Jazzpunk: e se fosse in VR?

Ancora una volta siamo qui per discutere di quale titolo, vecchio o recente che sia, ci piacerebbe poter rivedere in realtà virtuale. Questa volta è il turno di Jazzpunk, un gioco del 2014 sviluppato da Necrophone Games e pubblicato grazie al supporto di Adult Swim Games, celebre per le sue tendenze che sono sempre state un pò eccentriche. In origine, gli sviluppatori erano intenzionati a realizzare un serious game che alternava momenti drammatici a qualche piccolo sprazzo di comicità, ma la situazione, ad un certo punto, è rovinosamente deragliata fuori dai binari: il team si divertita così tanto a realizzare i momenti comici che hanno deciso di ridisegnare il gioco e realizzare un titolo nonsense, umoristico, delirante e dai toni decisamente cyberetrò. Nel ruolo di Polyblank, il nostro protagonista, verremo spediti per posta dentro una cassa di forma umanoide ad un’agenzia di spionaggio, la quale ci chiederà di svolgere delle missioni che sembrano avere tutto tranne che un reale senso oggettivo. Prima di ogni missioni, c’è richiesto di buttare giù una misteriosa pillola che agisce in non si sa quale modo a livello neuronale, la quale, a quanto pare, ci permette di interagire con una specie di realtà virtuale. Una volta dentro, i nostri compiti saranno i più svariati: aiutare una rana con la cresta punk a rubare il wifi di un bar ed accedere ai suoi siti privati, stordire dei piccioni con un telecomando speciale, uccidere un maiale con l’ukulele, scannerizzare le nostre chiappe perchè, apparentemente, assomigliano al volto di uno scienziato sovietico e molto altro. Tra le varie cose, è possibile interagire con personaggi e oggetti ai limiti del surreale: una volta una distributore di giornali mi ha accusato di molestie sessuali. Parlando con una pizza, sono finito in un universo parallelo dove tutto è fatto di pizza, dagli alberi fino agli zombie. E ho partecipato ad una sessione matrimoniale di Quake. Solo cose belle.

Ma la cosa più interessante di Jazzpunk, è che dietro ogni angolo ci sono piccole sottomissioni che ci regaleranno easter egg, sketch comici ed esperienze davvero deliranti: per divertirsi davvero, è necessario provare a fare tutto quello che ci viene in mente per uscire dagli schemi. Dovete stordire i piccioni col telecomando? Provate ad usarlo su un passante o su un robot invece, così da scoprire tutte le chicche offerte dal gioco. Lo stile grafico e la natura stessa di Jazzpunk lo rendono un’esperienza che strizza fortemente l’occhio alla VR, previa di alcuni aggiustamenti ovviamente. Il gioco si rivela sempre molto vario, lo si potrebbe intendere quasi come tanti minigiochi, mai ripetitivi, mescolati e tenuti incollati da una storia insensata, il tutto condito dai nostri attimi di interdizione mentre ci interrogheremo a più riprese su cosa stiamo giocando di preciso. Se potessimo fare un paragone con qualcosa di effettivamente già esistente per la realtà virtuale, la cosa che secondo me più gli si avvicina è Job Simulator. Le grandi possibilità di interazione offerte dalla VR ad una ipotetica realizzazione di un Jazzpunk VR, permetterebbero di tirare fuori un gioco perfetto per tutti coloro che hanno voglia di darsi alla pazza gioia senza seguire schemi imposti o anche solo logici. Si potrebbe realizzare un gioco dove ogni missione può essere risolta in tanti modi diversi, senza distinzioni tra soluzione giusta, sbagliata o sensata, ma solo su quale ci ha raggiunto l’obiettivo e ci ha divertito di più, un pò come su Fantastic Contraption. Un gioco spensierato, da prendere con leggerezza, ma che ci rimescolerà il cervello con cose senza senso fino a renderci stupidi dalle risate. Che dite: non piacerebbe anche a voi vederlo in VR?