Robot Rift: le nuove frontiere del cybersex

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I robot potrebbero essere il futuro della prostituzione. Se questa affermazione potrebbe fare inorridire i più, basti pensare che le bambole gonfiabili, i vibratori e altri sex toys esistono da lungo tempo e continuano ad avere acquirenti di ogni età, sesso, orientamento sessuale ed estrazione sociale in più parti del mondo. I motivi che possono spingere una persona a preferire interazioni sessuali con oggetti inanimati più o meno antropomorfi rispetto a quelle con esseri umani in carne ed ossa sono svariati e possono essere considerati più o meno condivisibili a seconda delle opinioni, ma lasceremo la loro analisi a psicologi, antropologi, sociologi, sessuologi e altri -logi che ne sanno sicuramente più di noi.

Ciò che ci interessa in questa sede è il possibile connubio tra robot ad uso sessuale e Oculus Rift. Un connubio che potrebbe riconfigurare il concetto stesso di cybersex.

In una recente game jam dedicata ad Oculus Rift tenutasi in Giappone, è stata realizzata una demo che, utilizzando il software videoludico in congiunzione con un visore Oculus, una fleshlight e un robot, permette di simulare un rapporto sessuale. A seguire, due video esplicativi (semmai ce ne fosse bisogno), proposti in ordine crescente di indecenza:

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Tenendo da parte scontate osservazioni sul fatto che l’aspetto della partner virtuale ricorda quello di una bambina di cinque anni (si sa, il Giappone ha una cultura sessuale diversa da quella occidentale), l’idea è tutt’altro che malvagia. Sul piano videoludico, non è altro che la normale evoluzione della trattazione e dell’utilizzo di un tema, quello del sesso, che lentamente ma costantemente si è sviluppato all’interno del medium. Sul piano tecnologico, l’associazione di Oculus Rift all’utilizzo di robot ad uso sessuale permetterebbe di aggirare diversi problemi: il visore fornirebbe lo stimolo visivo, permettendo di realizzare robot che non necessiterebbero fattezze antropomorfe. Ciò avrebbe il doppio vantaggio di un abbattimento dei costi di produzione dei robot stessi, e di aggirare il problema della Uncanny Valley, ossia quella sensazione di disagio che si otterrebbe facendo sesso con un robot simile a quello mostrato di seguito.

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Infine, se al posto di un’immagine virtuale fosse possibile creare un sistema di interazioni online che permettesse a due (o più) utenti di scambiarsi effusioni a distanza grazie all’utilizzo combinato di Oculus Rift e robot realizzati ad hoc, sarebbe la fine del sesso a distanza così come lo conosciamo. Non più semplici show in webcam o telefonate erotiche, ma veri e propri rapporti sessuali in telepresenza. L’industria del porno farebbe faville. E forse, uno scenario del genere sarebbe la gioia (la salvezza?) di molti amori a distanza.