Brendan Iribe e le prospettive educative di Oculus

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Delle varie applicazioni che può avere la VR nella nostra vita, non si deve pensare solamente al settore dell’entertainment in senso stretto. Brendan Iribe, CEO di Oculus VR, insiste infatti ancora una volta in una sua recente ed interessante dichiarazione, sulle prospettive educative che può offrire il visore:

Il dispositivo non è destinato soltanto all’area ludica, la VR sarà una delle piattaforme più significative di tutti i tempi per quanto riguarda la trasformazione delle modalità educative, e sarà il tempo a confermarlo. Vi è una caratteristica fondamentale della realtà virtuale di cui  la maggior parte del mondo non si è ancora resa conto o di cui forse soltanto un migliaio di persone hanno preso coscienza: la VR inganna il cervello, facendoci pensare di osservare un luogo reale e, quando ciò accade, la sensazione non è la stessa di guardare un videogioco, ma ovviamente è come trovarsi veramente dentro un determinato ambiente. Abbiamo pensato di far provare il prototipo a gente dello Smithsonian (Istituto di istruzione e ricerca con annesso un importante museo, amministrato e finanziato dal governo degli Stati Uniti), proveniente da settori diversi, quali l’industria automobilistica o l’architettura, e tutti hanno mostrato grandi stimoli emotivi derivanti dall’uso della VR.

E continua descrivendo le applicazioni che potrebbe avere la realtà virtuale nei confronti dello studio, e in particolare dell’uso che se ne potrebbe fare in ambito museale, prendendo come esempio il caso dello Smithsonian:

Sarebbe possibile acquisire una parte dei 142 milioni di oggetti presenti nel complesso dello Smithsonian, che gestisce 19 musei negli USA, ed osservarli attraverso Oculus con una visione a tutto tondo, in maniera chiara e netta come se essi fossero dinanzi ai nostri occhi. In una fase successiva si potrebbe realizzare l’idea di condividere lo spazio della visualizzazione con altra gente, che magari sta usando lo stesso sistema nostro nello stesso preciso momento […]. Se saremo in grado di rendere la realtà virtuale utile quanto la realtà, in termini di comunicazione e di presenza condivisa, sarà possibile educare le persone in aule virtuali con oggetti virtuali, e in tal caso potremmo stare tutti dentro una sola classe, sempre presenti, avendo relazioni di comunicazione valide quanto quelle di una classe reale.

La realtà virtuale intesa come esperienza collettiva di studio è sicuramente un ottimo esempio di come possa essere sfruttata per fini non propriamente ludici o di intrattenimento. Ma diventerà davvero il nuovo metodo di insegnamento del futuro? Come già detto da Brendan Iribe, sarà il tempo a confermarlo… e noi non vediamo l’ora di scoprirlo.