5 lezioni dal creative director di Story Studio

Proprio ieri avevamo parlato di Henry, il porcospino che sta per diventare la mascotte della realtร  virtuale, creato da Oculus Story Studio. La divisione โ€œimmersive animationโ€ di Oculus VR ha da poco aggiornato il suo blog, con un post scritto da Saschka Unseld, regista di Lost e Creative Director di Oculus Story Studio. Unseld ha riassunto in cinque punti le lezioni che ha imparato lavorando in Story Studio e, trattandosi di argomentazioni molto valide, abbiamo pensato di tradurle in italiano, in modo che possano aiutare i creativi che si approcciano allo storytelling in realtร  virtuale.

Prima regola: โ€œNon affrettare il ritmoโ€.

Tradizionalmente, quando si scrive una storia, editiamo insieme uno storyboard su pellicola, per mappare le azioni e il ritmo. Ma quando abbiamo usato la stessa tecnica per mappare il ritmo in realtร  virtuale, la storia รจ diventata affrettata. Tutte le azioni stavano avvenendo troppo in fretta per permettere al pubblico di seguirle.

In retrospettiva ciรฒ ha molto senso. La densitร  di informazioni che viene trasmessa nei film rispetto alla VR รจ chiaramente diversa.

รˆ per questo che, piuttosto che pensare alla storia come una serie di โ€œazioniโ€ compiute da un personaggio, abbiamo finito per pensare alla storia come una serie di momenti. Per esempio: 1. Siamo soli in una foresta oscura 2. Una gigantesca mano robot perlustra l’area 3. La mano si siede da sola delusa 4. La mano aspetta qualcosa che si avvicina, etc…

Poi abbiamo dato un ritmo a questi momenti in VR per accertarci che spendessimo abbastanza tempo in ciascuno di essi, cosรฌ che il pubblico abbia il tempo di comprendere ogni momento della storia.

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Seconda regola: โ€œRispetta il rituale di stabilirsi e impostare la scenaโ€.

Nelle prime versioni di Lost, il pubblico ha spesso notato che erano confusi e sopraffatti quando vedevano per la prima volta la foresta. Essere trasportati in un ambiente completamente nuovo puรฒ essere impressionante, specialmente con un luogo cosรฌ ricco e bello.

Nel cinema, c’รจ un rituale chiaramente definito prima che inizi un film: ci sistemiamo sulle sedie, le luci si abbassano, le quinte si aprono e ci lasciamo andare, pronti a essere portati da qualche altra parte.

Ma in VR non esiste un simile rituale. Proprio per questo, รจ stato necessario capire quale fosse la primissima cosa che il pubblico puรฒ vedere. Questa โ€œprima cosaโ€ รจ qualcosa che adesso chiamiamo โ€œThe Inโ€. Per Lost volevamo trovare qualcosa che prendesse il pubblico per mano e, passo tempo, lo conducesse nel mondo del film, piuttosto che semplicemente gettarlo nel set con il rischio di sopraffarli.

Il nostro โ€œInโ€ in Lost รจ diventato Fi la libellula. รˆ la prima cosa che viene vista dal pubblico, ancora prima di entrare nella foresta. In questo modo abbiamo avuto qualcosa di piccolo, semplice e comprensibile che ha catturato l’attenzione delle persone. Fi vola da sinistra a destra, in modo che il pubblico si abitui al concetto di guardare tutto quello che lo circonda. Solo dopo il saluto di Fi apriamo il setting in cui la nostra storia ha luogo, ossia la foresta misteriosa di notte.

Terza regola: โ€œAbbandona l’idea di forzare lo spettatore a guardare da qualche parteโ€.

Uno degli aspetti piรน potenti dei film รจ il controllo totale sull’inquadratura. Abbiamo parlato all’infinito su come recuperare quel controllo. Come potevamo essere certi che lo spettatore guardasse nella direzione corretta?

Abbiamo provato a guidare la vista del pubblico attraverso indizi audio. Avevamo un uccello che voleva vicino allo spettatore per catturare la suaย attenzione e guidare il loro sguardo verso un punto della scena. Abbiamo anche provato a disegnare il set in un modo che guidasse la vista dello spettatore nelle giuste aree.

Tuttavia, ogni volta che implementavamo questi strumenti dittatoriali in maniera troppo pesante, lo storytelling iniziava a sembrare forzato, orchestrato e artificiale.

Nel corso del tempo ci siamo allontanati da questo tipo di pensiero. Per imbracciare la VR come un medium unico, dobbiamo abbandonare il controllo onnipotente di quello che vede il pubblico. Invece di imporre subito la storia sullo spettatore, facciamo un passo indietro per un po’ e lasciamo che lo spettatore stesso prenda parte alla scoperta della storia. Chiamiamo questo effetto: โ€œLetting-Goโ€.

Evitando di forzare lo spettatore a guardare da una certa parte, e rendendoย le ambientazioni interessanti in ogni direzione, incitiamo la curiositร  che lo spettatore nutre nei confronti del mondo. E attraverso questa curiositร , gli facciamo avere un ruolo piรน attivo nello sperimentare la storia. Diamo al pubblico il tempo di guardare dove vogliono e abituarsi a dove si trovano. Poi, dopo 40 secondi o giรน di lรฌ, un tempo che crediamo sia sufficiente alla maggior parte delle persone per sentirsi a posto e rilassati, usiamo elementi come l’uccello per riguadagnare l’attenzione del pubblico. Ma adesso, poichรฉ abbiamo dato loro il tempo di accomodarsi, sono anche intenzionati ad ascoltarci.

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Quarta regola: โ€œSii consapevole della densitร  narrativo-spazialeโ€.

Se in un qualunque momento succede soltanto una cosa in VR, cosรฌ come nei film, il mondo comincia velocemente a sembrare vuoto e stranamente falso. Nella vita non c’รจ mai una sola cosa che succede attorno a noi. Per avere davvero un’esperienza VR che ci dia il senso della realtร , e dunque della presenza, dobbiamo andare oltre lo storytelling singolare.

Alla fine abbiamo ridefinito la relazione tra storyteller, ascoltatore e la storia stessa. Anche se il tempo per lo spettatore scorre in maniera lineare, il processo di scoperta della storia non fa per forza altrettanto. Questa consapevolezza, ovviamente, ha grosse implicazioni sull’impostazione della scena e sul tempismo. Ha anche generato discussioni su quella che chiamiamo โ€œdensitร  narrativo-spazialeโ€.

In VR non dovrebbe mai esserci un solo elemento narrativo interessante a cui guardare. Le storie e lo storytelling dovrebbero essere tridimensionali come lo spazio intorno a noi. In ogni momento dobbiamo assicurarci che ci sia una certa densitร  di elementi narrativi che riempiono lo spazio.

L’abbiamo fatto in parte in Lost con i dettagli della foresta attorno a voi e la la luna nel cielo. Ma in un progetto futuro vogliamo adottare questa tridimensionalitร  ancora di piรน.

Quinta regola: โ€œSemplifica le proporzioniโ€.

Raccontare storie con la CG in tempo reale รจ difficile. Non solo creativamente ma anche tecnicamente. Renerizziamo circa 2 fotogrammi 1Kx1K (uno per occhio) a 90 frame per secondi. Se un singolo fotogramma di un film animato classico puรฒ richiedere giorni per essere elaborato su un singolo computer, noi abbiamo bisogno di calcolare i nostri frame a un novantesimo al secondo. Anche i computer piรน avanzati sono a malapena in grado di fare ciรฒ oggi.

Quando Pixar ha creato il primo Toy Story hanno deciso saggiamente di creare solo giocattoli. Niente umani, capelli, acqua o tessuto. Sapevano che fare queste cose a un alto livello di qualitร  non era ancora possibile, e volevano accertarsi che si fossero prefissati un progetto con obiettivi raggiungibili.

Non abbiamo fatto questo. Un’ambientazione complessa come una foresta puรฒ essere fattibile in un film animato, ma in VR รจ stata una sfida che ci ha tolto piรน tempo di quanto sperassimo. Abbiamo dovuto porci dei limiti in maniera massiccia, in modo da rendere l’esperienza fluida e gradevole. In retrospettiva, un’ambientazione piรน semplice ci avrebbe risparmiato un sacco di mal di testa.