto come il cinema sia da sempre affascinato dal tema della fantascienza e in particolare da quello della realtà virtuale. Oltre alle numerose rappresentazioni dei device di VR, e ai capolavori cyberpunk emersi dagli anni ’80, un tema particolarmente prolifico è legato sicuramente al concetto di perdersi nella realtà virtuale. Numerose pellicole, da Tron, a Existenz di Cronenberg, a Nirvana hanno esplorato questo tema, fornendoci una visione tecnofobica della realtà virtuale estremamente dettagliata e coinvolgente. Quello della tecnofobia sembra un tema perfetto per Oculus Rift, e oggi per la nostra rubrica Film vogliamo riproporvi un thriller psicologico dal carattere horror del 2002: Cube 2: Hypercube di Andrzej Sekuła, sequel di Cube. Abbiamo deciso di parlarvi del secondo capitolo, perchè in Hypercube lo stile postindustriale del primo film viene sostituito dall’hi-tech, e, ancora più importante, viene introdotta la quarta dimensione, quella virtuale.
Ma ora veniamo alla trama: otto sconosciuti si risvegliano in un misterioso luogo costituito da stanze cubiche collegate tra loro da una porta. Si tratta di un ipercubo, struttura compatta richiusa in sè stessa dalle proprietà fisiche piuttosto particolari: gli otto protagonisti scopriranno presto che le stanze si muovono, non solo nello spazio, ma anche nel tempo, e che molte di esse contengono trappole mortali. Le camere differiscono anche per la forza di gravità: entrando in nuovi cubi, i protagonisti scopriranno l’assenza di essa.
Il film inizia con una giovane donna di nome Becky, interpretata da Greer Kent all’interno del Cubo. Subito dopo, a ritrovarsi con lei nella struttura sono gli sfortunati Kate, Simon, Sasha, Jerry, Max, Julia, e l’anziana signora Paley. Gli otto si imbattono nel colonnello Thomas Maguire, il quale gli dirà che l’unica speranza per usicre sarà trovare il codice. La situazione, già disperata,inizia a peggiorare: un muro inizia a chiudersi, e il colonnello, ammanettato, finisce per essere disintegrato da esso. Riuscita a scappare in un’altra stanza, Kate comincia a notare i numeri “60659” ripetersi ossessivamente. Scoperto di essere legati dall’aver lavorato per Izon, industria produttrice di armi, gli otto fuggiranno ogni volta da una stanza diversa, affrontando diversi pericoli. Ad ogni lato dell’ipercubo ne morirà uno, trafitto da cristalli, ucciso da un suo stesso compagno, risucchiato da pareti invisibili e fatto a pezzi da pale elettriche giganti. Gli unici a sopravvivere saranno Kate, simon e Sasha, che si rivelerà essere l’hacker responsabile della creazione della struttura e del “tesseract” da parte di Izon. La donna, aveva poi provato a cancellare l’operazione, finendo essa stessa rinchiusa nel cubo.
Simon, in uno scatto d’ira, uccide Alex, e viene ucciso da Kate con un coltello. Rimasta da sola, Kate si rende conto che il codice ” 60659 ” corrisponde al countdown dell’implosione del cubo ( 6:06:59 ). La sua unica speranza è prendere la collana di Alex, contenente informazioni riservate su Izon. L’ipercubo inizia a implodere, e Kate apre un pannello nella parte inferiore, cadendo in un buco nero. La donna si risveglia nelle mani delle autorità di Izon in una fabbrica abbandonata: restituisce la collana, ma viene uccisa da uno dei militari, che riferirà: “la fase 2 è terminata “.
Il riferimento a una tecnologia utilizzata al servizio del crimine non è certamente nuova, ma risulta sempre di successo. Noi di Oculus Rift Italia ci chiediamo però: e se il tema fosse sviluppato proprio in Oculus Rift? Chissà se nel prossimo futuro sarà proprio il cinema a rendere protagonista il visore ideato da Luckey in un thriller all’ultimo sangue o magari in un titolo fantastico, alla Avatar. Per ora, quello che è sicuro, è che il futuro è rappresentato da Oculus VR.
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