Joker Recensione

Joker Recensione | Parlare di quello che è stato Joker non è semplice come potrebbe sembrare, ed è risultato essere anche complesso. Non possiamo esprimere con parole quello che abbiamo visto in anteprima, ma forse potremo farlo con versi, ghigni, sguardi, risate. Perché è proprio così che inizia, continua e giunge a una conclusione la storia di Arthur Fleck, l’uomo dietro il maniacale sorriso che ci ha lasciati stregati per ben due ore davanti lo schermo. Il film è ormai a due giorni dal rilascio e tutti, dagli appassionati del pipistrello di Gotham City a coloro che semplicemente si sono fatti convincere da trailer vari, non vedono l’ora di andare in sala, sedersi e, tristemente, lasciarsi sfuggire qualche risata occasionale.

La magia della produzione di Todd Phillips, infatti, sta in questo: nel sorriso del protagonista, esemplarmente interpretato da un Joaquin Phoenix sempre meraviglioso. Alla base di tutto c’è quel gesto semplice, caotico, misterioso, inquietante e a tratti assassino di un uomo come gli altri. Fleck vive con sua madre in un piccolo appartamento nella periferia di Gotham. La donna spera con tutte le sue ultime forze rimaste in un salvataggio da parte del candidato sindaco, che promette di sistemare la situazione ormai catastrofica in cui moltissimi cittadini vivono. Quella che abbiamo sempre conosciuto come la patria di Bruce Wayne viene così mostrata in uno stato disastroso, in rovina e prossima alla ribellione di migliaia di persone. Nonostante il contesto già complicato, Arthur si trova a lottare con una malattia mentale che non gli permette di relazionarsi con nessuno, se non di farsi sempre più nemici. Gli riesce difficile qualunque cosa, dal trovarsi un lavoro per pagare l’affitto all’interfacciarsi con quelli che lo circondano, fino alla più triste delle sconfitte: far divertire la gente. Il suo obiettivo reale è proprio questo, senza alcun giro di parole. L’uomo vuole portare il sorriso in una società malata, corrotta sino al midollo. Non capisce perché ridere debba essere per forza così sbagliato, anche se è una patologia, e diciamocelo. Perché? Pensate che sia davvero un crimine regalarsi una risata, di fronte una situazione così tragica? No, ed è esattamente questo il punto.

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Siamo costantemente gettati all’interno della folle mente del protagonista, Joker.

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Il film è interamente basato sulla figura di Arthur, senza mai allontanarsi da lui un solo istante. Questo comporta certamente la possibilità di vedere Gotham sotto gli occhi di colui che diverrà Joker, ma anche un forte restringimento di quella che è poi la presenza di qualunque altro personaggio. Phoenix è presente in ogni singola scena, senza mai sparire o essere messo parzialmente da parte, ma anche lasciando poco spazio a chiunque altro per mostrarsi e per essere compreso. Tuttavia non c’è l’esigenza ed è proprio qui che la realizzazione dà il meglio di sé. Siamo costantemente gettati all’interno della folle mente del protagonista, e in questo modo lo compatiamo, comprendiamo le sue motivazioni, le sue paure, il suo “divertente” bisogno di una violenza vendicativa nei confronti della società, che sfocerà poi in un finale a tratti prevedibile. La sua caratterizzazione è letteralmente esemplare, al pari del Thanos di Avengers: Infinity War, che passava dall’essere un semplice antagonista ad essere quasi l’effettivo “eroe” del cinecomic.

Joker

Le azioni di Joker hanno un’impatto emotivo impressionante, esplosivo e a volte addirittura feroce, e con il passare del tempo diventano sempre peggiori. Il protagonista evolve magistralmente dall’inizio alla fine del film, passando dall’essere un uomo malato che convive con problemi di tutti i giorni, ansioso e timido, a una vera e propria macchina di morte. Il suo silenzio nel prologo si trasformerà nella conclusione in un perfetto monologo che punta il dito contro tutti noi, contro la società stessa, che ci lascerà tantissimo a pensare e che difficilmente potrà essere cancellato dalla nostra mente. Solo un elemento è ricorrente in ogni scena e no, non è Arthur proprio perché lui cambia con costanza: la sua risata. Ipnotica, indimenticabile, iconica, folle, triste e felice. Ogni singola sua emozione poteva essere riassunta con quel ghigno che il pubblico interpreta in base alla situazione. E capiamo così cosa c’è davvero di nascosto dietro quel sorriso. A volte non è la felicità, ma una desolante e angosciante tristezza.

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L’interpretazione di Phoenix è sempre perfetta, in ogni sequenza, e rende questo Joker uno dei migliori tra tutte le diverse iterazioni dell’antagonista targato DC Comics.

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Joker è un film difficile da digerire. Assimilare quanto accaduto in due ore in sala è stato a dir poco arduo non tanto perché si tratta di un’opera indubbiamente complessa (e non complicata, attenzione) ma perché Arthur dimostra spesso una crudeltà ai limiti dell’immaginabile. Non è facile aspettarsi quello che succederà, cosa accadrà a coloro che, secondo lui, “non sono meritevoli” della vita. In conclusione, è ormai inutile dire che il lungometraggio di Phillips, la biografia di un uomo qualunque che viene costretto a diventare il Joker, ci ha fatti innamorare. L’interpretazione di Phoenix è sempre perfetta, in ogni sequenza, lo rende uno dei migliori tra tutte le diverse iterazioni dell’antagonista targato DC Comics. Tuttavia, proprio su questo punto ci soffermiamo, perché a differenza del pagliaccio di Heath Ledger o di Jack Nicholson, non fa parte in modo diretto dell’universo narrativo di Batman. Anzi, per essere più specifici, non ha bisogno di dare inizio a un’altra serie di eventi che avverranno in futuro, contrariamente però a quanto accade nelle fasi finali della pellicola, che strizzano l’occhio non poco a coloro che si aspettavano un vero e proprio cinecomic. Scene irrilevanti, che di certo non fanno male, ma che potevano tranquillamente essere sostituite da un finale più teatrale, inaspettato e psicologico.

Le nostre aspettative, infine, non solo sono state rispettate, ma anche superate da una regia magistrale e una recitazione che lo è ancor di più. Joker ci ha sorpresi, non possiamo nasconderlo. Ci ha messi dietro il folle sorriso di un malato di mente, che guarda la società con i suoi occhi e che con essi mette in risalto un mondo sbagliato, irrazionalmente crudele e volgare. Ma su una cosa in particolare ha ragione. Anche nella peggiore delle situazioni, per quanto irrisolvibile e disperata possa essere, forse la cosa migliore è una: lasciarsi sfuggire una piccola, silenziosa, grande e rumorosa risata.