Marco Boldini: l’intervista di VR Gamer dalla Gamescom di Colonia

Tra i vari stand italiani raccolti sotto l’AESVI, in mezzo a quelli dedicati alla VR, abbiamo avuto il piacere di vedere anche quello della Digital Tales. Questa software house è del tutto particolare: si occupa infatti sia di videogiochi su svariate piattaforme, quali smartphone, PC, console portatili e non, tablet e Web browsers, ma anche di e-learning. Fondendo le due branche, si ottengono prodotti dedicati all’apprendimento pensate per essere, allo stesso tempo, interattive e divertenti. In quest’occasione, abbiamo avuto una piacevole chiacchierata col gentilissimo Marco Boldini, Sales Manager della Digital Tales. Tra le loro specialità, in ambito di videogiochi, troviamo il racing, di cui possono vantare titoli quali SBK e Ducati Challenge, e l’action/adventure, con Bravura – Quest Rush e Battleloot Adventure, sia per iOS che per Android. Diversi anni fa, Digital Tales e Samsung hanno collaborato per realizzare delle fiabe interattive con cui insegnare le lingue straniere ai bambini e permettendo loro di integrarsi più facilmente. Tra le lingue prese in esame ve ne sono davvero tante, tra cui quasi tutte le lingue europee, il cinese mandarino e persino il russo, e Marco ha dichiarato che la sua azienda è ben lieta di trovare nuove opportunità per integrare lingue. Non ha mancato a sottolineare quanto sia importante la ricerca costante di nuovi alleati: uno dei mercati più interessati ai loro prodotti è proprio quello asiatico, e senza avere contatti e collaborazioni solide con i paesi di proprio interesse, non è sempre facile riuscire a muoversi, sia economicamente che strategicamente. Questo permette di conoscere meglio il proprio target e adattarsi per garantire un prodotto adatto. Grazie alla loro esperienza, hanno quindi deciso di lanciarsi nel mondo della VR.

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Il segreto per un apprendimento efficace, quelli della Digital Tales, lo conoscono bene: interattività e coinvolgimento!

La piattaforma sembra infatti essere qualcosa di molto promettente, soprattutto nei prossimi anni, e hanno quindi deciso di sviluppare una tech demo di SBK 2015 VR, un simulatore di corse motociclistiche per Samsung Gear VR. Ho avuto modo di provarlo, e strutturalmente, il gioco è molto semplice: acceleratore, freno e direzionali per curvare. Per quanto semplice però, il gioco non presenta fastidi a livello di motion sickness, almeno per quanto riguarda me, e riesce comunque a essere divertente sfruttando le tipiche meccaniche dei giochi di corsa. Ora, tralasciando il fatto che io sia una schiappa totale nei simulatori di corse, abbiamo provato a immaginare insieme a Marco come un prodotto simile si prestasse benissimo a dei simulatori attrezzati come quelle delle sale giochi, e con grande meraviglia abbiamo scoperto che stanno cercando partner proprio per dare vita ad un modello del genere e non solo, sono già a lavoro sul prossimo modello di Gear VR compatibile col Galaxy S6 e S7. Dopo questa chiacchierata, siamo quindi passati alle domande.

La ricerca di alleati internazionali è un punto fondamentale per la crescita di una azienda. Puoi dirci come?

Non se ne può fare a meno. Ciascuno di noi fa il suo mestiere: c’è chi sviluppa,  c’è chi fa il publisher, e così via. E’ vero che nelle compagnie più piccole spesso il numero del personale è ridotto e quindi molte figure si sovrappongono, ma per quanto riguarda licenze, produzione di hardware e altri tipi di investimenti, a farlo da soli spesso non ci si riesce.

Quand’è nata la vostra compagnia? Come si è evoluta?

La compagnia è nata nel 2006 ed in origine era concentrata sull’e-learning, poi nel 2008 abbiamo aggiunto la divisione dedicata ai videogiochi. Nel 2014 abbiamo ottenuto la licenza SBK, ed è solo da quest’anno che ci siamo approcciati alla realtà virtuale. Si prevede infatti che nel futuro prossimo la VR possa diventare qualcosa su cui vale la pena investire, su PC, smartphone e console. Ci sono senza dubbio delle difficoltà dovute alla novità del media, ma sarebbe un peccato non esserci. E’ una strada da provare ed è anche nostro compito cercare di farla decollare. Di certo non siamo dei trendsetter, ma nel nostro piccolo possiamo contribuire.

Possiamo chiederti come mai avete scelto il Gear VR come piattaforma per il vostro gioco?

Anzitutto, avevamo già una partnership con Samsung. Inoltre, di recente, sono stato al Chinajoy e abbiamo iniziato a cercare anche altri partner asiatici, nella speranza di trovare un produttore nel territorio. E’ inutile discutere: Asia, America ed Europa hanno tre modi diversi di vedere le cose. Europa e America sono più vicini, ma con l’Asia il discorso si fa un pò più articolato: non basta la localizzazione, ma è assolutamente essenziale la culturalizzazione. Se siete in grado di fare entrambe le cose, le possibilità di successo aumenteranno. Ultimo, ma non per importanza, è la presenza sul luogo, specialmente in Cina, l’utenza cinese è davvero grande. Per noi è ancora un pò presto, siamo ancora piccoli, ma questo è uno dei nostri obiettivi.

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Chi lo sa: magari con l’avvento della VR, simulatori del genere diventeranno sempre più comuni e interessanti.

 

La Cina sta mostrando un enorme interesse per quanto riguarda la VR.

Sì, sono molte le grandi e piccole aziende che stanno investendo, e si stanno preparando a cavalcare l’onda.

Puoi parlaci un pò di AESVI?

AESVI è un’associazione che rappresenta tutti noi sviluppatori e publisher in Italia. Per noi è stata ed è tutt’ora di enorme supporto, perchè ci permette di partecipare ad eventi e creare connessioni, non solo col governo ma anche con altre aziende, così da avere un’opportunità per ergerci in mezzo alla folla che c’è in questo settore.

L’e-learning è diventato quindi un aspetto secondario?

No, continuiamo comunque a lavorare in parallelo per fondere l’e-learning col videogioco. Svolgiamo una ricerca continua nel capire come portare la gamefication nel settore dell’apprendimento. Nei nostri progetti sono previste anche delle simulazioni per la navigazione e per la negoziazione ad esempio, sfruttando l’immersività della VR. L’obiettivo attuale è quello di trovare dei publisher per il nostro prototipo in VR e per il prossimo titolo per PC, Bookbound Brigade.

Quali sono i punti di forza del nostro mercato, a tuo avviso?

Di sicuro la creatività e lo stile. E speriamo di essere noi stessi dei rappresentanti di questo coi nostri giochi.

Quanto c’è di italiano nei vostri giochi?

Molto. Ad esempio, Bookbound Brigade è basato su personaggi storici europei. Grazie ad esso ci siamo distinti e abbiamo vinto al bando europeo 2020 per la creatività. Ciò dimostra che malgrado il nostro mercato non sia maturo come, per esempio, quello della Gran Bretagna, abbiamo un enorme potenziale per far crescere il settore.

Negli ultimi anni si è evoluto il modo di vedere degli italiana nei confronti del videogioco? La VR avrà un ruolo nell’influenzare questo giudizio?

Ritengo che le cose stiano leggermente cambiando. AESVI sta facendo un grande lavoro sotto questo punto di vista, è sempre in contatto col governo, e ciò ci sta permettendo di crescere. La VR avrà sicuramente un ruolo da questo punto di vista, specialmente in ambito mobile nei prossimi tempi. Possiamo già immaginarla fusa nel settore turistico ad esempio. L’arte e la cultura possono essere resi ancora più interessanti tramite l’uso della realtà virtuale.

L’Italia è pronta per la realtà virtuale?

Non ancora al 100%, stiamo cercando di evolverci ovviamente, ma abbiamo prima di tutto bisogno di sostegno di coloro che sono interessati a questa tecnologia prima di poter portare al grande pubblico. Purtroppo i costi dell’hardware e la scarsità dei prodotti offerti per la VR rappresentano un problema non indifferente, certo nato dalla natura ancora giovane del media.

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Il nostro paese potrebbe sfruttare la realtà virtuale, a scopo turistico, come nessun’altro.

State lavorando anche sulla realtà aumentata?

Diciamo di sì. Non ci sono ancora progetti su questa strada, ma stiamo comunque facendo delle prove, dei test. La nostre sede in America ha ricevuto l’HoloLens, ma stiamo ancora cercando di capire come fare. Se con la VR abbiamo problemi con i costi, con l’AR, questi diventano ancora più grossi. Diciamo che è un pò il nostro lavoro scommettere sulle novità.

Te la senti di dare dei consigli a tutti coloro che approcciano allo sviluppo in realtà virtuale per la prima volta?

Sì, anzitutto, è giusto fare molte ricerche. Inoltre, è importante partecipare ad aventi come questi, per creare contatti, capire cosa vuole il pubblico e quali potrebbero essere i trends. Bisogna anche chiedersi se è il caso di lavorare su qualcosa di già esistente, oppure su qualcosa di completamente nuovo. Il consiglio che più mi sento di dover dare però, è di rimanere sul semplice: il mercato è già molto difficile di suo. Può sembrare strano, ma a volte è meglio una tech demo di un gioco completo. Questo perchè la demo può essere un’ottima base di partenza per capire cosa può diventare il nostro prodotto, raccogliere molti feedback e a volte è più che sufficiente per catturare l’attenzione degli investitori asiatici. Piuttosto che fare un unico grande gioco, è più conveniente investire le stesse risorse per fare 4-5 demo di generi diversi, se puoi.

Grazie mille davvero! C’è qualcosa che senti di voler dire alla comunità italiana di VR Gamer?

Supportateci. Supportate le piccole case e supportare la VR. Questo è un settore che ha molto bisogno del sostegno di tutti noi: più feedback ci date, e meglio sarà per tutti.

Salutiamo quindi un impegnatissimo Marco, che deve gestire numerosi altri incontri tutto da solo nel suo stand. Le piccole realtà sono quelle con una visione forse un pò più vicina a quella del sognatore: amano più di qualsiasi altra cosa vedere il videogioco crescere. Auguriamo quindi tanta buona fortuna alla Digital Tales.