Recensione Red Dead Redemption 2, il panta rei che travolge lo spettatore

Il successo di Red Dead Redemption 2 è ormai innegabile, e non ci si poteva aspettare nulla di meno dal colosso Rockstar Games, ma come si è evoluto il fenomeno? Già dall’anteprima pubblicata diverse settimane fa avevamo il sentore che quest’opera potesse essere tranquillamente il gioco dell’anno, e il tempo sta avvalendo questa tesi. In Italia il conto alla rovescia era già partito dal giorno dell’annuncio ufficiale, ma presto vennero diffusi succulenti video gameplay. L’esplosione di gioia delle community online del primo capitolo è stata incontenibile, poiché tutti non aspettavano altro che un segno da parte dell’azienda statunitense. D’altronde quando si parla di Rockstar, abituata a sfornare prodotti videoludici colossali dopo anni e anni di sviluppo, l’attenzione mediatica è tutta concentrata nello scoprire quali assurdi sogni ha fatto divenire realtà. Il primo capitolo della saga apparso su PlayStation 3 e Red Dead Redemption: Undead Nightmare sono entrati con prepotenza nel cuore degli appassionati, che per anni sono rimasti fedeli al progetto. Ma possiamo dirlo con certezza: la loro fiducia è stata ben ripagata.

Il nucleo vitale di Red Dead Redemption 2 non è altro che la spessa e fitta trama, che intreccia i destini della banda di Dutch Van Der Linde, un idealista e sognante criminale, in cerca di libertà. Una parola pesante quest’ultima, che mantiene la speranza nel gruppo di malavitosi, come una flebile luce in fondo al tunnel. Il mondo sta cambiando e non c’è più spazio per le folli imprese. Arthur Morgan, il nuovo protagonista, lo imparerà a sue spese. Disegnato come l’antieroe per eccellenza, il cowboy, cresciuto sempre ai bordi della malavita, si accorgerà ben presto, che il mondo non è più per gente come lui. Il vecchio west sta scomparendo per lasciare spazio ai sontuosi anni del ‘900, un’era brulicante di idee e personaggi che avrebbero riformulato il nostro tenore di vita. Tutto ciò che rimane alla banda di Arthur è quindi la speranza di adattarsi, trovare alla svelta i soldi e iniziare una nuova vita, prima che il panta rei, il tutto scorrere della vita, sommerga lui e il lascito del vecchio mondo.

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L’opera è il bivio dell’evoluzione umana del ‘900, un ponte morale traballante, che congiunge il vecchio selvaggio west all’era della civiltà

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Rockstar Games in questo è stata magistrale, dando carta bianca al giocatore, per concedergli l’opportunità di scrivere una pagina nella storia dell’evoluzione americana. A differenza di ciò che fece John Marston nel primo capitolo della saga, ossia voltare pagina e crearsi delle prospettive nel nuovo mondo, Arthur e i suoi preferiscono ancorarsi all’idea che saranno banditi per sempre e che il loro destino sarà indissolubilmente connesso. Starà poi a noi decidere in che modo vorremmo farci ricordare dagli abitanti: saremo dei pericolosi criminali o dei sopravvissuti con sete di libertà? Le nostre scelte faranno oscillare la bilancia della reputazione, marchiandoci ad ogni intervento decisivo. Un terra dove vige la pura entropia morale, ma che ci tenderà la mano più volte, per cambiare il fato di chi incroceremo. Red Dead Redemption 2 è esattamente questo: il bivio dell’evoluzione umana del ‘900, un ponte morale traballante, che congiunge il vecchio selvaggio west all’era della civiltà.

Un inizio di trama che fa impallidire la cinematografia, dove il gelo mette alla prova le nostre basi di sopravvivenza.

L’efficacia con la quale l’opera si apre al pubblico è encomiabile: sarà lo stile molto simile alla pellicola The Hateful Eight di Tarantino o la cura per i dettagli storici, ma quest’opera riesce a catturare fin da subito. Superata la prima oretta di gameplay sboccia la magia in Red Dead Redemption 2, un tutorial velato ci conduce nei primi minuti di gioco ad apprendere le basi della sopravvivenza, per poi catapultarci nella gelida tormenta. L’inverno ci temprerà e metterà alla prova per poi concederci di prosperare allo sbocciare della primavera, una metafora perfetta che segna l’inizio del vero e proprio viaggio del protagonista. I paesaggi avvolgono il giocatore e lasciano a bocca aperta nel vedere l’indomita forza della natura all’interno di un videogioco, una parola che, per questo titolo in particolare, risulta essere un’etichetta fin troppo banale. Il realismo di Rockstar Games è un pugno nello stomaco verso coloro che non ritengono i dettagli come inneschi adatti a creare profondità di gameplay. All’interno del macromondo rappresentato dagli sviluppatori ve ne sono altri, più piccoli ma che vivono a stretto contatto con l’esperienza di gioco. Ogni animale e abitante della vasta ragione ha routine, movimenti unici e una propria volontà di essere: qui siamo oltre lo svago, oltre gli schemi dell’open world e sfioriamo le più alte vette del realismo videoludico.

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Il ruggente impatto visivo aiuta a mantenere alta l’asticella dell’attenzione

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Molti hanno già decantato l’aspetto grafico e il profondo impatto visivo che offre Red Dead Redemption 2, ma senza soffermarsi sul magia che il titolo apre di notte. Spesso, durante le lunghe cavalcate notturne, ci siamo fermati a guardare le stelle per un attimo. Un’azione banale direte voi, ma è proprio con queste piccolezze che l’opera riesce a colpire nel segno: fermare per un attimo il giocatore, per mostrargli tutto il lavoro svolto. Considerando che passeremo molto tempo per spostarci da una missione ad un’altra sul nostro cavallo, il mezzo di trasporto per eccellenza dell’opera, il ruggente impatto visivo aiuta a mantenere alta l’asticella dell’attenzione. Cavalcare e trottare verso gli orizzonti più selvaggi della sconfinata mappa gioco sarà sempre gradevole e stimolante, data la massiccia presenza di missioni secondarie e varie finestre d’interazione con uomini e animali. Non ci si annoia mai nei giochi Rockstar e questo titolo ne è la prova: non distogliete lo sguardo, perché potreste imbattervi in bizzarri incontri.

L’anatomia equina è stata studiata accuratamente nei minimi dettagli, infatti, tranne per qualche goffa eccezione, il destriero sarà un mezzo di trasporto eccellente, il migliore mai creato nel mondo videoludico.

Nella follia generale esplosa in Red Dead Redemption 2, la certezza più grande è la facilità di spostamento. Dal primo capitolo il cavallo è stato il fedele compagno di ogni cowboy che si rispetti e, anche nel mondo evoluto, rimane una necessità. Il destriero è stato negli anni raffinato e sono stati elaborati tutti i suoi comportamenti, rendendo a tutti gli effetti l’animale da trasporto migliore del mondo videoludico. Lo studio scientifico di Rockstar Games ha dato vita a una fauna reale, con esigenze, limiti e caratteristiche uniche, differenti per ogni specie. L’anatomia equina è stata riprodotta nel miglior modo, così tanto reale, che se non state attenti, potrebbe farvi i suoi bisogni addosso. L’animale è il nostro fedele compagno d’avventura, una risorsa in più in combattimento, essenziale per solcare le indomite terre americane e un ottimo mezzo di trasporto per oggetti rari, armi e malcapitati legati. Impossibile fare a meno del suo aiuto, anche se, in alcuni scontri con altri animali o rocce, rischierà di scivolare in goffe prestazioni: reale sì, ma forse un po’ troppo impacciato.

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L’opera, con pochi ma aggressivi elementi artistici, rompe la terza dimensione e, senza gonfiare troppo la scenografia, ci tocca con muta poesia

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Impareggiabile l’uso degli effetti scenici e la diffusione della luce: il brivido guardando l’alba mattutina, la furia indomita dei grigi temporali e i bagliori notturni, sono solo alcune delle poesie naturali scritte in Red Dead Redemption 2. L’opera, con pochi ma aggressivi elementi artistici, rompe la terza dimensione e, senza gonfiare troppo la scenografia, ci tocca con muta poesia. Non mancano, inoltre, personaggi indimenticabili della saga, come l’eroe del primo capitolo John Marston o la rivisitazione di alcune delle location più apprezzate della serie. Dei piacevoli siparietti che strizzano l’occhio ai fan di sempre e condiscono ancor di più la saporita storyline. L’enorme lista di missioni secondarie infittisce ancor di più lo spessore narrativo, regalando molte ore di gioco aggiuntive, e alcune di queste inerenti alla scoperta del misterioso passato americano. Non mancano i passatempi più disparati: dai minigiochi tipici dell’epoca alle impegnative cacce di taglie; insomma una volta entrati nel mondo, difficilmente avrete motivo di uscirne.

Rockstar ci ha viziato, è inutile nasconderlo. Abbiamo atteso in tutto il mondo come bambini che il sogno Red Dead Redemption continuasse e che la folle storia scritta dagli sviluppatori non finisse mai. Non neghiamo di esserci commossi nel sapere quanti abbiano versato sudore e tempo per regalarci un mondo che va ben oltre l’open world: è una rappresentazione artistica degli anni di profonda evoluzione per l’America. Una storia che vede sgretolarsi il vecchio mondo per far nasce dalle ceneri, o meglio dal carbone, il futuro della civiltà. La verità è che non siamo pronti forse a una così sublime arte videoludica, tanto che, alcune volte, neanche le console riescono a star dietro all’opera. Incrociamo quindi le dita, così da poter sognare piattaforme next-gen, dove forse la saga potrà brillare ancora di più. C’è però da dire che in qualche frangente l’eccessivo realismo ha generato non poca frustrazione durante il gameplay, specialmente in sella al cavallo. Fatta eccezione per questa piccola parentesi, che è semplicemente un neo sulla perfezione artistica dell’opera, siamo di fronte ad un punto d’inizio che stravolgerà per sempre le aspettative, perché, ad oggi, Red Dead Redemption 2 è la melodia più incantevole del mondo videoludico.