The… Lost Guardian: il Godot dei poligoni

L’industria dei videogame vive anche di anniversari: simboliche rimpatriate con la storia, che hanno spesso il potere di unire nuove leve a vecchie glorie del pad nell’acquisto di questo o quel revival pronto a riempire gli scaffali in tempi come questi.  Tra tutte le ricorrenze che avremo modo di festeggiare nei prossimi mesi, ve ne sarà tuttavia una molto diversa dalle altre e non soltanto perché non vi potrà essere alcuna ristampa a consacrarla: ben presto, chiunque lo riterrà opportuno potrà difatti salutare l’ottavo anno dalla non-uscita di The Last Guardian, uno dei “casi” videoludici più celebri e sopravvalutati della storia recente di questo business. Celebre perché si tratta pur sempre dell’incompiuto di quello che – almeno all’epoca del suo annuncio – veniva giustamente acclamato come grande maestro del Game Design; sopravvalutato poiché, a fronte di tanti roboanti e suggestioni iperboliche, nessuno ha mai avuto occasione di mettere mano a qualcosa di più concreto di una cutscene.

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Noto inizialmente col brand provvisorio di “Project Trico”, The Last Guardian venne svelato al mondo nel 2008: Fumito Ueda e il suo team avevano tuttavia cominciato a lavorarci già dai primi mesi del 2007.

A trasformare un’opera interrupta come mille altre in un fenomeno mediatico tutt’oggi in auge sarebbero bastati, in altre parole, un pugno di teaser accattivanti e la promessa che, una volta ultimato, il sommo codice avrebbe sprigionato tutto il potenziale emotivo della… PS3. Il resto lo avrebbero quindi fatto gli entusiasti della prima ora, molti dei quali sono ancora ad attenderlo come il messia che ridefinirà la fisionomia del medium videoludico o almeno, già che ci siamo, le prospettive di crescita della PS4. Colpevolmente alimentate dalle profezie precolombiane che, a cadenza regolare, ne anticipano il definitivo avvento, le speranze dei suddetti cultisti hanno travalicato da tempo i confini della realtà per confluire nel dogma mistico: si continua, ovvero, ad attendere un improbabile Godot dei poligoni senza avere alcuna effettiva prova della sua esistenza, né alcuna testimonianza delle risorse che dovrebbero conferirgli  la forza concettuale per spazzare via tutto quanto sia stato fatto nel frattempo.

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Gli ultimi 8 anni sono stati uno stillicidio di annunci e smentite: una sequela praticamente infinita di indiscrezioni che continua tristemente a trascinarsi a tutt’oggi. Ma cosa ha impedito davvero il completamento del gioco? Al di là delle ipotesi di complotto, impossibile pensare che Fumito Ueda non abbia responsabilità dirette sulla questione.

Stabilito che un format concepito e codificato 8 anni fa abbia maggiori possibilità di emulare Duke Nukem Forever, piuttosto che di ridurre The Witcher 3 ad un mero hack ‘n slash, ho francamente smesso di interessarmi alla faccenda da tempo immemore. A mio avviso, l’unico artifizio in grado di giustificare ulteriori speculazioni a riguardo, resterebbe in tal senso quello di non considerare più The Last Guardian come la pietra angolare che Fumito Ueda non è (ancora) riuscito a completare, ma quale platonico simulacro del Videogame Perfetto. Insuperabile perché eternamente al di là da venire. Nient’altro che un’ignota formula magica con cui trasformare finalmente in realtà il più ardito dei sogni virtuali. Anche se ancora non sappiamo quale sia.

Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.